MOTIVARE LE AZIONI, MOBILITARE LE COSCIENZE, RICARICARE LE SPERANZE

Contributo al VI Congresso del PRC (Rimini, 3-6 marzo 2005)

L’orrore della guerra non può muovere da un’indignazione moralistica -  Berlusconi va sconfitto, ma va sconfitto con l’intelligenza di una politica chiara, che costituisca un effettivo avanzamento per le masse lavoratrici.  E’ ora di por termine alle abiure della storia dei comunisti: rifondazione dunque, non rimozione

 La mozione Essere comunisti indica, nella tesi 22, l’orizzonte socialista come immanente alla costruzione della pratica politica attuale. Crediamo sia un punto di forza necessario per riprendere con lena i compiti di una rifondazione comunista. Un obiettivo strategico che possa motivare ancora la militanza consapevole e convinta e superare le inevitabili asperità che la quotidianità del dominio capitalista e imperialista continuamente ci squaderna dinanzi. Il popolo della sinistra ha bisogno di unità ma nel contempo chiede una linea di prospettiva che dia senso all’azione consapevole di massa, che si cimenti con il valore della democrazia come sovranità partecipata e non delegata.   

-         L’orrore della guerra non può muovere da un’indignazione moralistica, nel rifugio assolutistico della non-violenza: e non perché l’espungere la violenza dalla storia non sia traguardo dei comunisti, che improntano la loro azione pratica alla ricerca della pace nella giustizia sociale; ma perché siamo chiamati a rendere ragione dei conflitti imperialistici e della violenza perpetrata a danno delle popolazioni diseredate, perché dobbiamo capire e sostenere la resistenza dei popoli, vivere come nostra la violenza nei confronti degli iracheni e dei palestinesi e dei curdi e del popolo ogoni e non trovare requie finchè, come affermò Guevara, la sofferenza di un qualsiasi popolo dominato non cessi definitivamente. Noi comunisti non possiamo rinunciare a questo: e non per mere questioni di identità ideologica, ma perché siamo chiamati a comprendere le cause strutturali dei conflitti e attivare una mobilitazione conseguente. Le relazioni internazionali del nostro partito devono maggiormente permettere una circolazione di informazioni ed esperienze utili tra forze e organizzazioni che si richiamano esplicitamente all’ideale socialista, senza paradossali conventio ad exludendum.

-         Berlusconi va sconfitto e va sconfitto con l’intelligenza della politica; ma il cancro del berlusconismo, una variante particolarmente eversiva dell’egemonia della grande borghesia monopolista e finanziaria,  non si estirperà con un gioco politicista, ma solo se si mette mano ai nodi strutturali della crisi capitalista. Per questo l’alleanza con le forze del centro-sinistra è possibile solo a condizione di disegnare un alto profilo programmatico: nessuna mediazione sulle politiche di guerra, centralità del salario e restringimento dello spazio per la rendita parassitaria, una reale riforma della scuola pubblica che metta al bando i tecnicismi dall’alto e venga disegnata anzittutto dai suoi soggetti primari, dirigenti scolastici, insegnanti, studenti, famiglie; invertire la tendenza alla precarizzazione dei rapporti di lavoro. Temi sui quali è possibile avviare una piattaforma comune con la sinistra alternativa, il sindacalismo di classe, i movimenti, piattaforma che renderebbe più forte la speranza di un accordo e dunque di un cambiamento effettivo delle politiche di un nuovo esecutivo in cui le sinistre non siano permanentemente in posizione subalterna. Un accordo a prescindere dai contenuti rischia di riprodurre pericolosamente la situazione del 1998, con l’aggravante di un PRC stretto maggiormente tra la sua implicazione e il rapporto con la sua base di riferimento.

-         E’ ora di por termine alle abiure: la storia dei comunisti è una storia di lotte per l’emancipazione delle classi lavoratrici e ne ha permesso un loro ingresso pieno nella storia del Novecento. Di quella storia noi facciamo parte e ne siamo figli. E’ una battaglia che sviluppiamo dalla scissione della Bolognina.  Ciclicamente facciamo la parte dei nostalgici e degli ortodossi, ma non è affatto così. Solo chi non recide le radici può aspirare a reali e concrete innovazioni: e la fase ci richiede tanta creatività e innovazione. Il nuovismo è un’altra cosa e, tra l’altro, nasconde vecchie teorie e prassi sconfitte. Noi comunisti italiani abbiamo poi una straordinaria capacità metodologica per la ricerca in chiave marxista critica: l’elaborazione e l’esperienza di Antonio Labriola e Antonio Gramsci; nonché il possente slancio rivoluzionario della Resistenza antifascista, e il patrimonio inestimabile della storia del PCI.  Luci ed ombre, ci vien detto: ma perché mai rinunciare ai propri strumenti analitici per indagare la propria storia? E allora: vogliamo far vivere, pulsare quelle luci nel presente, non farle diventare reperti di museo e consentire, specie alle nuove generazioni, una loro conoscenza e riattualizzazione politica?

-         Rifondazione dunque, non rimozione. Il partito che c’è e quello che vogliamo costruire: più democrazia dal basso e rappresentanze articolate sulle diverse posizioni; così si sconfigge il correntismo e l’eccessiva ‘balcanizzazione’, che minano alla base la necessaria unità nei gruppi dirigenti e dell’intero corpo militante. Ritrovare la virtù della sintesi unitaria e sconfiggere i vizi del leaderismo, del personalismo, del carrierismo. Un partito comunista che sappia formare i suoi quadri e radicalizzi le sue basi di massa. Quell’intellettuale collettivo, senza del quale, gramscianamente, non si «comprende» né si «sente» la spinta alla necessaria trasformazione rivoluzionaria.

 

Ferdinando Dubla, Taranto – Comitato Politico Regionale della Puglia



frame ©Lavoro Politico-Linea Rossa

vai all' index di Lavoro Politico nr.13    vai all'home Linea Rossa      scrivi alla redazione       webmaster