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nr.5 - nuova serie - maggio 2002

m-l

QUANDO LO SFRUTTAMENTO DIVENTA ALIENAZIONE

Scheda: Palazzina LAF – il caso italiano classico del mobbing

Claudio Virtù: Palazzina Laf - mobbing: la violenza del padrone, Edizioni Archita, 2001

Per quanti abbiano dimenticato o non sappiano nulla sul caso-Laf e sul mobbing, di recente le Edizioni Archita hanno pensato bene di pubblicare un interessantissimo lavoro affinché si agevoli la diffusione e la comprensione di fatti accaduti ma già “dismessi” nel dimenticatoio. Ad una prima lettura del libro ci si accorge dell’attualità del testo, soprattutto in tema con le modifiche che il governo ultra-liberista di Berlusconi vuole apportare in materia di licenziamenti (art. 18) e diritti dell’intero mondo del lavoro.

 

Ø     “palazzina Laf”, universo concentrazionario dei padroni?

  La sigla Laf sta ad indicare l’ex Laminatoio a freddo, una palazzina presente all’interno dell’impianto siderurgico di proprietà della famiglia Riva, l’ILVA di Taranto: il più grande stabilimento siderurgico d’Europa, passato in mani private grazie alle concessioni e favori dei governi ‘europei’ del centro-sinistra, tra cui particolarmente quello di Prodi, con Dini ministro imparentato con il nuovo paròn genovese Emilio Riva, diventa un laboratorio di esclusione, emarginazione e supersfruttamento. E proprio qui, nel febbraio 1998, scoppia lo scandalo dei confinati nella struttura da allora denominata palazzina Laf, come ad evocare “campi” di tristi ricordi. E’ proprio qui che Riva confina circa una cinquantina di operai e impiegati, ai quali era stato imposto di lasciare ogni tipo di attività sindacale o accettare il declassamento del proprio livello raggiunto dopo anni di duro lavoro, in nome di una selvaggia riorganizzazione di sfruttamento della forza lavoro presente nello stabilimento siderurgico, con un incremento dei licenziamenti giustificati da presunti esuberi. Alla luce di quanto la Procura ha potuto ricostruire soprattutto sulla scorta di ciò che è emerso da una serie di testimonianze, quella palazzina  avrebbe rappresentato dunque una sorta di spauracchio per tutti quegli operai o impiegati che non avrebbero seguito gli ordini padronali. A far cosa? Nulla di nulla, in una progressiva distruzione psicologica e di autostima in sè che avrebbe portato più di qualcuno sull’orlo del suicidio e comunque in uno stato di pericolosa depressione.

A documentare la sofferenza e la prostrazione che hanno vissuto questi lavoratori c’è la parte centrale del libro, il racconto di Claudio Virtù, anch’esso confinato nella Laf, la cui lettura dimostra come la realtà a volte possa superare l’immaginazione. La testimonianza, il racconto-inchiesta di Claudio non solo lo rende vittima-protagonista, ma monito a quanti dipendenti a vari livelli e appartenenti a diverse categorie, sono costretti a vivere in condizioni di vessazione, non solo da parte dei padroni, ma addirittura dei propri colleghi. Il testo oltre a denunciare la leggerezza e la noncuranza delle azioni di Riva, che hanno minato irrimediabilmente la serenità di non pochi lavoratori, opera un’azione di denuncia della sottovalutazione e della negligenza da parte di organi ufficiali e della popolazione tarantina stessa! Ed è proprio la lettura di queste pagine che porta a sottolineare l’importanza della venuta a conoscenza da parte non solo degli operai dell’ILVA, ma da parte di ogni lavoratore dipendente; sì, proprio così, ogni lavoratore dovrebbe leggere queste pagine!

 

Ø     Mobbing=sfruttamento-alienazione?

 

Nella parte introduttiva del libro si può leggere:

  (..)  “L’utilizzo del termine anglosassone ‘mobbing’ (derivante dal verbo ‘to mob’, il cui significato è ‘accerchiare-aggredire’) non è certamente casuale: Konrad Lorenz, infatti, ricorse a tale espressione proprio per indicare il comportamento di quegli animali che, coalizzandosi contro un membro del gruppo, lo escludono dal branco ricorrendo con crescente frequenza ed aggressività ad atteggiamenti di vera e propria emarginazione.

Il primo studioso, invece, ad aver utilizzato l’espressione anche nel mondo del lavoro è stato lo svedese Heinz Leymann, il quale ha accostato la suddetta metodologia comportamentale, tipica, come prima detto, del mondo animale a quella particolare forma di terrore psicologico esercitata nei luoghi di lavoro.

Il dott. Harald Ege, altro autorevole studioso del fenomeno-mobbing (per averlo analizzato e testato clinicamente negli stati del Nord-Europa) è giunto a distinguere, all’interno dell’iter di manifestazione del mobbing, svariate fasi, ciascuna delle quali assume una propria rilevanza cronologica e causale nella produzione dell’evento dannoso al malcapitato lavoratore.”  (..)

 

La lettura di questo libro approfondisce sin nei dettagli il mobbing e la violenza dei padroni, ed oltre ad essere corredato dalle foto delle principali testate giornalistiche locali che hanno denunciato l’infamia dei padroni contiene un’appendice dove sono riportati tutti gli interventi legislativi prodotti per la denuncia legale della “mobbizzazione”: infatti il libro conferma, con dati alla mano, che di mobbing ci si può ammalare, anche gravemente, e che comunque si può far fronte, almeno parzialmente, con leggi che lo sanzionano come reato. Ma è solo la lotta di classe, organizzata e diretta da avanguardie coscienti, che potrà invertire la tendenza e trasformare la resistenza in controffensiva; giammai le filosofie concertative o l’opportunismo facile della generica solidarietà, o anche le vuote parole roboanti di chi ancora nella sinistra di classe si diletta ad abbaiare alla luna.

m-l (Michele Ludovico), aprile 2002


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