IL PARTITO DI CLASSE E INTERNAZIONALISTA
Il dovere e la responsabilità dei comunisti oggi è contribuire allo sviluppo di un fronte potente, di massa nel più complessivo movimento antimperialista e antimonopolista
Il Partito comunista è l'avanguardia organizzata della
classe operaia, il suo avamposto. Ciò costituisce la caratteristica fondamentale
del "Partito di Nuovo Tipo" creato nella Russia zarista nel 1903, erede di
precedenti esperienze di aggregazione dei lavoratori, Internazionale inclusa. La
formazione del Partito comunista non fu un fenomeno esclusivamente russo. Nacque
come "prodotto" dello sviluppo socio-economico del capitalismo, come necessità
della classe operaia di avere un suo proprio partito. Questa necessità era stata
predetta nelle teorie di Marx ed Engels. I fondatori del socialismo
analizzarono, con metodo scientifico, i limiti storici del capitalismo ed il
ruolo storico della classe operaia, in relazione alla necessità della
rivoluzione socialista.
L'identità del Partito comunista come parte più consapevole della classe operaia
non preclude la sua capacità di esprimere gli interessi di tutti i lavoratori,
sia agendo autonomamente che attraverso una strategia di alleanze. Nelle file
dei partiti comunisti non solo si trovano i migliori rappresentanti della classe
operaia, ma anche quelli degli altri strati di popolazione, i suoi alleati
sociali. Tutti i membri dei partiti comunisti, indipendentemente dalla loro
origine e posizione di classe, lottano per il socialismo, sono inspirati e ne
difendono la teoria scientifica. I principi organizzativi che guidano la
formazione e l'azione del partito, i modi e i luoghi dove costruisce le sue
organizzazioni, i criteri che governano la sua composizione di classe sono tutti
determinati dagli interessi di classe che esprime.
L'ideologia borghese e la sua propaganda hanno concentrato i loro attacchi sul
carattere del Partito comunista. Il suo istinto di classe ha provato di essere
estremamente corretto e preciso. Nocivi sono stati e continuano ad esserlo gli
attacchi revisionisti, di destra e "sinistra". Se studiamo nuovamente l'intero
periodo di turbolente discussioni che precedettero la nascita del Partito,
l'individuazione della base e dei principi, possiamo facilmente concludere che i
Partiti comunisti sono nati da un'intransigente lotta contro l'opportunismo
nelle file dell'allora social-democrazia. Senza questa lotta sarebbe stato
impossibile creare un "Partito di Tipo Nuovo" in quel preciso momento, quando la
necessità della rivoluzione socialista era giunta a maturazione.
Oggi, l'ideologia borghese e l'opportunismo hanno concentrato ancora una volta i
loro attacchi sulla natura del partito, direttamente o indirettamente, con
assalti frontali od obliqui, ponendo la questione se esista ancora una classe
operaia oggi e, nell'ipotesi esista, se possa agire come forza rivoluzionaria.
Nonostante vi siano differenze tra ideologia borghese ed opportunismo, si
individuano importanti punti di convergenza: principalmente la falsificazione
dei classici del Marxismo-Leninismo, riguardo a cosa occorra intendere come
classe lavoratrice e quali criteri definiscano la struttura di classe in una
società capitalista.
Sono continuamente ripetute false argomentazioni secondo cui Marx avrebbe
identificato la classe lavoratrice con il lavoro manuale e l'assenza di
istruzione. In base a queste "prospettive" la classe operaia sarebbe costituita
solamente dal proletariato industriale oppure verrebbe identificata dal livello
del suo reddito, dal grado di impoverimento o d'esclusione sociale. Loro hanno
tutto l'interesse per individuare criteri oggettivi da cui derivare l'ampiezza
e, soprattutto, il ruolo storico della classe operaia, in relazione alla
proprietà dei mezzi di produzione, l'uso della forza-lavoro come merce, la
produzione ed il realizzo di plusvalore. Fingono di non comprendere perché Marx
distingueva, dal punto di vista del capitale, il lavoro produttivo dal lavoro
non produttivo, così da poter escludere parti significative dalle fila della
classe operaia. Promuovono, più intensamente che mai, l'irrazionale teoria che
la posizione di classe è determinata dall'opinione che ognuno ha di sé, dal suo
livello di coscienza e di comportamento politico.
