Angiolo Gracci ('Gracco')
IMPERIALISMO USA, IMPERIALISMO EUROPEO, CROLLO DEI PAESI DELL’EST: ANALISI DELLA FASE
Relazione all’incontro-convegno
di Torino
18-19 novembre 2000
tra i compagni di “Nuova Unità”
e “Aginform”
Cari compagne e compagni,
1.1 vorrete giustificare se, data la straordinaria difficoltà di contenere entro sole quattro pagine i molteplici, amplissimi argomenti affidati a questa relazione, ho dovuto prolungarla di altre due.
1.2 Comunque è stato necessario, ma anche utile, dare al documento una impostazione di sintesi ragionata, su aspetti essenziali di queste fondamentali tematiche riconducibili, per altro e in ultima analisi, a una sola: l’epico scontro, nella fase storica attuale, tra la minoranza che, nel mondo si identifica nel sistema economico-politico-sociale dominante giunto alla sua massima evoluzione, il capitalismo imperialista, e la parte assolutamente prevalente dell’umanità che a quello tende ad opporsi spinta dall’insopprimibile esigenza di liberarsi dalle conseguenze sempre più negative di questo sistema. Esso, infatti, per insanalibi contraddizioni interne e limiti oggettivi, ricorre con crescente frequenza alla violenza organizzata per impedire, ovunque e a tutti i livelli, la valorizzazione, piena ed egualitaria, delle immense risorse umane che, invece, sfrutta brutalmente, umilia, ignora o distrugge.
1.3 E’ su questo sfondo epocale del processo evolutivo umano e nel conseguente specifico contesto storico-politico che si colloca il ruolo alternativo, antagonista e liberatorio della classe operaia, del proletariato e, per essi, del movimento comunista, avanguardia cosciente protesa, in ogni realtà nazionale e sul piano internazionale, nella lotta rivoluzionaria per strappare il potere dalle mani della borghesia capitalista-imperialista, per trasformare e dirigere la società in senso socialista nella prospettiva del comunismo. A tal fine l’avanguardia comunista vuole allargare al massimo gli orizzonti della democrazia economica e politica per fare di ogni essere umano un lavoratore consapevole capace di governare l’intera umanità nella pace e nel progresso.
1.4 Tenendo presente, infine, ciò che – come comunisti italiani – dobbiamo considerare nostro specifico compito, la relazione collegherà dialetticamente il fenomeno imperialista allo svolgersi della lotta di classe nel nostro Paese.
2.
L’IMPERIALISMO
USA
2.1 La fase storica che stiamo
attraversando è caratterizzata dall’egemonia globale (economico-tecnologica,
politico-militare, ideologico-culturale) raggiunta dalla superpotenza statunitense
uscita vincitrice, alla testa del campo capitalista, dal lungo ”braccio
di ferro” con il campo del cosiddetto “socialismo reale” di cui l’URSS,
contrapposta superpotenza, era stata fattore propulsivo e aggregante.
2.2 E’ un fatto che dopo
il “crollo del muro di Berlino” -metafora della sconfitta subita
dal fronte dei soggetti statuali che si erano richiamati formalmente
all’ideologia socialista- gli Stati Uniti d’America si sono imposti
come paese dominante per acquisito prestigio, capacità
di innovazione scientifico-tecnologica, potenzialità finanziaria
e produttiva, forza e presenza militare diffusa. Ed è indubbio che
gli Stati Uniti hanno storicamente legittimato questa raggiunta posizione
dominante dimostrando di essere gli unici ad avere una organica visione
e interpretazione degli interessi strategici della borghesia capitalista
su scala mondiale e, ovviamente e in primo luogo, della propria.
Per questo essi sono ancora riconosciuti, dall’insieme delle classi dirigenti
dei paesi del campo capitalista come il loro più autorevole punto
di riferimento, capace di interventi risolutori sia sul piano dell’ uso
della forza che delle mediazioni diplomatiche delle contraddizioni
internazionali.
2.3 In questo impeto espansivo
-volto a sfruttare, ai limiti del possibile, la conseguita vittoria sulla
tradizionale superpotenza avversaria e il relativo “campo” politico-ideologico-
l’imperialismo statunitense è entrato inevitabilmente in rotta
di collisione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite di cui,
per altro, Washington era stato a suo tempo principale
promotore. E’ per il metodico boicottaggio operato dall’amministrazione
statunitense che all’ O.N.U è stata impedita la possibilità
di costituire l’autonoma forza armata di dissuasione e intervento, esplicitamente
prevista dal suo statuto, e non gli è stato consentito neppure di
poter disporre di adeguate risorse finanziarie. Così,
nella pratica, nell’ambito dello scenario internazionale, si è verificato
l’arbitrario subentro dell’imperialismo statunitense in quello che
dovrebbe essere il ruolo istituzionale dell’O.N.U. , un ruolo che avrebbe
dovuto dispiegarsi positivamente nelle più pericolose aree
conflittuali del mondo per preservare la pace e dare aiuto alle popolazioni.
