cari compagni, |
Intervento del compagno Ferdinando
Dubla al IV Congresso provinciale PRC – Taranto,
Salone di rappresentanza Provincia
- sabato-domenica 27/28 febbraio 1999
Care compagne, cari compagni,
qui a Taranto vi è uno dei banchi di prova decisivi per il
presente e l’avvenire del nostro partito. Nessuno, quanto e più
delle nostre popolazioni e della nostra terra, ha bisogno oggi e lo avrà
in futuro, di un forte partito comunista, radicato e coeso, che riesca
ad organizzare una resistenza e una controffensiva di massa alle politiche
aggressive e cruente del neoliberimo e dell’imperialismo.
Abbiamo superato insieme nei mesi passati prove difficili, c’era
chi ha giocato una partita ‘sporca’, finalizzata al nostro annientamento,
alla sparizione del nostro insediamento in questo territorio: questo attacco
lo abbiamo respinto e non per virtù di questo e di quello, ma per
la saldezza dei nostri princìpi e dei nostri ideali, convinti come
siamo che a nessuno sarà permesso di ammainare e infangare una bandiera
gloriosa come quella dei comunisti, italiani e non solo italiani.
Ma la sfida è ancora tutta aperta e squadernata davanti ai
nostri occhi, ha bisogno più di ieri della nostra forza, della nostra
energia e della nostra intelligenza: ne ha bisogno il nostro popolo, questo
popolo del Mezzogiorno, ne hanno bisogno i lavoratori dell’Ilva, della
Nuova Siet, della Belleli, i disoccupati e gli emarginati delle nostre
periferie, le donne e gli uomini del lavoro nero, precario, supersfruttato,
violentati/e ogni giorno dall’arroganza di nuovi e vecchi padroni, ma non
disposti a chinare la testa e a subire passivamente.
A Taranto, nel cuore del Mezzogiorno, si sta giocando una
partita importante nel conflitto capitale/lavoro del nostro paese: il più
grande stabilimento siderurgico d’Europa, passato in mani private grazie
alle concessioni e favori dei governi ‘europei’ del centro-sinistra, tra
cui particolarmente quello di Prodi, con Dini ministro imparentato con
il nuovo paròn genovese Emilio Riva, è diventato un laboratorio
di esclusione, emarginazione e supersfruttamento. Se passa a Taranto, il
modello dilagherà in tutte le aree del nostro paese, anche quelle
oggi ritenute più forti e resistenti all’offensiva capitalistica,
perché sedi della grande industria e di una combattiva classe operaia.
Le condizioni della sicurezza in fabbrica, dove si continua a morire
in nome della ricerca del massimo profitto padronale, i danni ingenti all’ambiente
e al sistema ecologico del territorio, i ‘confini’ punitivi per chi non
è disposto a trasformare il lavoro salariato in lavoro servile,
il supersfruttamento dei giovani in formazione-lavoro:
solo la lotta di classe, organizzata e diretta da avanguardie coscienti,
potrà invertire la tendenza e trasformare la resistenza in controffensiva;
giammai le filosofie concertative o l’opportunismo facile della generica
solidarietà, o anche le vuote parole roboanti di chi ancora nella
sinistra di classe si diletta ad abbaiare alla luna. E’ questa, tra l’altro,
una delle lezioni che ci viene dall’esperienza dei lavoratori dell’ex-palazzina
LAF.
Ma non basta: noi diciamo a chi si accontenta delle aride statistiche
confindustriali, lo abbiamo sentito nei giorni scorsi, Taranto tra le città
più sicure d’Italia, con grande giubilo di tutti quegli arnesi che
si vantano di aver ‘spezzato le reni’ a extracomunitari, prostitute e tossicodipendenti,
che no, Taranto non è quell’immagine, è un crogiuolo di contraddizioni
irrisolte, è un contenitore urbano di orgoglio e sofferenze insieme,
ma è soprattutto la città laboriosa e operaia della civiltà
del lavoro e voi, maestri dell’intolleranza e della menzogna, non riuscirete
a sporcarla con le vostre urla becere e scomposte!