Innumerevoli volte abbiamo sentito e letto che non esiste una classe operaia
oggi, che non esiste un movimento di classe che sia rivoluzionario, perché i
lavoratori non lottano per il solo pane, ma per i beni di lusso, come la seconda
macchina o la seconda casa. È ovvio che non possono e non vogliono comprendere
che vi siano elementi congiunturali di cui tener conto, quali l'attuale rapida
crescita delle necessità umane. La teoria che vede la classe lavoratrice come
consumista ed iperconsumista è vantaggiosa per la classe borghese ed il suo
sistema, ed anche per gli opportunisti di tutti i generi. È vantaggioso per la
classe borghese poiché permette di relegare la lotta di classe all'istanza più
bassa, come mera richiesta di una minima redistribuzione. È vantaggioso per gli
opportunisti, perché circoscrive la lotta di classe in termini di miglioramento
minimo a cui la forza-lavoro può esser venduta.
Per stabilire l'appartenenza di classe, il Partito studia ed osserva gli
sviluppi delle strutture di classe nella società, usando dati obiettivi e
criteri leninisti. Segue da vicino i processi attraverso i quali altri strati di
popolazione stanno avvicinandosi alla classe operaia.
La natura del Partito determina la sua politica organizzativa, i principi per la
costruzione del partito, la distribuzione delle sue forze e dei suoi quadri. Il
16° ed il 17° Congresso del Partito comunista della Grecia hanno posto grande
enfasi sul tema della concentrazione delle forze sul fronte della lotta, ovvero,
nel movimento della classe lavoratrice. C'è stata una critica costruttiva in
aree del Partito, perché i nostri passi in avanti non sono stati sufficienti e
non hanno coperto l'intero spettro delle necessità odierne. Le difficoltà
obiettive ed i nuovi problemi emersi non possono costituire un alibi.
Questo problema determinerà il nostro orientamento. Noi dovremo esser giudicati
per come passiamo dalle parole ai fatti, principio fondamentale nel ruolo
storico della classe operaia, da quanto saremo capaci nel definire misure
organizzative coerenti con la nostra posizione, consapevoli che non può esistere
una crescita stabile nel movimento senza un rilancio del movimento di classe,
senza che la classe lavoratrice intraprenda iniziative per un'alleanza sociale
con gli altri strati della popolazione ed i loro movimenti. Un fronte
democratico anti-imperialistico, anti-monopolistico non può fondarsi
semplicemente sulla base dei problemi delle masse, quanto su un'alleanza delle
forze sociali.
Da quando la teoria marxista ha fatto la sua apparizione e fu propagata nelle
fila della classe operaia con la formazione dei primi partiti politici,
l'internazionalismo è divenuto un dogma fondamentale del movimento di classe.
Scaturisce dalla consapevolezza che la classe operaia di tutti i paesi del mondo
ha lo stesso vitale interesse: rovesciare il potere borghese. Lo slogan:
"Proletari di tutto il mondo, unitevi", introdotto da Marx ed Engels, rimane
quanto mai opportuno ed imperituro. Nella nostra epoca in cui il capitale si è
internazionalizzato assumendo forme superiori nei campi dell'economia e delle
alleanze sovranazionali ed interregionali, questo slogan assume una vitalità
ancora maggiore.
Tale principio adottato interamente nella pratica del Partito comunista, diviene
indistinguibile elemento di identità, costituisce una prova genuina ed
assicurazione di adempimento del Partito medesimo al suo ruolo
internazionalista. L'internazionalismo della classe lavoratrice,
l'internazionalismo del proletario, va ben oltre l'importanza per tutti i
partiti comunisti di lavorare singolarmente per l'unità internazionale della
classe lavoratrice e del suo movimento. Costituisce un vitale requisito
indispensabile per lo sviluppo dell'azione internazionalista di tutte le forze
popolari, per l'alleanza di tutte le forze anti-imperialiste a livello
planetario.
L'imperialismo ha continuamente vilipeso ed ha lottato contro
l'internazionalismo proletario con tutti i mezzi disponibili. Sarebbe stato ben
strano se non avesse agito, con maturità ed un acuto istinto di classe, in tal
modo. Il problema principale oggi non è cosa l'imperialismo stia facendo, ma
quale sia lo stato e le prospettive del movimento comunista. La
sottovalutazione, la negligenza e, in special modo, il rifiuto di adottare
un'azione internazionalista della classe lavoratrice costituisce oggi uno dei
sintomi più evidenti della mancanza di unità ideologica nel movimento comunista
e della sua crisi. Se questo problema non sarà affrontato, sarà elemento
decisivo nel perdurare della crisi. Allora, cosa deve esser fatto?
