Perche’ oggi si attacca a fondo Che Guevara
Perchè la "nuova carta" propagandistica contro Guevara è contro Castro e la Cuba che resiste
-----Marzio Castagnedi-----
La risposta al quesito del titolo credo di averla
abbastanza precisa in mente, e la dirò un poco più avanti. Perché prima sono
ineludibili, ancora una volta, alcune parole e qualche ricordo su ciò che
accadde 38 anni fa in un angolo della selva boliviana.
Era l’una del pomeriggio di domenica 9 ottobre 1967, quando veniva
assassinato a freddo il Comandante Ernesto Che Guevara nella piccola scuola
del villaggio de La Higuera. Il Che era stato catturato nel pomeriggio del
giorno precedente dopo tre ore di combattimenti tra il suo piccolo gruppo di
17 guerriglieri e un centinaio di ranger boliviani armati anche di
mitragliatrici e mortai. Magro e provato come tutti i suoi pochi uomini da
quasi un anno di vita alla macchia nelle montagne della Bolivia, e rimasto
leggermente ferito nell’ultimo scontro, Ernesto Guevara era prigioniero da
venti ore quando il sergente Mario Teràn entrò nella piccola aula per
fulminarlo con due brevi raffiche di mitra. Ma non prima che il Che lo
apostrofasse di codardo e lo invitasse, dunque, a sparare su un uomo ferito e
legato. Venti ore di prigionia fu il tempo perché giungesse, ai vertici
politici e militari boliviani dopo frenetici contatti, l’ordine dei comandi
della Cia da Washington di uccidere il Che. Poi il trasporto del cadavere
legato ai pattini dell’elicottero nella città di Vallegrande dove il giorno 10
il corpo del Che fu esposto a giornalisti, fotografi e cineoperatori. Ma non
era ancora finita. Poco dopo la Cia ordinò il taglio delle mani ( per un
definitivo esame delle impronte digitali ) e infine il corpo di Guevara fu
segretamente disperso.
I suoi resti sono stati ritrovati ( in una fossa comune ai lati dell’aereoporto
di Vallegrande ) assieme a quelli di altri cinque compagni di lotta, trent’anni
dopo nel luglio del ’97. Ero all’Avana in quell’estate e vidi i giovani
cadetti cubani portar giù dall’aereo le piccole urne avvolte nella bandiera.
Dal 9 di ottobre di quel ’97 i resti del Che sono tumulati nel museo a lui
dedicato nella grande plaza de la revoluciòn di Santa Clara e alcuni milioni
di persone, e non solo cubane, gli hanno reso omaggio.
Tornando al quesito del titolo, va detto che la figura e la memoria di Ernesto
Guevara sono state per diverso tempo rispettate da molti dei suoi avversari.
Basti per tutte una frase di Indro Montanelli di non molti anni fa laddove il
famoso giornalista e scrittore, per certo contrario ad ogni politica e
ideologia del Che, gli riconosceva il coraggio, l’idealismo e la coerenza
morale del combattente che ha sempre pagato in prima persona ogni prezzo delle
sue scelte. Ma non era poi tanto difficile mantenere questa opinione
rispettosa sul Che, il quale era morto da un pezzo, non costituiva più un
incubo per i servizi segreti yankee e rimaneva il più famoso degli emblemi
idealistici, rivoluzionari e ribelli resistendo a ogni manipolazione e
mercificazione e conservando nel tempo un variegato e grande popolo
internazionale di sostenitori.
Icona, la celeberrima foto che Alberto Korda scattò un mattino di marzo del
1960 all’Avana, col volto del Che dalla mitica espressione tra sofferenza,
orgoglio e sfida. Espressione non dovuta a una crisi d’asma, come ha scritto
qualche giornale, ma perché Ernesto assisteva ai funerali delle novanta
vittime del mercantile belga “ La Coubre ”, fatto esplodere da un attentato
sulla banchina durante lo scarico ( e di cui rimane tutt’oggi un pezzo esposto
in un’aiuola dell’avenida del puerto della capitale cubana ).
