IL PARTITO- Linea Rossa
SCISSIONI E RIUNIFICAZIONI NELLA GALASSIA M-L La Federazione marxista-leninista d'Italia Roberto Niccolai |
da "Quando la Cina era vicina" - La rivoluzione culturale e la sinistra extraparlamentare italiana negli anni '60 e '70, BFS e CDP, 1998, pp.104/08
La prima scissione m-l si ebbe pochi mesi prima che la Rivoluzione Culturale avesse inizio. Dopo il novembre '65 lo scenario marxista-leninista italiano non fu più lo stesso: gli avvenimenti cinesi ebbero infatti grandi responsabilità nel determinare la linea politica di gran parte dei gruppi m-l e della sinistra rivoluzionaria italiana. Anche il gruppo della Lega dei Comunisti marxisti-leninisti - che vedeva come principale ispiratore Ugo Duse - e i gruppi che sarebbero scaturiti dal suo seno non furono immuni da questa influenza.
Se la nascita della Lega dei Comunisti marxisti-leninisti fu motivata da un dissidio sul modello organizzativo e sulle finalità da porsi, è im-portante sottolineare che in seguito emersero altri disaccordi. Nel primo numero de "Il Comunista", Duse criticò gli ex compagni definendoli opportunisti in quanto adottavano le posizioni cinesi e albanesi solo per po-tere attaccare i loro nemici all'interno del Pci. Duse, oltre a rifiutare l'entrismo, si dimostrò contrario anche alla creazione di una nuova organizzazione rivoluzionaria, ritenendola prematura. Il motivo principale di questo rifiuto derivava dal suo giudizio sulla classe operaia italiana, che considerava ormai come integrata nel sistema; individuava nei movimen-ti del Terzo mondo l'unica possibilità di una svolta rivoluzionaria, auspicando che i marxisti-leninisti limitassero il loro lavoro al sostegno verso questi ultimi. Effettivamente "Il Comunista" cercò di adoperarsi in questo senso, prima nella ricerca di volontari per il Vietnam (operazione mi-seramente fallita) poi nell'appoggio ai sud-tirolesi che si battevano per l'indipendenza, ma che in seguito si rivelarono appartenenti all'estrema destra.
Questi errori macroscopici, sommati ad un modo errato di reclutare e formare i militanti, portarono ad una nuova scissione. Gran parte dei militanti dell'organizzazione, partecipò alla nascita della Federazione marxista-leninista d'Italia, mentre Duse conservò, con alcuni fedelissimi, la leadership della Lega dei comunisti marxisti-leninisti. Seguirono altre scissioni
[Tra esse è interessante quella avvenuta a Brescia nel 1970 che condusse alla costituzione della Lega marxista-leninista d'Italia, con leader Elidio De Paoli. Questa nuova formazione politica si distinse da tutti gli altri frammenti sorti dall'implosione m-l per una particolare scelta: continuò a sostenere il pensiero di Lin Piao anche dopo la caduta dell'ex numero due cinese. Fino al suo scioglimento, avvenuto nel 1973, la Lega marxista-leninista d' Italia si mantenne fedele alla strategia di accerchiamento dalle campagne alle città concepita sin dal 1965 da Lin Piao con il chiaro appoggio di Mao Tse-tung]
fino a che, nel '71, la Lega confluì nel Manifesto, uscendone un anno dopo per aderire al Pci, in quanto il gruppo di Rossana Rossanda veniva giudicato troppo permissivo e contrario alla morale comunista. Con un Congresso fondativo, tenuto il 3 luglio 1966 a Milano, venne costituita la Federazione marxista-leninista d'Italia, che si dotò come organo di stampa "Rivoluzione Proletaria". Questa formazione politica può essere considerata a tutti gli effetti il primo gruppo marxista-leninista italiano con chiara connotazione filocinese; una "inaspettata" nascita che costrinse il Movimento marxista-leninista italiano ad accorciare i tempi della sua trasformazione in partito.
La costituzione della Federazione marxista-leninista d'Italia scaturì dall'esigenza dei piccoli gruppi m-l di stabilire un collegamento tra di loro, per migliorare il lavoro teorico comune e potenziare l'attività di massa. Non per ultimo, la Federazione aveva come scopo il superamento delle differenze, auspicando l'ingresso nella Federazione di altri gruppi m-l. Tra i principali promotori della Federazione marxista-leninista d'Italia troviamo, oltre a gran parte dei militanti della Lega dei Comunisti marxisti-leninisti, gli aderenti alla componente maoista di Azione Comunista, alcuni gruppi dissidenti di "Nuova Unità" e Giuseppe Regis con le Edizioni Oriente, che fino a quel momento erano rimaste equidistanti sia da "Il Comunista" che da "Nuova Unità".
La Federazione marxista-leninista d'Italia assunse all'interno dei più rilevanti gruppi marxisti-leninisti un ruolo del tutto particolare. La struttura "federativa" rimase quasi patrimonio esclusivo di questa organizzazione; per rintracciare una tipologia simile dovremo attendere fino al '77, con la costituzione di Democrazia Proletaria. Quel tipo di organizzazione andava naturalmente a scontrarsi con il classico metodo del centralismo democratico, caratteristica determinante per ogni organizzazione politica che si ispirasse alla rivoluzione promossa da Lenin. In realtà la Federazione nasceva con queste specificità come conseguenza delle condizioni presenti in quel periodo storico. Tra i gruppi aderenti a questa nuova formazione m-l esistevano effettivamente divergenze sul piano ideologico e di linea politica, ma il riconoscere questa debolezza e cercare di individuare una sintesi attraverso un processo indubbiamente più lungo e complesso di quello che sarebbe potuto derivare dal centralismo democratico fu sicuramente una lucida e interessante intuizione.