Allo stato attuale, il nostro Partito ha formulato la sua posizione riguardo la
necessità di coordinazione e sviluppo di azioni comuni su obiettivi
anti-imperialistici ed anti-monopolistici, promovendo sforzi nella politica di
alleanze. È ovvio che questo non è sufficiente. Il movimento comunista non deve
solo far i conti con i "mirabolanti" risultati della politica imperialista, o
con quelli che comunemente vengon chiamati i "grandi problemi immediati", quali
l'indigenza, la disoccupazione, la guerra, il terrorismo di stato, ecc. Questi
problemi non son null'altro che le aperte manifestazioni della strategia
dell'imperialismo. La riorganizzazione delle politiche capitaliste non sono una
mera prosecuzione delle politiche passate delle forze reazionarie ma costituisce
una necessità interna del sistema capitalista.
La lotta contro obiettivi anti-imperialistici ed anti-monopolistici può aiutare
a riconfigurare i rapporti di forza, a sviluppare una coscienza anticapitalista.
Occorrerebbe ovviamente a livello internazionale, rafforzare, in uno sforzo di
"metter insieme", lo spettro più largo possibile di forze popolari, movimenti e
forze politiche con prospettive ed orientamenti simili. Ciò non costituisce una
fase indipendente, separata della lotta del movimento, perché la contraddizione
tra gli individui, da un lato, ed i monopoli ed l'imperialismo, dall'altro, non
possono essere separate dalla contraddizione fondamentale tra capitale e lavoro.
In certe condizioni, questa lotta può contribuire al passaggio al socialismo;
questione che deve riguardare i partiti comunisti oggi e non in un lontano
futuro ed indipendentemente dal problema di quale paese o paesi matureranno per
primi le necessarie condizioni, cogliendo insomma in anticipo l'opportunità
della rivoluzione socialista.
Sotto questo aspetto è di vitale importanza per il movimento comunista studiare
le cause della vittoria della controrivoluzione nei paesi socialisti, analisi
dalla quale si posson trarre importanti lezioni e che può rendere il movimento
più maturo. Questo tema è connesso alle esperienze in corso nella costruzione e
nella difesa del socialismo oggi in alcuni paesi. Tali questioni non possono
esser chiarite attraverso riunioni regionali ed internazionali alla presenza dei
soli soggetti coinvolti discutendo aspetti di mero interesse immediato, o, men
che meno, attraverso mobilitazioni di massa, riunioni, conferenze, di più ampio
raggio, mettendosi, come suol dirsi, "temporaneamente insieme". Devono essere
invece oggetto di uno studio sistematico, multi-dimensionale e discussione tra i
partiti comunisti. Il nostro Partito attribuisce una grande importanza allo
sforzo di costruire per il movimento comunista internazionale un ruolo preciso,
distinto.
Un certo numero di partiti comunisti esprime l'opinione che, nelle attuali
condizioni, c'è sufficiente esperienza e che una presenza distinta ed una
collaborazione sistematica del partito comunista non sono richieste. Secondo
questa visione si ritengono sufficienti semplici scambi di opinioni ed
esperienze, ed azioni comuni solo su determinati problemi. Noi crediamo invece
che, per quanto sia importante lo scambio di esperienze, esso risulti secondario
ed inadeguato rispetto alla questione primaria e fondamentale di elaborare una
strategia comune contro l’imperialismo, nel percorso di lotta per il socialismo.
Questo problema si pone oggi con più forza che nel passato, visti i
significativi sviluppi che si sono verificati dai primi decenni del XX secolo.
Tutti gli stati capitalisti, indipendentemente dal livello di sviluppo della
loro economia, indipendentemente dal perdurare di relazioni pre-capitaliste,
indipendentemente dall’adesione ad una qualche unione sovrastatale
imperialistica, sono tutti, in un modo o nell'altro, inclusi nel sistema
imperialista internazionale. L’imperialismo, nonostante le contraddizioni
interimperialiste, ha una strategia comune.
Tenendo sempre a mente l’obiettivo di superare la crisi del movimento comunista,
occorre sviluppare una critica di quelle percezioni e pratiche che sottovalutano
il percorso di raggruppamento e la rinascita del movimento. Un Partito che
critica gli altri deve a sua volta essere aperto alla critica. Non devono essere
ammessi monopoli in questo senso.