Ecco dunque, da parte di molti avversari, il rispetto per il Che, il lontano
combattente scomparso di un’altra epoca. Nello stesso tempo, invece, i vivi
Fidel Castro e Cuba erano ( e sono ) sottoposti a una delle campagne
mediatiche mondiali di accuse, ingiurie e menzogne tra le più massicce e
continue che si conoscano. Soprattutto a partire dagli anni Novanta, quando
Cuba avrebbe dovuto già cadere dopo l’abbandono e poi la fine dell’Urss.
Oggi, primi anni Duemila, ecco il fatto nuovo: Che Guevara viene a sua volta
sempre di più attaccato con articoli su giornali e riviste che aprono nuove
polemiche. Certo è dura per i suoi nemici scalfirne il gigantesco mito, ma
sempre più numerosi ci provano. Perché? Prima di dare la nostra risposta
vediamo ancora chi e quando ha cominciato.
Il primo, non molto tempo fa, con interviste e articoli, fu nientedimeno che
quel Regis Debray che del Che fu entusiasta seguitore ( e forse anche
traditore, proprio in quel 1967 tra i monti boliviani. Si veda il bel
documentario pluripremiato della tv svedese di Erik Gandini e Tewfik Saleh “
Sacrificio.Chi tradì Che Guevara? “, che indaga se fu il francese Debray o
l’argentino Ciro Bustos a segnalare i guerriglieri del Che all’esercito
boliviano e alla Cia ). Debray sorprese tutti quando scrisse per il Corriere
della Sera sostenendo che Guevara era un sadico perverso. Proprio così, e
curiosamente, quando è storia provata che Ernesto Guevara, medico, soccorse
anche soldati batistiani feriti negli scontri sulla Sierra Maestra cubana.
Quest’anno, il 15 luglio, ha fatto scalpore un altro articolo pubblicato dal
“Corriere” a firma di Alvaro Vargas Llosa, figlio del celebre scrittore
sudamericano Mario, entrambi molto fedeli alla destra Usa. Il giovane Vargas
Llosa ( tutto università e giornali statunitensi ) da una parte irrideva
l’immagine del Che commercializzata, dall’altra tentava di demolirla e
criminalizzarla. Uscirono generiche accuse di fucilatore quando nel gennaio
del ’59, nel primo meso della vittoria della rivoluzione, vi furono all’Avana
inevitabili processi a feroci torturatori e noti pluriassassini batistiani che
vennero giustiziati. Ci sono i filmati con i testimoni e famigliari delle
vittime che accusano e si trattò di poco più di un centinaio di casi, non gli
oltre mille come si insinua. E si trattò di processi pubblici col tribunale al
completo, non vendette private tantomeno del Che, argentino, a Cuba da poco
più di due anni passati quasi tutti sulle montagne.
In un altro recente articolo, questa volta sul “ Foglio “ di Giuliano Ferrara,
Maurizio Stefanini smitizza il Che definendolo più che altro “ fotogenico e
grafomane “. Ma hanno almeno mai letto, questi tuttologi dell’ultima ora,
qualche pagina sulla rivoluzione cubana? Sanno, per esempio, che il Che e
Camilo Cienfuegos dopo un anno e mezzo di guerriglia tra le foreste della
Sierra Maestra scesero in pianura nel settembre ‘58 con soli duecento uomini e
fecero a piedi in due mesi 450 chilometri tra combattimenti e sotto
bombardamenti aerei fino alla Sierra dell’Escambray? Hanno mai letto le
imprese del plotone suicida comandato dal ventenne Roberto Rodriguez detto “
El vaquerito “ che morì nella battaglia finale di Santa Clara? Sanno che
Guevara venne ferito due volte in combattimento a Cuba? Io dico che non sanno
quasi nulla, hanno, forse, leggiucchiato qualcosa. Figuriamoci se hanno mai
fatto un viaggio in quei luoghi, proprio nei posti delle battaglie. E ne
scrivono a iosa ! E così si arriva ad altri articoli di botta e risposta, alle
recenti polemiche con tanto di discussioni e diatribe su pubblicazioni,
diritti, diari, memorie. La Mondadori berlusconiana pubblicherà numerosi e “
nuovi “ libri sul Che. Staremo a vederne l’uso e i fini. Rimane il fatto che
la dignitosa tregua sul Che sacrale è finita.
