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 IL PARTITO DI CLASSE E INTERNAZIONALISTA

 

 

 

  Il dovere e la responsabilità dei comunisti oggi è contribuire allo sviluppo di un fronte potente, di massa nel più complessivo movimento antimperialista e antimonopolista

 

Contributo di Nikos Papakonstantinou, membro del Comitato Ideologico del Partito comunista della Grecia (KKE) e del Centro di Ricerca Marxista (Atene) alla III Conferenza Internazionale "Il lavoro di Karl Marx e le sfide del 21° secolo".
Avana, Cuba, 3-6 maggio 2006

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Il Partito comunista è l'avanguardia organizzata della classe operaia, il suo avamposto. Ciò costituisce la caratteristica fondamentale del "Partito di Nuovo Tipo" creato nella Russia zarista nel 1903, erede di precedenti esperienze di aggregazione dei lavoratori, Internazionale inclusa. La formazione del Partito comunista non fu un fenomeno esclusivamente russo. Nacque come "prodotto" dello sviluppo socio-economico del capitalismo, come necessità della classe operaia di avere un suo proprio partito. Questa necessità era stata predetta nelle teorie di Marx ed Engels. I fondatori del socialismo analizzarono, con metodo scientifico, i limiti storici del capitalismo ed il ruolo storico della classe operaia, in relazione alla necessità della rivoluzione socialista.

L'identità del Partito comunista come parte più consapevole della classe operaia non preclude la sua capacità di esprimere gli interessi di tutti i lavoratori, sia agendo autonomamente che attraverso una strategia di alleanze. Nelle file dei partiti comunisti non solo si trovano i migliori rappresentanti della classe operaia, ma anche quelli degli altri strati di popolazione, i suoi alleati sociali. Tutti i membri dei partiti comunisti, indipendentemente dalla loro origine e posizione di classe, lottano per il socialismo, sono inspirati e ne difendono la teoria scientifica. I principi organizzativi che guidano la formazione e l'azione del partito, i modi e i luoghi dove costruisce le sue organizzazioni, i criteri che governano la sua composizione di classe sono tutti determinati dagli interessi di classe che esprime.

L'ideologia borghese e la sua propaganda hanno concentrato i loro attacchi sul carattere del Partito comunista. Il suo istinto di classe ha provato di essere estremamente corretto e preciso. Nocivi sono stati e continuano ad esserlo gli attacchi revisionisti, di destra e "sinistra". Se studiamo nuovamente l'intero periodo di turbolente discussioni che precedettero la nascita del Partito, l'individuazione della base e dei principi, possiamo facilmente concludere che i Partiti comunisti sono nati da un'intransigente lotta contro l'opportunismo nelle file dell'allora social-democrazia. Senza questa lotta sarebbe stato impossibile creare un "Partito di Tipo Nuovo" in quel preciso momento, quando la necessità della rivoluzione socialista era giunta a maturazione.

Oggi, l'ideologia borghese e l'opportunismo hanno concentrato ancora una volta i loro attacchi sulla natura del partito, direttamente o indirettamente, con assalti frontali od obliqui, ponendo la questione se esista ancora una classe operaia oggi e, nell'ipotesi esista, se possa agire come forza rivoluzionaria. Nonostante vi siano differenze tra ideologia borghese ed opportunismo, si individuano importanti punti di convergenza: principalmente la falsificazione dei classici del Marxismo-Leninismo, riguardo a cosa occorra intendere come classe lavoratrice e quali criteri definiscano la struttura di classe in una società capitalista.

Sono continuamente ripetute false argomentazioni secondo cui Marx avrebbe identificato la classe lavoratrice con il lavoro manuale e l'assenza di istruzione. In base a queste "prospettive" la classe operaia sarebbe costituita solamente dal proletariato industriale oppure verrebbe identificata dal livello del suo reddito, dal grado di impoverimento o d'esclusione sociale. Loro hanno tutto l'interesse per individuare criteri oggettivi da cui derivare l'ampiezza e, soprattutto, il ruolo storico della classe operaia, in relazione alla proprietà dei mezzi di produzione, l'uso della forza-lavoro come merce, la produzione ed il realizzo di plusvalore. Fingono di non comprendere perché Marx distingueva, dal punto di vista del capitale, il lavoro produttivo dal lavoro non produttivo, così da poter escludere parti significative dalle fila della classe operaia. Promuovono, più intensamente che mai, l'irrazionale teoria che la posizione di classe è determinata dall'opinione che ognuno ha di sé, dal suo livello di coscienza e di comportamento politico.