E’ il metodo del Partito comunista della Grecia: attaccare pubblicamente,
soprattutto se provocato, quando si superano i limiti di una discussione
“amichevole”. In ogni caso preferiamo una critica cauta per evitare di offrire
munizioni al nemico. Abbiamo adottato una posizione chiara e continueremo in
questa strada verso i partiti comunisti ed i loro alleati che hanno intrapreso
il percorso della formazione del "Partito della Sinistra europea". Questa
formazione si basa su direttive dell'Unione europea espresse in merito alle
linee programmatiche ed i principi organizzativi dei cosiddetti "partiti
europei". In ogni caso, il problema non è solo questo. Di giorno in giorno è più
evidente che il "Partito della Sinistra europea" non solo esprime specifici
orientamenti ideologici, per esempio l'accettazione del processo di unificazione
capitalista, ma che è finalizzato ad un preciso obiettivo: innalzare barriere
non solo nel movimento di classe, ma, più in generale, tra qualsiasi alleanza di
forze anti-imperialistiche ed anti-monopolistiche.
Anche peggio, ha un ruolo interventista all'interno dei partiti comunisti,
utilizza strumenti di pressione per accettarli nel proprio seno come membri od
osservatori. La direzione del Partito della Sinistra Europea si spinge oltre:
per accettare un nuovo partito nelle sue fila, esige una dichiarazione di
condanna del così detto "stalinismo", termine sotto il quale si riuniscono tutte
le opinioni a loro avverse. Manovrano continuamente per raggruppare forze nuove
nel loro partito, modificano le loro posizioni nottetempo, per raggiungere i
requisiti indispensabili al riconoscimento del Parlamento europeo. Non è una
coincidenza che la formazione del Partito della Sinistra Europea abbia provocato
una spaccatura sostanziale all'interno dei partiti che hanno avuto un ruolo di
primo piano. Non esiste certo un accordo unanime nelle fila di quei partiti.
Questo è, naturalmente, un affare interno ad ogni partito ma, a nostro modo di
vedere, non possiamo restare in silenzio di fronte a certe scelte,
particolarmente quando queste forze fingono di essere nemiche giurate del potere
centrale. Occorre chiamar le cose con il loro nome. In ultima analisi, loro non
si oppongono all'esistenza di strutture unificate di per sé, ma si oppongono
all'azione comune dei partiti comunisti.
Un soggetto di discussione molto interessante è l'atteggiamento che i comunisti
dovrebbero adottare verso i movimenti e le strutture che fanno il loro ingresso
sulla scena internazionale, come i "Social Forum". A partire dalle mobilitazioni
militanti e di massa a Seattle, molte altre mobilitazioni internazionaliste
hanno avuto luogo in Europa, in America Latina, nel Sud-est asiatico: contro le
decisioni dei centri di potere imperialisti, contro la guerra, la povertà e la
disoccupazione. Da subito fu chiaro che queste mobilitazioni esprimevano
un'ondata di malcontento e di protesta. Il carattere di massa e l'orientamento
di queste manifestazioni fu determinato dalla partecipazione dei lavoratori
sindacalizzati, dal ruolo del movimento sindacale. Vi parteciparono una varietà
di organizzazioni e movimenti radicali. L'ampiezza delle manifestazioni non fu
limitata alle forze summenzionate. Sin dall'inizio, ma sempre di più col passar
del tempo, fecero il loro ingresso una molteplicità di tendenze non solo diverse
ma spesso diametralmente opposte: reazionarie, nazionaliste e anticomuniste.
Accogliemmo queste manifestazioni, nonostante il loro orientamento vago,
evidenziando le differenze tra le diverse tendenze rappresentate. Capimmo che la
lotta tra le varie correnti sarebbe stata dura ed il suo esito avrebbe
determinato o la nascita di un movimento radicale anti-imperialista ed
anti-monopolista oppure, se le forze conciliatrici avessero preso mano, il
declino del movimento nascente.
Questa è la ragione per cui non fummo d'accordo con le varie, a volte spontanee,
ma molto più spesso orchestrate, proposte per costringere questo multi-variegato
movimento ad una struttura unificata che si sarebbe configurata come centro di
potere. Come spesso accade in tali circostanze, non furono solo le forze
spontanee e popolari a prendervi parte, quelle non politicizzate, che vogliono
guadagnarsi coscienziosamente la loro esperienza politica. Sin da quando il
movimento raggiunse un certo grado di riconoscimento tra i lavoratori, forze
della social-democrazia, ma anche governative, opportuniste e forze
anticomuniste si infiltrarono nel movimento, pianificando attentamente di
guidare e forgiare il movimento secondo i propri interessi. La loro animosità
verso il movimento di classe e i partiti comunisti divenne immediatamente
manifesto. Imposero che i lavoratori lottassero all'interno di limiti
predeterminati.