E poi, ci sono altre statistiche che non potete nascondere sotto
il tappeto:
sono pugliesi infatti le due città con il record negativo
per patologie tumorali in Italia: Brindisi e Taranto. Non a caso: l’una
ospita il Petrolchimico dei veleni, l’altra è sede del maggior centro
siderurgico europeo con le minori garanzie per l’emissione di fumi inquinanti.
Dunque, in fabbrica non si muore solo dentro: se ne muore anche fuori,
un ‘mal di fabbrica’ che mette drammaticamente in primo piano:
- l’equivalenza di pubblico e privato riguardo la tutela ambientale
e la sicurezza, quando il pubblico è funzionale alla speculazione
privata; le politiche statal-assistenzialistiche del Petrolchimico brindisino
(capitalismo di Stato) equivalgono alla rapina e saccheggio del nuovo paròn
dell’Ilva di Taranto (ex-partecipazioni statali), Emilio Riva;
- la questione ambientale è inscindibile dalla questione
della centralità della classe operaia, e questo lo diciamo anche
ai verdi nostrani, che sembrano ammaliati oggi dalle loro stesse presunte
capacità taumaturgiche; senza lotta di classe, caro Scotti, prevarranno
non le pie profferte al padrone, ma la sua protervia. Che inquina il territorio
e le coscienze;
- l’assenza di intervento delle istituzioni e del ceto politico
locali, che non sono capaci nemmeno di contrattare una limitazione dell’inquinamento
atmosferico e del territorio nelle norme di leggi esistenti.
Anzi, oggi Taranto rischia di veder attuato un piano di ‘risanamento
ambientale’ (!) licenziato con la firma del ministro ‘verde’ Ronchi, che
prevede la realizzazione di nuove discariche e di un mega-inceneritore
da 60 miliardi di lire!
Al contrario, nel capoluogo jonico l’unico piano di risanamento
ambientale possibile e auspicabile, dovrebbe prevedere la chiusura della
centrale termica 1, il controllo dei parchi minerali, l’eliminazione dei
trasformatori ad apirolio, la bonifica dell’amianto, il monitoraggio continuo
dell’aria.
Splende in questa correità complice delle fabbriche-killer
della popolazione pugliese, la regione Puglia, dis/amministarata dal centro-destra
di Di Staso, capace solo, in maniera infame e spudorata, per una regione
tra le più indebitate d’Italia, di aumentare le prebende a consiglieri
e assessori vari, per la modica cifra di 3 miliardi complessivi a carico
della collettività (tre milioni in più al mese per sedici
mesi di arretrati, che fanno 48 milioni cadauno a tutti i consiglieri).
Pensano a ben altro, questi signori, che non alla sanità e alle
politiche di prevenzione, ai drammi delle famiglie lasciate da sole ad
affrontare cure dispendiose, travagliate e spesso inutili, con la complicità
compiacente e sbandierata del gruppo consiliare del PdCI cossuttiano.
Ci dicono: ma voi comunisti, quelli veri beninteso, non siete mai
contenti, ora a governare è la sinistra, vi è un uomo di
sinistra al timone dell’esecutivo, non siate irresponsabili, siamo ormai
in Europa. Ma di quale governo di ‘sinistra’, di quale Europa parlate?
I dati ISTAT informano che i cittadini senza lavoro sono 2 milioni
782mila. Per quanto riguarda la realtà dell’Unione Europea possediamo
le cifre diffuse dall’EUROSTAT, che mostrano come 57 milioni di cittadini
europei vivono con un reddito inferiore del 50per cento a quello medio
ed altri 18milioni di persone sono alla ricerca di un’occupazione.