Innumerevoli volte abbiamo sentito e letto che non esiste una classe operaia oggi, che non esiste un movimento di classe che sia rivoluzionario, perché i lavoratori non lottano per il solo pane, ma per i beni di lusso, come la seconda macchina o la seconda casa. È ovvio che non possono e non vogliono comprendere che vi siano elementi congiunturali di cui tener conto, quali l'attuale rapida crescita delle necessità umane. La teoria che vede la classe lavoratrice come consumista ed iperconsumista è vantaggiosa per la classe borghese ed il suo sistema, ed anche per gli opportunisti di tutti i generi. È vantaggioso per la classe borghese poiché permette di relegare la lotta di classe all'istanza più bassa, come mera richiesta di una minima redistribuzione. È vantaggioso per gli opportunisti, perché circoscrive la lotta di classe in termini di miglioramento minimo a cui la forza-lavoro può esser venduta.

Per stabilire l'appartenenza di classe, il Partito studia ed osserva gli sviluppi delle strutture di classe nella società, usando dati obiettivi e criteri leninisti. Segue da vicino i processi attraverso i quali altri strati di popolazione stanno avvicinandosi alla classe operaia.

La natura del Partito determina la sua politica organizzativa, i principi per la costruzione del partito, la distribuzione delle sue forze e dei suoi quadri. Il 16° ed il 17° Congresso del Partito comunista della Grecia hanno posto grande enfasi sul tema della concentrazione delle forze sul fronte della lotta, ovvero, nel movimento della classe lavoratrice. C'è stata una critica costruttiva in aree del Partito, perché i nostri passi in avanti non sono stati sufficienti e non hanno coperto l'intero spettro delle necessità odierne. Le difficoltà obiettive ed i nuovi problemi emersi non possono costituire un alibi.

Questo problema determinerà il nostro orientamento. Noi dovremo esser giudicati per come passiamo dalle parole ai fatti, principio fondamentale nel ruolo storico della classe operaia, da quanto saremo capaci nel definire misure organizzative coerenti con la nostra posizione, consapevoli che non può esistere una crescita stabile nel movimento senza un rilancio del movimento di classe, senza che la classe lavoratrice intraprenda iniziative per un'alleanza sociale con gli altri strati della popolazione ed i loro movimenti. Un fronte democratico anti-imperialistico, anti-monopolistico non può fondarsi semplicemente sulla base dei problemi delle masse, quanto su un'alleanza delle forze sociali.

Da quando la teoria marxista ha fatto la sua apparizione e fu propagata nelle fila della classe operaia con la formazione dei primi partiti politici, l'internazionalismo è divenuto un dogma fondamentale del movimento di classe. Scaturisce dalla consapevolezza che la classe operaia di tutti i paesi del mondo ha lo stesso vitale interesse: rovesciare il potere borghese. Lo slogan: "Proletari di tutto il mondo, unitevi", introdotto da Marx ed Engels, rimane quanto mai opportuno ed imperituro. Nella nostra epoca in cui il capitale si è internazionalizzato assumendo forme superiori nei campi dell'economia e delle alleanze sovranazionali ed interregionali, questo slogan assume una vitalità ancora maggiore.

Tale principio adottato interamente nella pratica del Partito comunista, diviene indistinguibile elemento di identità, costituisce una prova genuina ed assicurazione di adempimento del Partito medesimo al suo ruolo internazionalista. L'internazionalismo della classe lavoratrice, l'internazionalismo del proletario, va ben oltre l'importanza per tutti i partiti comunisti di lavorare singolarmente per l'unità internazionale della classe lavoratrice e del suo movimento. Costituisce un vitale requisito indispensabile per lo sviluppo dell'azione internazionalista di tutte le forze popolari, per l'alleanza di tutte le forze anti-imperialiste a livello planetario.

L'imperialismo ha continuamente vilipeso ed ha lottato contro l'internazionalismo proletario con tutti i mezzi disponibili. Sarebbe stato ben strano se non avesse agito, con maturità ed un acuto istinto di classe, in tal modo. Il problema principale oggi non è cosa l'imperialismo stia facendo, ma quale sia lo stato e le prospettive del movimento comunista. La sottovalutazione, la negligenza e, in special modo, il rifiuto di adottare un'azione internazionalista della classe lavoratrice costituisce oggi uno dei sintomi più evidenti della mancanza di unità ideologica nel movimento comunista e della sua crisi. Se questo problema non sarà affrontato, sarà elemento decisivo nel perdurare della crisi. Allora, cosa deve esser fatto?

