PER UNA FENOMENOLOGIA DEL "VENDOLISMO" |
Rred. pugliese Nuova Unità |
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Ci sono alcuni tratti della vittoria di Niki Vendola in Puglia che andrebbero analizzati con il rigore laico dell’analisi politica, senza farsi prendere né da euforie fuori luogo né da disfattismi inconcludenti. E’ indubbio che la vittoria è stata conquistata sulla speranza: la speranza di un cambiamento, di una trasformazione radicale dell’esistente dopo la troppo lunga notte della destra di Fitto al potere. La destra dei poteri forti, delle lobbies affaristiche, delle cricche politiche arroganti, del disprezzo delle istanze popolari (vedi lo sciagurato piano di riordino ospedaliero), del conflitto permanente nei confronti dei lavoratori precari, dell’assenza di misure atte allo sviluppo occupazionale ecc…
In Vendola dunque s’è concentrata l’aspettativa di molti per una sterzata vigorosa rispetto alle modalità autoreferenziali di un ceto politico chiuso nelle stanze del potere e sordo alle reali sofferenze materiali della popolazione pugliese. Ha giocato senz’altro la personalità di Vendola: l’immagine è stata quella di un personaggio nuovo, legato alle lotte, dalla forte personalità autonoma, coraggioso e spregiudicato. Una vittoria dunque di cui essere contenti, se non fosse che queste stesse ragioni, indagate con metro marxista, lasciano alquanto preoccupati. Una vittoria conquistata non con una politica, ma su un personaggio, non su un effettivo radicamento sociale, ma su un’immagine personale. Tant’è che contemporaneamente Rifondazione Comunista in Puglia non può dire di essere soddisfatta del proprio risultato, in flessione in voti assoluti e in percentuale. Ma non è questo il punto: in realtà il meccanismo che ha portato alla vittoria del centro-sinistra assomiglia molto a quello che in altre situazioni e in altri contesti porta, specie al Sud, alla vittoria del centro-destra. E’ il meccanismo della delega, del riporre speranze non in una partecipazione diretta, cosciente e responsabile, in uno sviluppo di una coscienza critica, in una reale demistificazione degli assetti del potere capitalistico e delle sue strutture riproduttive, ma piuttosto nel personaggio carismatico, forte, simpatico e vincente a cui rimandare la soluzione dei propri problemi come fossero problemi individuali e non collettivi. E’ uno dei drammi del Mezzogiorno questa depoliticizzazione costante della vita sociale, a cui Vendola forse tenterà di dare risposte più avanzate (anche se alcuni suoi atti, come concordare nella volontà di intitolare il nuovo aeroporto di Bari “Giovanni Paolo II” o gli omaggi sperticati al nuovo papa Ratzinger la dicono lunga sul messaggio di ‘rassicurazione ecumenica’) ma inficiate comunque dalle modalità stesse con cui è avvenuta la conquista delle fortune elettorali. Fortune che, basate appunto sulla caducità leaderistica, sono alterne e, come insegnava Machiavelli, non solo su di essa può basarsi la politica del “principe”, che rischia ad ogni istante di essere travolto dalle stesse speranze che aveva contribuito a stimolare. Se non che, per noi comunisti, cosa di buono potrà nascere dall’ennesima delusione di massa, semmai questa seguisse all’accesa speranza?
Ta, maggio 2005
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