Tra l’altro, i dati statistici affermano che ogni tre nuovi lavori
che si creano, due di questi hanno la caratteristica di occupazioni cosiddette
atipiche (collaboratori, soci-lavoratori di cooperative, saltuari, stagionali,
trimestrali); qualcuno si rende conto che con un costo del lavoro già
ufficialmente inferiore del 30per cento al Sud rispetto al Nord (salari
d’ingresso, contratti di formazione e d’area) l’intenzione del capitale
è quella di abbassare il salario, al Nord come al Sud. Per cui,
l’americanismo del terzo millennio è e sarà sempre maggiormente
costituito dal mascheramento dei dati reali del fenomeno-disoccupazione,
con una sempre più diffusa occupazione saltuaria, part-time, in
affitto, interinale, ecc..
La precarietà, la miseria e la sofferenza elevati a principio
di vita per la condizione umana di miliardi di proletari: il capitalismo,
in crisi di sovrapproduzione assoluta, di capitale e di merci, non può
offrire altro.
L’ente pubblico è assente, latitante rispetto ai problemi
delle masse e l’unica funzione che svolge con zelo è quella di assecondare
i capricci del capitale. Dopo la liquidazione progressiva di IRI, ENI e
STET, dopo le dismissioni della COMIT BNL, BANCOROMA, sono ancora da definire
gli assetti di altri importanti capigruppo come FINMECCANICA, FINMARE,
FINCANTIERI, di AUTOSTRADE e di ENEL, ma i giochi si possono considerare
fatti. Le multinazionali straniere sono in attesa di fare shopping con
gli ultimi resti della proprietà pubblica italiana. Al termine di
questo ciclo di privatizzazioni l’unica attività economica dello
stato sarà rappresentata dalla gestione delle lotterie!
La rincorsa verso il modello Taiwan per acquisire competitività
sui mercati mondiali, produce il duplice effetto di sottrarre ricchezza
alle masse e di incrementare i profitti, che a loro volta emigrano nelle
borse alla ricerca del facile capital gain, o in lucrosi investimenti industriali
in paesi a basso costo di produzione. L’indice MIB che macina rialzi ed
il consistente flusso di capitali italiani nell’Europa dell’est e nell’Estremo
Oriente, denotano in modo solare quale è la strada che percorre
la ricchezza prodotta dai lavoratori.
Altro che sottrazione di ricchezza da parte degli immigrati! Questa
è la solita arma consunta delle destre, politiche e sociali, masse
contro masse, interessi proletari contro interessi proletari, a favore
dell’unico interesse: quello della borghesia monopolista e imperialista:
è l’imperialismo, lo stesso che conoscono i bimbi e le donne dell’IRAK
così come il fiero popolo Kurdo, sottoposto a progressivo genocidio
organizzato, quello sanguinario e criminale dell’eroticus-killer, “democratico”
e modello dei nostrani “democratici” affogati nel loro grottesco provincialismo:
l’imperialismo è il primo responsabile del sottosviluppo e della
miseria indicibile di interi continenti; blindare le frontiere, aumentare
la pressione degli organi di polizia verso il flusso di disperati che cerca
di varcare i nostri confini, non risolve una questione che chiama in causa
tutto il sistema dei rapporti internazionali eretti sul capitalismo.
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Siamo tutti alla prova, compagne e compagni, tutti, e la sfida è troppo alta per permettersi la passività, il silenzio, la rimozione o peggio la rissosità e i risentimenti individualistici, da sempre estranei all’etica marxista e leninista. Così ci vorrebbero le classi dominanti: chiusi, impermeabili e incapaci di colpirli. A loro le parole sempre attuali del compagno Mao:
"In ogni cosa noi comunisti dobbiamo saperci integrare con le
masse. Se i membri del nostro Partito passano tutta la loro vita seduti
fra quattro mura e non escono mai ad affrontare il mondo e sfidare la tempesta,
di quale utilità saranno per il popolo? Di nessuna utilità,
e noi non abbiamo bisogno di gente simile come membri del Partito. Noi
comunisti dobbiamo affrontare il mondo e sfidare la tempesta, il grande
mondo e la violenta tempesta delle lotte di massa"
(MAO-TSE-TUNG)