Allo stato attuale, il nostro Partito ha formulato la sua posizione riguardo la necessità di coordinazione e sviluppo di azioni comuni su obiettivi anti-imperialistici ed anti-monopolistici, promovendo sforzi nella politica di alleanze. È ovvio che questo non è sufficiente. Il movimento comunista non deve solo far i conti con i "mirabolanti" risultati della politica imperialista, o con quelli che comunemente vengon chiamati i "grandi problemi immediati", quali l'indigenza, la disoccupazione, la guerra, il terrorismo di stato, ecc. Questi problemi non son null'altro che le aperte manifestazioni della strategia dell'imperialismo. La riorganizzazione delle politiche capitaliste non sono una mera prosecuzione delle politiche passate delle forze reazionarie ma costituisce una necessità interna del sistema capitalista.

La lotta contro obiettivi anti-imperialistici ed anti-monopolistici può aiutare a riconfigurare i rapporti di forza, a sviluppare una coscienza anticapitalista. Occorrerebbe ovviamente a livello internazionale, rafforzare, in uno sforzo di "metter insieme", lo spettro più largo possibile di forze popolari, movimenti e forze politiche con prospettive ed orientamenti simili. Ciò non costituisce una fase indipendente, separata della lotta del movimento, perché la contraddizione tra gli individui, da un lato, ed i monopoli ed l'imperialismo, dall'altro, non possono essere separate dalla contraddizione fondamentale tra capitale e lavoro. In certe condizioni, questa lotta può contribuire al passaggio al socialismo; questione che deve riguardare i partiti comunisti oggi e non in un lontano futuro ed indipendentemente dal problema di quale paese o paesi matureranno per primi le necessarie condizioni, cogliendo insomma in anticipo l'opportunità della rivoluzione socialista.

Sotto questo aspetto è di vitale importanza per il movimento comunista studiare le cause della vittoria della controrivoluzione nei paesi socialisti, analisi dalla quale si posson trarre importanti lezioni e che può rendere il movimento più maturo. Questo tema è connesso alle esperienze in corso nella costruzione e nella difesa del socialismo oggi in alcuni paesi. Tali questioni non possono esser chiarite attraverso riunioni regionali ed internazionali alla presenza dei soli soggetti coinvolti discutendo aspetti di mero interesse immediato, o, men che meno, attraverso mobilitazioni di massa, riunioni, conferenze, di più ampio raggio, mettendosi, come suol dirsi, "temporaneamente insieme". Devono essere invece oggetto di uno studio sistematico, multi-dimensionale e discussione tra i partiti comunisti. Il nostro Partito attribuisce una grande importanza allo sforzo di costruire per il movimento comunista internazionale un ruolo preciso, distinto.

Un certo numero di partiti comunisti esprime l'opinione che, nelle attuali condizioni, c'è sufficiente esperienza e che una presenza distinta ed una collaborazione sistematica del partito comunista non sono richieste. Secondo questa visione si ritengono sufficienti semplici scambi di opinioni ed esperienze, ed azioni comuni solo su determinati problemi. Noi crediamo invece che, per quanto sia importante lo scambio di esperienze, esso risulti secondario ed inadeguato rispetto alla questione primaria e fondamentale di elaborare una strategia comune contro l’imperialismo, nel percorso di lotta per il socialismo. Questo problema si pone oggi con più forza che nel passato, visti i significativi sviluppi che si sono verificati dai primi decenni del XX secolo. Tutti gli stati capitalisti, indipendentemente dal livello di sviluppo della loro economia, indipendentemente dal perdurare di relazioni pre-capitaliste, indipendentemente dall’adesione ad una qualche unione sovrastatale imperialistica, sono tutti, in un modo o nell'altro, inclusi nel sistema imperialista internazionale. L’imperialismo, nonostante le contraddizioni interimperialiste, ha una strategia comune.

Tenendo sempre a mente l’obiettivo di superare la crisi del movimento comunista, occorre sviluppare una critica di quelle percezioni e pratiche che sottovalutano il percorso di raggruppamento e la rinascita del movimento. Un Partito che critica gli altri deve a sua volta essere aperto alla critica. Non devono essere ammessi monopoli in questo senso.