Anche per quanto riguardava la linea politica, la Federazione marxista-leninista d'Italia assunse una posizione particolare all'interno dei gruppi m-l. Nelle tesi presentate al I Congresso nazionale tenutosi nel settembre del 1967, l'organizzazione affermava di richiamarsi al pensiero e alle teorie di Marx e di Lenin, ma si soffermava in maniera particolare su Mao Tse-tung, indicando i pregi della sua strategia politica; particolare attenzione si concentrava, come si legge sul primo numero di "Rivoluzione Proletaria" del 20 settembre 1966,
sulla rivoluzione ininterrotta, sul potenziale rivoluzionario delle campagne e dei popoli oppressi, sulle distinzioni delle contraddizioni contro e all'intemo del popolo, sulla valutazione strategica e tattica dell'imperialismo e dei reazionari e sull'inevitabilità della loro sconfitta, sullo sviluppo e il ruolo della guerriglia nelle lotte rivoluzionarie.
La Federazione marxista-leninista d'Italia vedeva anche nel castrismo e nel guevarismo un'importante azione pratica da fondere con il marxismo-leninismo, di cui il pensiero di Mao era la parte più rappresentativa. Del castrismo lodava - anche se ufficialmente lo criticava - il rapporto con le masse, la lotta partigiana e popolare combattuta sulla Sierra. In sintesi la Federazione accentrava l'interesse sull' azione immediata, in quanto questo tipo di agitazioni avrebbe accresciuto e maturato la "coscienza rivoluzionaria", aspetto ritenuto più rilevante rispetto alla costituzione del partito centralizzato e alla formazione di una teoria priva di riscontri pratici. In questo modo si tentava di rapportare l'organizzazione alle masse - come in quei giorni insegnava Mao - perché coscienti di es-sere solo una parte della classe rivoluzionaria e, soprattutto, non al di sopra di essa. Questa diversa impostazione di lavoro poteva essere rintracciata, per quanto riguardava l'attenzione verso l'internazionalismo e la rivoluzione cubana, nell'impostazione di coloro che provenivano da "Il Comunista", mentre la propensione all'incontro e all'unità tra i vari gruppi m-l e la grande attenzione verso la formazione dei quadri rivoluzionari era da individuare nelle origini del gruppo di Azione Comunista, facente capo a Luciano Raimondi.
Naturalmente la Federazione marxista-leninista d'Italia, e in questo differiva ben poco dal PCD'I, si poneva in continuità rispetto alla scissione del '21 dal Psi e all'adesione alla linea della III Internazionale, mentre era contraria alla linea politica indicata da Togliatti, al quale criticava la via italiana al socialismo e la teoria del policentrismo. La Federazione marxista-leninista d'Italia criticava però il PCD'I per il suo burocratismo, derivato anche dal fatto che quasi tutti gli appartenenti al nuovo partito comunista provenivano dal Pci mentre all'interno della Federazione preva-levano gli studenti e scarseggiavano gli operai, in gran parte, comunque, non provenienti dal Pci.
Il modo di osservare la Cina differenziava le due organizzazioni: se per "Lavoro politico" la Federazione era composta da elementi piccolo-borghesi, trotzkisti e comunque frazionisti, per i militanti della Federazione marxista-leninista d'Italia il PCD' I si collocava nelle posizioni sostenute da Liu Shao-chi - il peggior nemico della linea di Mao - e soprattutto era visto come una semplice copia organizzativa, pratica e politica del Pci precedente al XX Congresso, caratterizzata dal servilismo e non dall'assimilazione dell'insegnamento rivoluzionario. Il medesimo atteggiamento veniva rivolto agli intellettuali, con il disprezzo verso i contadini e le classi oppresse e quello verso tutti coloro che si dimostravano in disaccordo con la linea ufficiale, ricoperti subito di insulti ai quali seguivano dichiarazioni di infallibilità del PCD'I.
La Federazione dei marxisti-leninisti d'Italia tentò un altro percorso, finalizzato anche al raggiungimento di un unità di base fra tutti i gruppi m-l. Questo obiettivo, affiancato da un tentativo di strutturare un'orga-nizzazione rivoluzionaria non accentratrice, non fu raggiunto e fu proba-bilmente questo insuccesso che innescò le successive scissioni. Subito dopo il I Congresso si staccò una frazione, della quale faceva parte Vincenzo Calò, che dette vita al giornale "Tribuna rossa", mentre nell'estate del '68 si ebbe una spaccatura netta, in seguito alla quale il gruppo raccolto attorno a Raimondi e a Giuseppe Mai dette vita al Partito Rivoluzionario (marxista-leninista) d'Italia, che si considerava il vero erede e continuatore della Federazione e che in seguito confluì nell'UCI di Aldo Brandirali; l'altra ala della Federazione dei marxisti-leninisti d'Italia facente capo a Spazzali, Thiella e Semeraro, fondò Avanguardia Proletaria Maoista, ma già nel '69 venne espulso lo stesso Semeraro, che dette vita al Partito Comunista marxista-leninista-maoista italiano, dotandosi del giornale "Il compagno"; infine nel '77 fu tra quelle organizzazioni che dettero vita al Partito Comunista Unitario d'Italia: il PCUD'I.