Ma ecco, infine, il vero perché della nuova offensiva mediatica. Si attacca
Ernesto Che Guevara per attaccare Fidel Castro e Cuba. Perché Cuba non è
caduta dopo la fine dell’Urss, perché è sopravvissuta ai terribili anni ’90 –
’95 quando l’economia dell’isola perse l’85% dei suoi commerci, perché poi ha
cominciato a crescere da nove anni in qua. Perché nonostante attentati
terroristici dall’esterno, ha quadruplicato il turismo in 10 anni, percentuale
unica al mondo. Perché a Cuba la vita media di 76 anni e mezzo è la più alta
delle trenta nazioni latinoamericane. Sono apparse sulla stampa statistiche
ufficiali non manipolabili che dimostrano che i cubani vivono 25 anni più
degli haitiani, 13 più dei messicani e dei dominicani che stanno lì sui bordi
dello stesso Mar dei Caraibi. Cosa sarà, l’effetto di qualche sconosciuta
brezza tropicale o l’avanzato modello di stato sociale che Cuba si è data 46
anni fa?
Se anche gli uragani fanno molte meno vittime a Cuba ( 46 morti in diciotto
cicloni in otto anni ) che in qualsiasi altro paese caraibico e del Golfo del
Messico, non è mica per una grazia speciale della Santa Virgen del Cobre, ma
il risultato di un esemplare sistema di protezione civile. Cuba ha cancellato
da una vita l’analfabetismo e manda 25mila medici in aiuto di aree miserabili
in America latina e Africa.
Cuba è quindi un “ cattivo esempio “, secondo l’ottica distorta dei reazionari
mondiali e anche quella miope dei socialdemocratici tiepidi. Ma tutte le
provocazioni, gli attentati, le minacce, le sanzioni, i blocchi economici coi
grandi sacrifici e le tante pesanti difficoltà imposte, non hanno fatto cadere
Cuba e Fidel. Ispiratori, invece, del nuovo Venezuela bolivariano di Hugo
Chàvez in un continente in cui i tempi del dominio e controllo assoluto
dell’impero Usa appaiono già abbastanza lontani.
Permangono in molti paesi latinoamericani cronache di vere mattanze e
terribili violenze con migliaia di morti tra i quali ogni anno centinaia di
desaparecidos tra giornalisti, sindacalisti, leader contadini, operai,
studenteschi. Ad esempio, in Colombia, Perù, Bolivia, Salvadòr, Guatemala,
Nicaragua la violenza è molto alta. Anche in un’isola “ glamour “ come Santo
Domingo ( dove si girano “ reality show “ di varie tv europee ), nel febbraio
2004 in due giornate di sciopero la polizia uccise quindici manifestanti,
fatto ovviamente grave ma che fa poca notizia.
“Il libro nero” dunque i “ giornalisti democratici “ occidentali lo fanno per
molto, moltissimo meno, solo su Cuba dove non è mai accaduto nulla di simile,
e gli Usa spendono decine di milioni di dollari per campagne di stampa solo
contro Cuba. Isola povera del povero latinoamerica, l’isola “anomala” e
ribelle non disposta a cedere nulla della propria indipendenza e sovranità per
tornare a essere una periferia servile del potente “Imperio del Norte “.
Ecco dunque la “ nuova carta “ propagandistica contro Castro e Cuba che
continuano a resistere. Continuare la grande pressione e ora attaccare anche
l’icona del Che Guevara, lasciata per molto tempo fuori dalla mischia. Perché
Cuba è davvero ribelle. Sulle sue 4 reti televisive passa uno spot che, sulle
immagini di guerra e tortura di eserciti invasori, dice: “No al quarto Reich
“.
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