E’ il metodo del Partito comunista della Grecia: attaccare pubblicamente, soprattutto se provocato, quando si superano i limiti di una discussione “amichevole”. In ogni caso preferiamo una critica cauta per evitare di offrire munizioni al nemico. Abbiamo adottato una posizione chiara e continueremo in questa strada verso i partiti comunisti ed i loro alleati che hanno intrapreso il percorso della formazione del "Partito della Sinistra europea". Questa formazione si basa su direttive dell'Unione europea espresse in merito alle linee programmatiche ed i principi organizzativi dei cosiddetti "partiti europei". In ogni caso, il problema non è solo questo. Di giorno in giorno è più evidente che il "Partito della Sinistra europea" non solo esprime specifici orientamenti ideologici, per esempio l'accettazione del processo di unificazione capitalista, ma che è finalizzato ad un preciso obiettivo: innalzare barriere non solo nel movimento di classe, ma, più in generale, tra qualsiasi alleanza di forze anti-imperialistiche ed anti-monopolistiche.

Anche peggio, ha un ruolo interventista all'interno dei partiti comunisti, utilizza strumenti di pressione per accettarli nel proprio seno come membri od osservatori. La direzione del Partito della Sinistra Europea si spinge oltre: per accettare un nuovo partito nelle sue fila, esige una dichiarazione di condanna del così detto "stalinismo", termine sotto il quale si riuniscono tutte le opinioni a loro avverse. Manovrano continuamente per raggruppare forze nuove nel loro partito, modificano le loro posizioni nottetempo, per raggiungere i requisiti indispensabili al riconoscimento del Parlamento europeo. Non è una coincidenza che la formazione del Partito della Sinistra Europea abbia provocato una spaccatura sostanziale all'interno dei partiti che hanno avuto un ruolo di primo piano. Non esiste certo un accordo unanime nelle fila di quei partiti. Questo è, naturalmente, un affare interno ad ogni partito ma, a nostro modo di vedere, non possiamo restare in silenzio di fronte a certe scelte, particolarmente quando queste forze fingono di essere nemiche giurate del potere centrale. Occorre chiamar le cose con il loro nome. In ultima analisi, loro non si oppongono all'esistenza di strutture unificate di per sé, ma si oppongono all'azione comune dei partiti comunisti.

Un soggetto di discussione molto interessante è l'atteggiamento che i comunisti dovrebbero adottare verso i movimenti e le strutture che fanno il loro ingresso sulla scena internazionale, come i "Social Forum". A partire dalle mobilitazioni militanti e di massa a Seattle, molte altre mobilitazioni internazionaliste hanno avuto luogo in Europa, in America Latina, nel Sud-est asiatico: contro le decisioni dei centri di potere imperialisti, contro la guerra, la povertà e la disoccupazione. Da subito fu chiaro che queste mobilitazioni esprimevano un'ondata di malcontento e di protesta. Il carattere di massa e l'orientamento di queste manifestazioni fu determinato dalla partecipazione dei lavoratori sindacalizzati, dal ruolo del movimento sindacale. Vi parteciparono una varietà di organizzazioni e movimenti radicali. L'ampiezza delle manifestazioni non fu limitata alle forze summenzionate. Sin dall'inizio, ma sempre di più col passar del tempo, fecero il loro ingresso una molteplicità di tendenze non solo diverse ma spesso diametralmente opposte: reazionarie, nazionaliste e anticomuniste.

Accogliemmo queste manifestazioni, nonostante il loro orientamento vago, evidenziando le differenze tra le diverse tendenze rappresentate. Capimmo che la lotta tra le varie correnti sarebbe stata dura ed il suo esito avrebbe determinato o la nascita di un movimento radicale anti-imperialista ed anti-monopolista oppure, se le forze conciliatrici avessero preso mano, il declino del movimento nascente.

