L’ESPRESSO INTERVISTA PRACHANDA (NUMERO DEL 10
NOVEMBRE 2006)
articoli provenienti dal settimanale
Mondo
Rivoluzione sull'Everest
di Alessandro
Gilioli
Dopo dieci
anni di guerriglia, il leader dei ribelli è trionfalmente entrato a Kathmandu.
E, finita la clandestinità, spiega a 'L'espresso' ideali e obiettivi per un
'comunismo del XXI secolo'. Colloquio con Prachanda
Il suo nome
di battaglia, quello con cui è conosciuto in tutto il mondo, è Prachanda, cioè
'il fiero'. Leader e capo della guerriglia maoista che in dieci anni ha
conquistato tre quarti del Nepal, da poche settimane è entrato trionfalmente a
Kathmandu, la capitale. Lo ha fatto pacificamente, grazie alle trattative a cui
il re, Gyanendra, è stato costretto dai partiti democratici dopo l'insurrezione
popolare di aprile. Fino a poco tempo fa quest'uomo era un mistero assoluto: di
lui circolava una sola foto (giovanile, in bianco e nero). Nessuno sapeva dove
stesse e molti ipotizzavano perfino che non esistesse affatto. Invece Pushpa
Kamal Dahal (questo il suo vero nome), 55 anni, esiste eccome. E, con questa
intervista esclusiva a 'L'espresso', racconta se stesso e la sua lunga marcia
verso Kathmandu, dove conduce le trattative per ottenere l'elezione di
un'assemblea costituente, l'abdicazione del re e la creazione di una
Repubblica.
Prachanda, ora che siete nella
capitale la città è tappezzata di vostri manifesti, i vostri uomini mantengono
l'ordine pubblico, dirigono il traffico e organizzano perfino la pulizia delle
strade. Avete vinto?
"Non del tutto, ma quasi. Abbiamo fatto un grande lavoro per liberare le
masse nepalesi e ora siamo la forza principale del Paese. Diciamo che il 60 per
cento è fatto e che il restante 40 per cento avverrà con l'elezione della
Costituente".
In quanto tempo?
"Nel giro di un anno al massimo. Nei prossimi mesi ci saranno grandi
cambiamenti politici e sociali in questo Paese. Abbiamo proposto a tutti i
partiti democratici - anche a quelli non di sinistra - di abolire la monarchia
e instaurare la repubblica. Vogliamo arrivare a un'unità di tutti i democratici
contro l'autocrazia del re".
Con un referendum o attraverso
l'elezione dell'assemblea Costituente?
"In questo momento la strada più percorribile sembra essere
Che fine farà il re, che
finora avete combattuto con le armi?
"Il suo destino dipende solo da lui. Se accetta di non avere più alcun
ruolo politico, può tranquillamente restare in Nepal, magari dedicandosi al
business. Gli assegneremo anche delle proprietà, delle terre, purché se ne stia
buono. Se invece cerca di sabotare la democrazia, allora dovremo prendere dei
provvedimenti".
Quali sono le prime leggi che
farete se e quando arriverete al governo?
"Prima di tutto bisogna radicalmente democratizzare la forma del Paese
in senso federalista. Nel contempo ci sarà una grande riforma agraria per
eliminare i grandi latifondi e redistribuire la terra ai poveri. Quest'ultima
sarà ovviamente una delle primissime questioni che porremo agli altri partiti
democratici".
Per garantire la regolarità
delle elezioni arriveranno decine di osservatori internazionali. Che
percentuale pensate di prendere voi maoisti?
"Crediamo che la maggioranza dei nepalesi voterà per noi".
Più del 50 per cento?
"Sì. Nelle aree rurali e di montagna dovremmo superare l'80 per cento,
mentre le zone urbane sono più mescolate. Quindi il nostro sforzo ora sarà far
campagna nelle città e nelle pianure del Terai, al sud".
Se prendete più della metà dei
voti farete un governo da soli?
