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L'UNITA' DEI COMUNISTI PER L'UNITA' DELLA SINISTRA

 

Condizione di ogni processo ricompositivo è una profonda riforma della politica

 

----- Ferdinando Dubla -----

 

Il ragionamento, semplice e lineare in apparenza, ha un grande ostacolo nei fatti: la formazione di un ceto politico autoreferenziale sempre più autonomo nelle sue dinamiche interne dalla reale e concreta dialettica sociale. E’ il grande tema della riforma della politica. Qualche anno fa, Robert Lumley ha scritto che la politica deve diventare «totalizzante», nel senso che è la scelta di come vivere, non di come votare. Da questo punto di vista, è la partecipazione cosciente il rimedio alla malattia mortale della democrazia nell’epoca della globalizzazione imperialista. Siamo infatti sempre più convinti che il capitalismo, che è anche (e in certe fasi soprattutto) sistema di valori (competitività esasperata, carrierismo, lotta per il potere e il prestigio personali, ecc..) riesca a penetrare nelle fila dei partiti e delle organizzazioni che dovrebbero combatterlo. Abbiamo citato Gramsci e su questo punto potremmo citare il Che Guevara, che non è un’icona mitologica, ma un esempio nel presente di rigore morale: il socialismo non si può costruire su categorie capitalistiche, non può prendere a fondamento la legge del valore, ma deve prediligere la dimensione etica e la centralità della classe.

- Bertinotti non ha esitato a giubilare la candidatura di Marco Ferrando sull’altare della nuova “affidabilità” richiesta al PRC e offerta in cambio di un’entrata organica nella compagine governativa. Ma questo è potuto accadere perché si è sostituito il centralismo democratico con un leaderismo esasperato e una personalizzazione della politica che sono contrari a ogni prassi realmente comunista, con un frazionamento correntizio che fa esprimere le minoranze solo formalmente senza alcuna incidenza sulle scelte operative, lasciate alla dittatura della maggioranza. Il segretario di Rifondazione è ormai più segretario della nuova formazione della SE (Sinistra Europea) e ragiona da capocorrente, blinda i gruppi parlamentari fidelizzandoli alle sue tattiche contingenti, che, ci sembra chiaro, mirano ad un’unica strategia: riempire il vuoto che si creerà con la nascita del Partito Democratico, liquidando così l’esperienza rifondativa.

E quale interpretazione, storicamente, è stata data allo stesso centralismo democratico, causa di storture nel rapporto dirigenti-diretti?

Il centralismo democratico che governa il PdCI, non impedisce dinamiche similari, e leaderismo e carrierismo corrodono profondamente la tenuta unitaria, limitando di fatto la capacità espansiva, il radicamento sociale e anche  l’autonomia e l’indipendenza del partito, già di molto indebolite dal troppo forte collaterismo negli anni scorsi con il centro-sinistra e le politiche compatibiliste.

 

Senza attraversare questo guado, sarà impossibile essere in sintonia con i sentimenti del popolo di sinistra e ogni processo ricompositivo, così chiaramente necessario, sarà solo il flatus voci dei semplici e dei senza potere.

 

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