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 FEDERAZIONE DELLA SINISTRA ANTICAPITALISTA, AUTONOMIA E UNITA' DEI COMUNISTI

 Rilanciamo l'idea dell'unità dinamica dei comunisti all'interno della Federazione della sinistra: come sarà possibile chiedere un surplus d’iniziativa ai nostri militanti se continuiamo con questo stralunato passo?

----- Fosco Giannini -----

 La prima questione da mettere in rilievo , rispetto al dibattito che si è sviluppato in questa Direzione Nazionale, è che la durissima , pregiudiziale e cieca ostilità di alcune parti – pur ultra minoritarie – all’interno del nostro Partito rispetto alla proposta forte dell’unità dei comunisti, va assumendo la forma dell’ostilità anche alla Federazione comunista e di sinistra che si va costituendo, un’ostilità alla Federazione che poggia su di un argomento: essa sarebbe – per queste compagne e questi compagni ostili – un’anticipazione della stessa unità dei comunisti.

La fase, per i comunisti e la sinistra di classe, in Italia, è davvero drammatica: la lunga teoria di errori, liquidazionismi e tradimenti ( una parola che non usiamo con facilità e leggerezza, ma che per ciò che riguarda il lungo  attacco dall’interno al movimento comunista italiano ci sembra oggi appropriata, non retorica e dunque utilizzabile) ha portato il movimento comunista, i due stessi partiti comunisti italiani ad un passo dalla crisi definitiva, vicini all’estinzione. Da questo punto di vista, oggi, e al di là delle perplessità e delle critiche alla Federazione che noi stessi abbiamo già esposto e che tuttora nutriamo, giudichiamo che  allo stato delle cose, concretamente, sarebbe non solo sbagliato, ma letale, un atteggiamento di avversione alla Federazione che portasse i dirigenti nazionali del PRC ( quelli – appunto – che estendono l’ostilità all’unità dei comunisti alla Federazione ) a convincere la nostra base militante  ad opporsi ad essa, al suo sviluppo sui territori, a dotarla di una capacità di iniziativa sociale e di lotta. Oggi, in questa fase ( per i comunisti e per la sinistra di classe, dai caratteri preagonici ) un’ostilità di questo tipo ( organizzata e, per così dire, “militante”, da frazione di destra) sarebbe nefasta, mentre ciò che occorre – oggi più che mai – è il dibattito libero sulla natura stessa della Federazione, sulla difesa e il rilancio dell’autonomia comunista accompagnati da una seria iniziativa sul campo per la costruzione sociale della Federazione e da una solidarietà nel gruppo dirigente complessivo di Rifondazione Comunista , una solidarietà che può e deve  essere tale anche nella dibattito franco e leale sulle nostre prospettive strategiche. Da questo punto di vista – lo dico dopo aver ascoltato le critiche pregiudiziali alla Federazione, quelle che la accomunano al progetto dell’unità dei comunisti – mi sento di affermare : o massima solidarietà tra di noi, al fine di non far naufragare drammaticamente anche la Federazione ( nel quadro di una discussione libera sulle strategie ) o sabotaggio.

E’ stato detto in questa Direzione ( sia nella relazione introduttiva del compagno Ferrero che in altri interventi) e più o meno con queste parole che “ la linea e la proposta della Federazione l’abbiamo data ed ora toccherebbe alla base, al nostro quadro militante, metterla in pratica, costruirla sul campo ”. Superare cioè  - asseriscono ancora il Segretario e  altri - la fase  del chiacchiericcio per addivenire al lavoro costruttivo”. Tuttavia – ha proseguito Ferrero – allo stato delle cose , dal 18 luglio a Roma ( giorno del lancio della Federazione) sino ad ora, in nessuna parte d’Italia, in nessun territorio ( tranne che in un paesino, in un solo paesino del torinese) vi è stata una minima iniziativa per la costruzione sul campo della Federazione. E il compagno Ferrero prosegue chiedendo alla base e al quadro intermedio un surplus di azione soggettiva, aggiungendo che “ora la responsabilità della costruzione è sulle vostre spalle e se essa non avvenisse non vi sarebbero più alibi”.

Caro compagno Ferrero: io credo che tu faccia bene ( è il tuo compito, a cui non puoi sottrarti) a spingere sulla base e sul quadro intermedio del Partito affinché inizi il lavoro di costruzione della Federazione sui territori. Tuttavia credo che sia da esaminare con più oculatezza la parte del tuo monito attraverso il quale sposti tutta la responsabilità della riuscita o meno della costruzione della Federazione sulle spalle della nostra base militante.  