"No, cercheremo di coalizzare le forze democratiche in un governo di
unità nazionale. Il Paese ne ha bisogno, dopo tante divisioni. Però, se saremo
il primo partito, chiederemo la presidenza della Repubblica".
Per lei? Da capo guerrigliero
a presidente?
"Sarà il partito a decidere, ma io non sono interessato alla poltrona.
Preferisco restare fuori dalle cariche istituzionali per lavorare meglio ai
cambiamenti sociali ed economici di cui il Paese ha bisogno".
Molti all'estero si chiedono
se voi maoisti siete veramente diventati un partito democratico e pluralista...
"Lo so, alcuni pensano che la nostra sia solo una svolta tattica.
Invece il partito ha vissuto una lunga e intensa discussione sul
multipartitismo e ha deciso che non ci può essere socialismo senza pluralismo.
Ma attenzione: il parlamento deve rappresentare veramente le masse del Paese:
in posti come il Nepal, ad esempio, rischia di rappresentare solo le aree
urbane e la borghesia colta. Per noi è importante invece che il parlamento sia
uno specchio autentico delle masse popolari".
C'è qualche politico straniero
- tipo Lula o Chávez - a cui vi sentite simili?
"Questi leader sono certo più vicini a noi rispetto ad altri politici
totalmente filocapitalisti. Ma in senso ideologico non mi sento uguale a loro,
che esprimono la classe media. Noi invece rappresentiamo le masse proletarie,
quindi ci sono notevoli differenze ideologiche".
Siete più simili a
Fidel Castro?
"No, non tanto. Durante la guerriglia ci siamo a volte ispirati a Che
Guevara, ma ora vogliamo percorrere la nostra strada. Stiamo cercando di
sviluppare cose nuove, di applicare il marxismo alle necessità del XXI secolo.
è un processo lungo, che coinvolge tutti i progressisti del mondo, dai maoisti
come noi fino ai no global occidentali, che guardiamo con grande interesse
anche se siamo ideologicamente diversi".
Perché vi definite maoisti,
ora che anche
"è una storia complessa, che parte da Lenin e passa attraverso
Qualcuno dice che siete come i
Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia.
"No, chi lo dice è totalmente in errore. Forse i Khmer rossi avevano,
all'inizio, buone intenzioni nella liberazione della masse, ma le politiche di
Pol Pot e i mezzi che ha usato sono del tutto sbagliati, tanto che ha finito
per opprimere le stesse masse popolari che doveva liberare. Noi non siamo
dogmatici, non siamo settari, non siamo totalitari. Cerchiamo al contrario di
essere sempre più dinamici, adattandoci ai cambiamenti, compresi quelli
tecnologici. Sono i nostri avversari a essere aggrappati al dogma del
capitalismo, e in modo molto più settario di noi. Il nostro esperimento sarà
completamente nuovo e importante per tutto il movimento socialista e comunista
internazionale".
Che effetto può avere - in
Asia e nel mondo - quello che sta accadendo qui?
"La nostra lotta non è solo per le masse nepalesi ma per gli oppressi
di tutto il mondo. Noi siamo un paese piccolo, ma la nostra rivoluzione può
avere un grande impatto per le masse sfruttate di tutto il pianeta, specie in
questa era di globalizzazione".
Pensa che quando sarete al
potere gli Usa cercheranno di rovesciare il nuovo governo oppure lo
accetteranno?
"Questo è un problema molto serio e molto sentito. Gli americani
finora hanno cercato di sabotare in ogni modo il processo di pace in Nepal e
hanno appoggiato il re-dittatore. L'ambasciatore Usa, James Moriarty, non fa
che dire a tutti che i maoisti sono cattivi e non bisogna fidarsi di noi. Sì,
Che cosa faranno ora i
guerriglieri maoisti, le migliaia di ragazzi che l'hanno seguita per questi
dieci anni?
