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----- Amar Mounir -----
IL MASSACRO DELLA SINISTRA INDONESIANA
Nel quadro della guerra fredda, questa forza preoccupa i militari e
le forze conservatrici che nel 1965 decidono di liquidare fisicamente il
PKI. Il capo della repressione, il generale Suharto, ne approfitta per
stabilire la propria dittatura in un bagno di sangue; quasi un milione
di comunisti, o presunti tali, vengono massacrati. Altri 500.000 sono imprigionati,
ed alcuni verranno in seguito giustiziati.
La dittatura cerca di legittimarsì dando una parvenza di continuità
costituzionale al proprio regime e richiamandosi ai principi di Sukarno
(Pantjasi1a= Dio, Nazione, Umanismo, Democrazia, Giustizia sociale). Essa
adotta un sistema totalmente controllato, con una camera puramente consultiva,
un sistema di partiti successivamente limitato a tre (per arrivare a questa
cifra il dittatore impone agli 11 partiti legali di unificarsi!), tra cui
quello al potere (Golkar) e due opposizioni apparenti, una
musulmana (PPP-Partito Unità Sviluppo) e l'altra democratica
per dar rifugio ad alcuni sukarnisti: il Partito Democratico
Indonesiano (PDI) che conserva un'influenza nei quartieri poveri.
I partiti devono fare ufficialmente atto di sottomissione e l'anticomunismo
diventa legge.
Il regime si evolve. La sua laicità originaria, diffidente
nei riguardi di un islamismo concorrenziale, ha
lasciato il posto alla ricerca di un'alleanza con questa corrente rivitalizzata
negli anni '80. Il sistema economico iniziale, che favoriva una borghesia
nazionale, si è evoluto verso un liberalismo mondialista facendo
dell'Indonesia uno dei migliori allievi degli istituti
finanziari internazionali. Un notevole afflusso di capitali stranieri,
un indebitamento gigantesco assicurano una crescita spettacolare ma fragile,
una corruzione stimata al settimo posto al mondo ed un nepotismo assoluto.
Le resistenze vengono soffocate e represse fino al momento in
cui scoppia la crisi asiatica, abbattendo la prima facciata. In un colpo
solo la moneta perde l'80% del valore, il livello di vita crolla del 43%,
5 milioni di persone si ritrovano senza lavoro. La rabbia esplode nei quartieri
poveri e nelle università, con forza sufficiente da spingere, il
21 maggio 1998, il vecchio (77 anni) dittatore a dare le dimissioni, mentre
pensava di non doversi ritirare fino al 2003; ma non sufficiente per rovesciare
il regime. Gli succede il suo vice Yussuf Habibie, che introduce per la
prima volta al governo rappresentanti degli altri due partiti legali.
LA CRESCITA PROGRESSIVA DELLE LOTTE SOCIALI
Il massacro dei comunisti aveva dissanguato la sinistra. Di fatto le prime manifestazioni di opposizione, che erano scoppiate negli anni '70 nei campus, erano espressione di studenti anticomunisti delusi dal regime. Bisogna aspettare fino al 1974 e al 1978 per vedere segnali netti di resistenza tra gli studenti, nei quartieri più poveri e, più tardi, nella classe operaia. La repressione ebbe la meglio. I movimenti erano disarticolati, divisi tra l'esilio e lo scoramento. Si ripresero negli anni '90, soprattutto nel 92-94, con manifestazioni cui presero parte parecchie decine di migliaia di persone, e poi particolarmente nel 95-96.
OPPOSIZIONI DEMOCRATICHE E MUSULMANE
Nonostante la loro relativa integrazione al sistema, i due partiti d'opposizione
costituiscono, a diversi livelli, veri e propri elementi di resistenza
alla dittatura. Quando nel 1993 Megawati, figlia di Sukarno, fu eletta
presidente del PDI, divenne rapidamente la rappresentante naturale dei
più poveri ed il simbolo di un'alternativa possibile a Suharto.