C’è qualcosa che ti sfugge, o che rimuovi, che non vuoi vedere. Il punto è che siamo di fronte ad uno stato d’animo generale del nostro Partito,dei nostri militanti, dei nostri quadri vicino al punto zero. Uno stato d’animo che segna questa stessa Direzione Nazionale, qui ed ora. La stanchezza, nei Circoli, dilaga; la passivizzazione e l’abbandono della militanza sono spettri che si aggirano drammaticamente in ogni parte della nostra organizzazione e la caduta verticale del tesseramento né è un segno probante. La Federazione – pur giusta in sé come unità d’azione tra soggetti autonomi diversi – non ha la forza ( questo è il punto) di suscitare nuove passioni, di invertire la tendenza nefasta, di rovesciare positivamente lo stato grigio delle cose.

La Federazione è percepita ( giustamente, correttamente) dai quadri più evoluti ( molti altri non sanno ancora come interpretarla) come una risposta tattica, contingente alla nostra crisi e alle nostre difficoltà. Ma essa non risponde alla questione centrale che attraversa l’animo dei nostri militanti, dell’intero corpo del Partito: chi siamo, oggi ? Dove ci dirigiamo strategicamente ? Come usciamo dalla crisi profonda di senso generata dal  processo distruttivo del bertinottismo.

La crisi di senso che attraversa il Partito è tra l’altro la stessa che attraversa il Paese intero e tutto il popolo comunista e di sinistra. Di fronte all’egemonia delle idee-forza che mette in campo la destra ( idee reazionarie ma indiscutibilmente “forti”) avremmo bisogno di mettere in campo anche noi un’idea altrettanto forte, in grado di competere con le destre sul piano egemonico. Il punto è che i comunisti e la sinistra – dalla Bolognina al dissolvimento bertinottiano – hanno proposto alla nostra gente, al nostro popolo, alla “classe”, solamente pensieri deboli, proposte deboli, votate alla liquefazione e alla sconfitta, anche drammatica.

La Federazione, oggi, ( ripetiamo: pur giusta in sé) rischia di apparire un proseguimento delle idee-deboli rappresentate dalla lunga teoria liquidazionista che si è dispiegata da Occhetto in poi : al posto dell’idea-forza comunista e l’idea-forza del partito comunista di quadri e di massa si sono via via succedute proposte quali  “la carovana occhettiana”, il partito debole ( “amazzonico”) del PDS e poi il florilegio bertinottiano, dalla Sinistra europea alla proposta compulsiva – negli anni – del “nuovo soggetto politico”; dall’Arcobaleno alla “rifondazione socialista”, dallo scioglimento nel movimentismo al partito mass-mediatico. Ora siamo a  questa Federazione che – se non accompagnata da una idea-forza - rischia di essere percepita ( ed essere concretamente nella realtà) una variante delle soluzioni bertinottiane.

 Il punto è – ne siamo certi – che se assieme alla Federazione non viene ripresa di petto la “questione comunista” la Federazione stessa rischia fortemente di illanguidirsi in un progetto di sinistra vaga, “izquierdista”, dal pensiero debole e dalla proposta moderata, che non potrebbe suscitare emozioni e passioni, ritorni alla militanza.

E’ qui la tua “disattenzione”, compagno Ferrero: sembra che tu non voglia prendere atto –assieme a tanta parte del gruppo dirigente – che in Italia ( per colpa di chi ha distrutto e tradito) il movimento comunista è al lumicino, che rischia l’estinzione. Siamo cioè di fronte ad una vera e propria “questione comunista” finale e lo stato d’animo particolarmente depresso di tutti i nostri e le nostre compagne ne è solo la proiezione “spirituale”.

Rispetto a ciò- da comunisti – saremmo chiamati ( chiamati dalla drammaticità dello stato presente delle cose) a prendere il toro per le corna, assumendoci il compito primario che ci assegna la fase : la ricostruzione e il rilancio dell’opzione comunista, dell’autonomia culturale, politica, organizzativa, economica comunista; del Partito comunista come unica e possibile idea-forza. Ma ciò non avviene, questo compito non è assolto e davvero questa accidia, questa inerzia,  appare surreale, stravagante e persino drammatica, se guardata anche alla luce del recente Congresso di Chianciano, nel quale l’autonomia comunista, la persistenza comunista del PRC è stata fortemente messa in discussione e giunta vicinissima ad essere liquidata da Bertinotti e Vendola. Come dire: abbiamo rischiato l’infarto cinque minuti fa e non ci è servito a niente, abbiamo ricominciato subito a fumare.