"Prima dobbiamo risolvere la questione delle armi. In questi giorni
stiamo trattando per un disarmo bilaterale (maoisti ed esercito regolare, ndr)
e cerchiamo un accordo su chi terrà le chiavi dei depositi dove le armi saranno
custodite. Penso che un ruolo importante potranno averlo le Nazioni Unite, per
vigilare con le loro videocamere sui depositi. Quanto ai guerriglieri, potrebbero
essere inseriti nella società civile con vari compiti di polizia".
Come si immagina il Nepal tra
dieci o 15 anni?
"Il nostro Paese e la nostra gente hanno bisogno soprattutto di
prosperità. Adesso siamo un paese molto povero e non perché ci manchino le risorse
o le capacità, ma per colpa di chi ci ha governato finora. Il Nepal, con le sue
montagne, ha per esempio un grande potenziale in termini idroelettrici. Il
turismo può diventare un altra importante fonte di benessere. Il Terai è una
terra fertilissima. Insomma ci sono notevoli opportunità. Ma abbiamo bisogno di
sviluppo, di trasporti, di ricerca scientifica e tecnologica. Tra dieci anni,
con un buon governo, potremmo essere uno dei paesi più ricchi del Sud-est
asiatico".
Sempre che gli investitori stranieri
si fidino di un governo a leadership comunista...
"A loro dico: il Nepal avrà un'economia mista, anche se non seguirà
ciecamente il liberalismo occidentale. I capitali internazionali, se investiti
nell'interesse del popolo nepalese, saranno benvenuti".
Prachanda, lei è stato per
anni un mistero. Ma chi è, veramente?
"Sono nato in una famiglia di classe medio-bassa nel distretto di
Kaski, vicino a Pokhara. Poi - quando ero ragazzo - i miei si sono trasferiti a
Chitwan, nel Terai. Era un'area di nuovo sviluppo, poco tradizionale, con gente
proveniente da tanti posti diversi del Nepal e questa esperienza è stata
importante nella mia formazione. All'università, a Kathmandu, ho studiato
Scienze agricole. Ero un insegnante delle scuole superiori e stavo facendo un
master in Pubblica amministrazione quando sono entrato nel movimento e la
politica è diventato il mio lavoro. Ho abitato a Kathmandu dieci anni, prima
che iniziasse la rivoluzione, poi sono andato in montagna con i miei compagni,
a guidare l'esercito popolare".
Com'è diventato comunista?
"Prima di tutto la mia non era certo una famiglia benestante: la vita
era molto difficile, i miei genitori dovevano lavorare duramente per mandare
avanti la famiglia. Ho iniziato a farmi domande sull'ingiustizia sociale, sul
perché c'erano i ricchi e c'era gente che invece non aveva soldi per mangiare,
vestirsi e studiare. Poi al liceo, negli anni Sessanta, si parlava molto di
marxismo e comunismo. Uno dei miei insegnanti, una persona eccezionale, membro
del partito comunista, mi ha regalato il Libretto rosso di Mao Zedong, oltre a
un grande poster del presidente cinese. In seguito ho letto molti altri libri e
così sono diventato comunista".
Come viveva durante la
clandestinità?
"Beh, cambiavo letto quasi ogni notte, spesso riparandomi oltre
frontiera, in India. Era una vita difficile, naturalmente, e non sono mancati
gli incidenti".
Lei è religioso? Induista?
"No, non credo in nessuna religione. Ma nel nostro partito ci sono
militanti e leader di fede induista, buddhista e altro. Rispettiamo i
sentimenti religiosi delle masse, anche se ai nostri quadri insegniamo
un'impostazione laica e scientifica della vita".
Libri, giornali, film, musica:
che gusti culturali ha il capo dei maoisti?
"Leggo soprattutto letteratura indiana e americana, e ovviamente i
giornali politici di tutto il mondo. Però ricordo che quando facevo
l'insegnante mi piaceva andare a ballare con gli amici. Da studente invece
andavo spesso al cinema: film mitologici indiani, ma anche pellicole americane".
Tipo?
"Beh, naturalmente mi piaceva molto 'Spartacus', quello di Stanley
Kubrick con Kirk Douglas protagonista. E l'ho visto diverse volte...".
© 1999-2006 Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A.