Abbiamo preso parte a molte manifestazioni, partecipato a molti eventi in
solidarietà, presenziato riunioni separate dei partiti comunisti, sostenuto, per
quanto possibile, le forze radicali. Ma abbiamo rifiutato da subito di entrare
nelle strutture del Forum, non perché collettore di forze diverse, ma perché i
tentativi di omogeneizzazione del movimento hanno bollato sin dall'inizio la sua
attività. Esistono comprovate evidenze di questo, prove che abbiamo pubblicato
con dovizia di particolari sugli organi di stampa del Partito. Ai vertici del
Forum si combatte un'intensa battaglia per il controllo. È anche evidente che i
governi di varie potenze capitaliste sono ansiosi di utilizzare i movimenti a
supporto della competizione con gli Stati Uniti o altri centri di potere
imperialisti.
I "Forum", particolarmente in Europa stanno declinando. I soli momenti in cui
son riusciti ad esprimere un certo grado di dinamismo coincidono con l’assenza
di una leadership dall'alto, mossi dalla spinta, nei vari paesi, di
movimenti di opposizione alla politica del proprio governo ed a quella
statunitense.
C'è un importante insegnamento che può essere tratto dall'esperienza dei
movimenti che agiscono all'interno dei confini prescritti da politiche
sistematiche di assimilazione e controllo. Parecchi partiti comunisti credono
che partecipare a questi movimenti possa portare ad influenzarli dall'interno
per muovere in una direzione positiva. La nostra esperienza, specialmente in
Europa, dimostra precisamente l'opposto. Parliamo chiaramente della specifica
situazione. Partecipazione dall'interno non è sempre vantaggiosa per il
movimento. Talvolta aiuta. Vi sono infatti esperienze positive nel passato. Nel
caso specifico tuttavia la partecipazione è stata strumentalizzata per il
rafforzamento delle forze che mirano all’omogeneizzazione. Inoltre, dal momento
che queste forze politiche sono sostenute dai meccanismi afferenti alle
multinazionali ed ai governi, è ovvio che non desiderino sviluppare un movimento
anti-imperialista. Giudicando la composizione del Social Forum greco, crediamo
di esser nel giusto dicendo che un tale movimento non può avere autorità e non
offre garanzie, dal momento che vi partecipano le stesse forze politiche ed i
sindacati che hanno spianato la strada ed hanno, negli anni, favorito le
politiche di ristrutturazione del capitale. Crediamo di aver a che fare con
forze che utilizzano l’azione internazionalista, con slogan vaghi e discutibili,
per rendersi più accetti all'interno dei loro paesi.
Vari movimenti nascono e si sviluppano in molti paesi. Nuove organizzazioni ed
iniziative fanno la loro apparizione, vengono intraprese lotte di classe, hanno
luogo manifestazioni di solidarietà. Il problema è di evitare di ciondolarsi con
scelte senza futuro, che costituiscano ostacoli alle dinamiche del movimento,
ma, invece, sostenere iniziative che lavorano in direzione opposta, anche quando
funzionano con logica spontaneista. Partecipare o meno non dipende dall’essere
pienamente d’accordo con la loro visione, ma piuttosto nella verifica se vi è la
possibilità di far confluire insieme forze in una direzione militante e
radicale, accrescendo l’esperienza nell’azione comune. È tutt’altra questione
avere a che fare con una moltitudine di tendenze in un movimento che muove i
suoi primi passi piuttosto che inserirsi in un movimento “consolidato”. È vero
naturalmente che nelle regioni in cui il movimento è in ascesa, partecipano alle
attività del "Forum" varie forze militanti o individuali. Non è il caso
dell’Europa. Crediamo che questo problema dovrebbe essere oggetto di discussione
e di scambio d’esperienze. Occorre contribuire allo sviluppo di un fronte
potente, di massa e correttamente orientato, espressione dell'alleanza di forze
anti-imperialiste ed anti-monopolistiche. Questo è il dovere e la responsabilità
dei comunisti oggi.
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del CCDP
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