Pur preoccupandosi di rispettare certi limiti imposti dalla dittatura,
non esitò a proclamarsi candidata alla Presidenza. Il pericolo per
il potere divenne tale che esso decise di favorire una manovra interna
al suo partito, giungendo alla sua messa in disparte e alla nomina al suo
posto di una figura inoffensiva: Suryadi. Nel luglio del 1996 si appropriò
con la forza della sede del PDI. Questo misfatto servì da detonatore
per scatenare la rabbia dei partigiani dì Megawati e, per contrappunto,
servì da pretesto per un'ondata di repressione.
Il PDI rimane dunque diviso tra una base largamente devota (la parola
non è troppo forte) a Megawati ed una direzione fantoccio, l’unica
riconosciuta. Alle elezioni del 1997, nonostante le frodi, gli effetti
sono immediati. I partigiani di Megawati favoriscono il partito musulmano
(PPP) che passa dal 17 al 23%, il PDI dì Suryadi crolla dal
15 al 3%. Suharto sembra il grande beneficiario, con un risultato record
del 74%, ma si va delineando per lui lo spettro dell'unificazione dell'opposizione
sotto l'egida islamica. Gli islamici costituiscono in effetti un vasto
spettro di forze diverse, di cui alcune si richiamano alle tradizioni progressiste
e tolleranti della religione, che favoriscono la
convergenza con forze democratiche di altro orientamento. D'altra parte,
in nessun momento appare un vero e proprio fronte unito dell'opposizione.
IL PARTITO DEMOCRATICO DEL POPOLO
Nell'ambito di una sinistra decimata, clandestina
o in esilio, viene alla luce un giovane partito (fondato il 2 maggio 1994,
sotto il nome di Unione Democratica Popolare) che si impone subito alla
ribalta: il Partito Democratico del Popolo (PRD), in indonesiano Partai
Rakyat Demokratik. Piccolo ma molto attivo, raccogliie i propri quadri
tra i movimenti sociali apparsi negli anni '90, in primo luogo il
movimento studentesco.
Politicamente l’organizzazione si considera rivoluzionaria
e si caratterizza per la lotta in favore della democrazia, contro il capitalismo,
contro il FMI e la Banca Mondiale e per il diritto all'autodeterminazione
di Timor Est.
La repressione si abbatte sul PRD il 27 luglio 1996, con l’accusa
da parte del regime di “comunismo” e di aver fomentato
i disordini in difesa del PDI. l2 dei suoi principali dirigenti, trai 24
e i 27 anni d'età- tra questi il Suo presidente -vengono arrestati
e imprigionati. In seguito altri quattro li raggiungono in galera.
Entrato in clandestinità dopo questi avvenimenti, il PRD tuttavia
non scompare.
Nel 1998 si distingue per l’animazione di un movimento studentesco
che raccoglie una quarantina di campus.
Tuttavia, dal punto
di vista dell'organizzazione, dopo la caduta della sua
direzione il PRD sarebbe in preda a divisioni interne e oggetto di una
certa emarginazione.
IL PARTITO COMUNISTA INDONESIANO (PKI)
Nato il 23 maggio 1929 il Partito Comunista Indonesiano condusse, a
partire dal 12 novembre1926, una prima ribellione iniziale contro il colonialismo
olandese. Ne seguì la sconfitta e la messa fuori legge. Qualche
mese dopo i suoi iscritti e dirigenti furono giustiziati o deportati.
La sua influenza tornò a farsi sentire durante la seconda guerra
mondiale, nella lotta contro i giapponesi e contro gli olandesi. Nel 1948,
esso fu vittima di un secondo “terrore bianco” (teror putih), e poi di
un terzo nel 1950. In questo periodo venne formato un nuovo Politburo,
guidato da D.N. Aidit.
A partire dal 1959 il PKI, molto vicino al presidente Sukarno, raggiunse
l'apice della sua inflenza. Nel quadro di un regime detto di "democrazia
guidata", la Repubblica di Sukarno era allora minacciata dalle forze musulmane.
