BERTINOTTI O DELL'AFFIDABILITA'
Bertinotti scopre l’affidabilità: prima un vizio, ora virtù
----- Mario Ajello -----
«Affidabilità», «responsabilità», «governabilità». Chi è che parla: Rumor? No,
Fausto Bertinotti. Un tempo era il «Signor No», il «Subcomandante», il simbolo
del massimalismo, del movimentismo, del rifiuto del principio di realtà, del
ribrezzo per la gestione dell’esistente in nome di fantomatici «equilibri più
avanzati».
«L’equilibrio più avanzato - dice ora Bertinotti - è il programma dell’Unione».
E lui, ieri, giurando lealtà a questo testo che considera garanzia della sua
metamorfosi da incendiario a pompiere, ha annunciato: «Dimostreremo la nostra
affidabilità!». E per la prima volta, anche davanti ai militanti di Rifondazione
Comunista riuniti per l’avvio della campagna elettorale al teatro Quirino, ha
espresso i pensieri che spesso nelle ultime settimane va esponendo nelle cene
private, nelle tavolate fra compagni, nelle conversazioni informali: «Tanti
elettori, se potessero, ci sposerebbero, ma poi, alla fine, votano per un altro
partito perchè lo considerano più attrezzato di noi a garantire la
governabilità». E diffidano della proverbiale inaffidabilità di colui che fece
cadere il primo governo Prodi e che - come lo accusò Nanni Moretti subito dopo
la vittoria di Berlusconi nel 2001 - «si è rivelato il politico più affidabile
per le sorti elettorali del Polo».
Ora che molti elettori diessini non convinti sulla prospettiva del Partito
Democratico potrebbero guardare a Rifondazione, il leader crede di poterli
conquistare partendo dall’eliminazione di quello che viene considerato il suo
peggior difetto. «Il fatto di non essere affidabili - spiega - a volte può
essere una virtù, perchè consente di rimarcare la propria autonomia. Ma quando
si hanno degli obiettivi, l’inaffidabilità risulta un vizio. E noi ce ne
libereremo, perchè il programma è un buon programma riformatore, in grado di
cambiare questo Paese. E da ex sindacalista vi dico: non sciupiamo questa
occasione!». Quella di lasciare ad altri la patente di «inaffidabili».
«Avremmo potuto anche noi - dice Bertinotti - alzare la bandierina della
laicità. Ma se avessimo fatto come Emma Bonino e ci fossimo alzati dal tavolo
del programma dell’Unione sul tema dei Pacs, forse ci saremmo salvati la
coscienza ma non avremmo prodotto alcun fatto innovativo». E insomma, è meglio
ottenere poco che nulla: il che per un incendiario sarebbe una bestemmia ma per
un neo-moderato, no. Enrico Boselli, a nome della Rosa nel Pugno, attacca: «E’
curioso vedere Bertinotti, vestito con i panni del moderato, che vuole darci
lezioni di riformismo. Che Fassino difenda l’ambiguo compromesso sui Pacs non è
condivisibile, ma è comprensibile. Che lo difenda l’ex rivoluzionario Bertinotti
è soltanto fonte di stupore».
Oddio, il Subcomandante è diventato un moderatone, capace pure di farsi bello
agli occhi delle gerarchie cattoliche? I suoi trotzkisti - che hanno dovuto
patire l’esclusione di Marco Ferrando dalle liste, proprio in nome dell’anelito
bertinottiano all’«affidabilità» - lo accusano addirittura di essere diventato
una sorta di baciapile. Berlusconi, anche nell’ultimo faccia a faccia da Vespa,
si dispera perchè non riesce a fare
rientrare Bertinotti nel clichè sovversivo che tanto spaventa i moderati
italiani e li fa votare dall’altra parte. E Luxuria, che doveva essere il
simbolo della trasgressione faustiana, si sta invece rivelando una pacata
quarantenne di buon senso e di ottime letture. Affidabile, se non come un Rumor
transgender, come un ex Subcomandante diventato più prodiano di Prodi.
Da Il Messaggero del 27 febbraio 2006
frame ©Lavoro Politico-Linea Rossa
vai all' index di Lavoro Politico nr.16 /06 vai all'home Linea Rossa scrivi alla redazione webmaster