Questa è la ragione per cui non fummo d'accordo con le varie, a volte spontanee, ma molto più spesso orchestrate, proposte per costringere questo multi-variegato movimento ad una struttura unificata che si sarebbe configurata come centro di potere. Come spesso accade in tali circostanze, non furono solo le forze spontanee e popolari a prendervi parte, quelle non politicizzate, che vogliono guadagnarsi coscienziosamente la loro esperienza politica. Sin da quando il movimento raggiunse un certo grado di riconoscimento tra i lavoratori, forze della social-democrazia, ma anche governative, opportuniste e forze anticomuniste si infiltrarono nel movimento, pianificando attentamente di guidare e forgiare il movimento secondo i propri interessi. La loro animosità verso il movimento di classe e i partiti comunisti divenne immediatamente manifesto. Imposero che i lavoratori lottassero all'interno di limiti predeterminati.

Abbiamo preso parte a molte manifestazioni, partecipato a molti eventi in solidarietà, presenziato riunioni separate dei partiti comunisti, sostenuto, per quanto possibile, le forze radicali. Ma abbiamo rifiutato da subito di entrare nelle strutture del Forum, non perché collettore di forze diverse, ma perché i tentativi di omogeneizzazione del movimento hanno bollato sin dall'inizio la sua attività. Esistono comprovate evidenze di questo, prove che abbiamo pubblicato con dovizia di particolari sugli organi di stampa del Partito. Ai vertici del Forum si combatte un'intensa battaglia per il controllo. È anche evidente che i governi di varie potenze capitaliste sono ansiosi di utilizzare i movimenti a supporto della competizione con gli Stati Uniti o altri centri di potere imperialisti.

I "Forum", particolarmente in Europa stanno declinando. I soli momenti in cui son riusciti ad esprimere un certo grado di dinamismo coincidono con l’assenza di una leadership dall'alto, mossi dalla spinta, nei vari paesi, di movimenti di opposizione alla politica del proprio governo ed a quella statunitense.

C'è un importante insegnamento che può essere tratto dall'esperienza dei movimenti che agiscono all'interno dei confini prescritti da politiche sistematiche di assimilazione e controllo. Parecchi partiti comunisti credono che partecipare a questi movimenti possa portare ad influenzarli dall'interno per muovere in una direzione positiva. La nostra esperienza, specialmente in Europa, dimostra precisamente l'opposto. Parliamo chiaramente della specifica situazione. Partecipazione dall'interno non è sempre vantaggiosa per il movimento. Talvolta aiuta. Vi sono infatti esperienze positive nel passato. Nel caso specifico tuttavia la partecipazione è stata strumentalizzata per il rafforzamento delle forze che mirano all’omogeneizzazione. Inoltre, dal momento che queste forze politiche sono sostenute dai meccanismi afferenti alle multinazionali ed ai governi, è ovvio che non desiderino sviluppare un movimento anti-imperialista. Giudicando la composizione del Social Forum greco, crediamo di esser nel giusto dicendo che un tale movimento non può avere autorità e non offre garanzie, dal momento che vi partecipano le stesse forze politiche ed i sindacati che hanno spianato la strada ed hanno, negli anni, favorito le politiche di ristrutturazione del capitale. Crediamo di aver a che fare con forze che utilizzano l’azione internazionalista, con slogan vaghi e discutibili, per rendersi più accetti all'interno dei loro paesi.

Vari movimenti nascono e si sviluppano in molti paesi. Nuove organizzazioni ed iniziative fanno la loro apparizione, vengono intraprese lotte di classe, hanno luogo manifestazioni di solidarietà. Il problema è di evitare di ciondolarsi con scelte senza futuro, che costituiscano ostacoli alle dinamiche del movimento, ma, invece, sostenere iniziative che lavorano in direzione opposta, anche quando funzionano con logica spontaneista. Partecipare o meno non dipende dall’essere pienamente d’accordo con la loro visione, ma piuttosto nella verifica se vi è la possibilità di far confluire insieme forze in una direzione militante e radicale, accrescendo l’esperienza nell’azione comune. È tutt’altra questione avere a che fare con una moltitudine di tendenze in un movimento che muove i suoi primi passi piuttosto che inserirsi in un movimento “consolidato”. È vero naturalmente che nelle regioni in cui il movimento è in ascesa, partecipano alle attività del "Forum" varie forze militanti o individuali. Non è il caso dell’Europa. Crediamo che questo problema dovrebbe essere oggetto di discussione e di scambio d’esperienze. Occorre contribuire allo sviluppo di un fronte potente, di massa e correttamente orientato, espressione dell'alleanza di forze anti-imperialiste ed anti-monopolistiche. Questo è il dovere e la responsabilità dei comunisti oggi.

 

Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del CCDP

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