Ma i militari erano più preoccupati per il peso del PKI. Fomentarono
allora un colpo di stato che, prendendo a pretesto
un "golpe" tentato nel 1965 da ufficiali progressisti, portò di
fatto alla fine di quest'esperienza repubblicana, per giungere al regime
dittatoriale detto "dell'ordine nuovo"
[Il 30 setteritre 1965 alcuni ufficiali progressisti, preoccupati delle
minacce contro il regime di Sukarno, organizzano un tentativo dl colpo
di stato militare. Si sia trattato di una provocazione preordinata o di
un tentativo maldestro, portato a termine nonostante qualcuno li
avesse preavvertiti, fatto è che ciò servì da pretesto
per scatenare immediatamente il massacro.]
Il generale Suharto guidò la repressione che in poche settimane
si trasformò in un massacro. Il partito comunista fu, nel giro di
qualche mese, liquidato (è il quarto "terrore bianco"). Nonostante
la scomparsa della quasi totalità dei suoi dirigenti, il PKI - messo
fuori legge - riuscì a convocare il congresso clandestino nel 1966
in cui venne eletta una nuova direzione guidata da Ruslan. Nonostante le
perdite il PKI cercò di ricostituirsi e fu in grado di condurre
una lotta armata di resistenza fino al 1978. Dopo la decimazione dei suoi
partigiani a Giava Kalìmantan, il PKI riorientò la propria
attività verso la costituzione dì un fronte unito. Molto
indeboliti, i comunisti animano oggi una pubblicazione diffusa all’interno
del paese, Suara Patriot (La Voce del Patriota).
Nella sostanza l'arrivo di Habibie al potere non ha modificato molto
la situazione del PKI. In effetti, se il nuovo potere si è dimostrato
favorevole a liberare alcuni prigionieri politici (ne resterebbero in tutto
200), ha fermamente escluso di fare altrettauto per gli ultimi 13
dirigenti del PKI ancora in prigione dal 1966. Inoltre, anche se è
di nuovo possibile costituire partiti politici (ne sono nati una cinquantina
nelle settimane successive), il partito comunista è ancora fuorilegge.
La strategia dei comunisti indonesiani di costituire un ampio fronte
sotto il nome di Alleanza
Democratica e Patriottica passa per l'appoggio a Megawati, figura di
primo piano dell'unione delle forze democratiche. Il giornale comunista
Suara Patriot ha ad esempio annunciato che sosterrà la formazione
di un collettivo presidenziale per governare l'Indonesia, a condizione
che questo annoveri Megawati tra i suoi membri.
"La cosa più urgente - scrive il giornale – è risolvere
il problema della soddisfazione dei nuovi bisogni quotidiani ("sembaku":
riso, sale, olio, cipolla, aglio, pesce salato, zucchero, legumi, petrolio).
A questo scopo dobbiamo rafforzare la nostra creatività, la nostra
solidarietà, il lavoro collettivo (...). Non distruggiamo gli strumenti
produzione! Evitiamo il vandalismo. E' importante che gli intellettuali
si uniscano al popolo. Chiediamo agli ufficiali sukarnisti di non
attaccare la gente (...). Il movimento per le riforme non è riformista
o opportunista. E’ un mezzo per coinvolgere ed educare il popolo sull’importanza
di riunirsi e organizzarsi, di avere una disciplina ed una vita democratica
(...). Ci sono molte maniere di contribuire a questo movimento: dalle semplici
discussioni per risolvere i problemi della vita quotidiana alle manifestazioni
e allo sciopero" (Suara Patriot, febbraio 1998).
E' ancora difficile, nell'attuale contesto di clandestinità,
sapere quale sarebbe l'influenza di un PKI legalizzato, da un lato con
le sue profonde radici storiche e l'azione che conduce attualmente, e dall'altro
con le conseguenze della repressione, la dispersione delle reti clandestine,
e, inoltre, i 23 anni di propaganda ostile.