Sta qui, dunque, la contraddizione insita nella Federazione: se assieme alla sua costruzione non promuoviamo, di pari passo, il rilancio dell’autonomia comunista ( pensiero e prassi), la Federazione stessa rischia fortemente di suscitare  - piuttosto che passioni - nuovi disorientamenti sulla nostra base; rischia – se di pari passo non si irrobustisce il partito comunista – di uscire dalla sua necessaria natura  di “unità d’azione tra forze comuniste e anticapitaliste” per approdare e degenerare in una nuova forza strutturata, partitica, di sinistra vaga, al fondo “bertinottiana”: una creatura della Seconda Mozione.

Se la Federazione diviene la negazione o l’antitesi della “questione comunista” essa si trasforma in pensiero e proposta debole, che non riesce ad attivare i compagni suoi territori.

E’ in questo senso che reputo l’incipit di Ferrero ( “ Noi abbiamo dato – attraverso la proposta della Federazione – la linea alla base. Tocca ad essa ora lavorare e se non costruisce sul campo sua è la responsabilità ” - queste, nell’essenza le parole del Segretario) sbagliato, nel senso che non si può credere di risolvere i problemi dell’inerzia della militanza attraverso un surplus di indicazione politica dall’alto: sarebbe soggettivismo, sarebbe una strana credenza sia nella forza prometeica del gruppo dirigente del partito che nello spontaneismo della base.

E’ ora di capirlo: la nostra base (comunista!) si riattiva solo- anche per un obiettivo tattico come la Federazione -  se nel contempo è chiaramente rilanciato il progetto per il quale i nostri militanti si sono iscritti e hanno scelto il sacrificio: l’opzione strategica comunista, il partito comunista.

E’ in questo senso che ci siamo battuti e rilanciamo l’idea ed il progetto dell’unità dei comunisti; non perché pensiamo che esso sia bastevole al disegno strategico volto alla ricostruzione in Italia di un partito comunista di ispirazione leninista e gramsciana, antimperialista e anticapitalista, di classe e di lotta, ma perché tale unità offrirebbe sicuramente maggiori basi materiali e maggiore massa critica sia per riportare i comunisti al centro del conflitto sociale, sia per avviare una ricerca politico e teorica comune , che per suscitare  quella passione oggi completamente mancante in grado sia di riattivare la militanza dei comunisti organizzati che quella della diaspora comunista.

E dobbiamo dire che rispetto a ciò, rispetto alla proposta che avanziamo dell’unità dinamica dei comunisti ( dinamica nel senso che essa avrebbe poi il compito di ridefinire una teoria ed una prassi) , rispetto a questa richiesta che va sempre più estendendosi nel corpo nel nostro partito e fuori, non vi è stata mai una risposta razionale da parte del gruppo dirigente del PRC, da parte del Segretario, nel senso che mai il “no” alla proposta è stato seriamente argomentato. Mentre, quantomeno la nostra base e i nostri iscritti, avrebbero il sacrosanto diritto di conoscere le argomentazione politiche vere di un simile e pesante rifiuto.

 Rispetto alla proposta relativa alla nuova rivista del Partito (“Rifondazione Comunista”): trovo completamente surreale che a dirigerla vi siano compagne/i come la Lidia Menapace e Alessandro Valentini, che a tutto sono interessati meno che al processo di rifondazione comunista e alla costruzione del partito comunista. Trovo davvero grave che il tentativo di dotare il partito di una propria rivista avente il compito formale ( come suggerirebbe il  titolo stesso della rivista) di riavviare una ricerca politico –teorica comunista sia affidato ad una compagna ed un compagno che sono contrari ( l’una) all’idea stessa di partito e ( l’altro) all’idea di un partito comunista, da superare nel progetto di una nuova forza socialdemocratica.

Ma le nostre stesse risorse finanziarie al lumicino non suggerirebbero di investire più decentemente quel filo d’aria che ci è rimasta ? E anche in questo caso: sarà possibile chiedere un surplus d’iniziativa ai nostri militanti se continuiamo con questo stralunato passo?

La sintesi dell'intervento di Fosco Giannini svolto nella Direzione Nazionale del PRC di
mercoledi
7 ottobre a Roma.