Invece, un numero crescente di popoli ha sofferto e soffre soggiacendo
all’offesa portata ai più elementari diritti umani, civili,
nazionali e internazionali. Tutto ciò è avvenuto anche per
l’azione oppressiva esercitata da paesi terzi, legati, in modo diretto
o indiretto, all’imperialismo statunitense. Testimonianza esemplare di
questa forma di oppressione e, per contro, dell’incoercibile bisogno di
liberazione della propria identità e indipendenza nazionale
è l’attuale lotta del popolo palestinese.
2.4 E’ il patto Atlantico
che, fin dall’immediato secondo dopoguerra e grazie al suo ormai
collaudatissimo strumento politico-militare, la NATO, costituisce la pietra
angolare “istituzionale” e, insieme, l’asse portante dell’intero schieramento
imperialista dei paesi dell’Occidente. Le rispettive borghesie capitaliste,
pur collaborando in modo più o meno conflittuale, con la superpotenza
d’Oltreoceano cercano, ognuna, di ritagliarsi nei vari continenti
spazi concorrenziali di proprio intervento e sfruttamento imperialista-subimperialista.
L’Italia -per l’eccezionale importanza geo-strategica della sua posizione
nel cuore del Mediterraneo, crocevia di tre continenti e attraversato,
per giunta, dalla rotta del petrolio- è, di questo schieramento,
il paese dove più saldamente si è inserita la superpotenza
statunitense esercitandovi, da oltre mezzo secolo, una organica presenza
e un controllo serrato sulla classe dirigente e i movimenti antagonisti,
in particolare su quello comunista. A tal fine, gli Stati Uniti non hanno
esitato a sperimentare e condurre per decenni una vera e propria
guerra non dichiarata terrorista-stragista, contro il nostro popolo (definita
nei loro manuali militari “guerra a bassa intensità”), e, per
vincerla, hanno utilizzato l’intero arco delle tradizionali forze della
reazione della Penisola: da quelle neo-fasciste alle massonico- piduiste,
da quelle facenti capo alle varie cupole politico-mafiose al Vaticano.
Per realizzare criminali piani di intrusiva destabilizzazione, le
centrali imperialiste statunitensi hanno corrotto e asservito i governi
italiani convincendoli a collaborare, sotto la copertura della NATO, nella
promozione perfino di vere e proprie strutture armate clandestine ed eversive.
In tal modo l’imperialismo USA ha portato a termine, con metodi moderni,
una vera e propria occupazione ottenendo, in pratica, l’uso politico-militare
totale del nostro territorio e il sostegno collaborazionista dell’intera
classe politica dirigente. Ciò ha richiesto una lotta senza esclusione
di colpi contro le avanguardie del proletariato e del popolo italiano;
una lotta cinicamente brutale che, per le sue dimensioni e implicazioni,
non ha precedenti nella pur drammatica storia nazionale
segnata da secoli di invasioni e predomini stranieri.
2.5 Consegue che compito
prioritario di noi comunisti italiani è quello di affrontare con
la determinazione e il coraggio necessari questa dura, concreta situazione
del Paese e di porci, ancora una volta, alla testa di un movimento generale
di liberazione, quali avanguardie di una classe chiamata a subentrare
al potere di una borghesia traditrice degli interessi nazionali e fuorilegge
rispetto alla stessa Costituzione nata dalla Resistenza. Conseguentemente,
noi comunisti italiani dobbiamo dimostrare di essere capaci di assumerci
questo compito storico, nazionale e di classe elaborando e organizzando
nei tempi dati - ma senza tergiversazioni, debolezze e rinvii opportunistici-
la nuova fase di lotta di liberazione e sviluppando progressivamente una
linea rivoluzionaria di massa antimperialista-anticapitalista. Questa deve
individuare, nel permanere delle basi USA e NATO sul territorio nazionale,
il principale ostacolo da rimuovere per consentire al proletariato e
alla classe operaia la ripresa della lotta per la trasformazione socialista
della società italiana. Questa lotta ricollegata e reinserita
nella continuità ideale e politica della Resistenza rivendica,
innanzitutto, il pieno raggiungimento di quei suoi obiettivi avanzati
che la Costituzione repubblicana aveva ampiamente recepito nei Principi
fondamentali, quali l’effettivo esercizio da parte del popolo del
potere sovrano, l’avvento dei lavoratori in tutte le istanze del
potere, il diritto al lavoro garantito a tutti i cittadini. La ripresa,
nelle nuove condizioni storiche, di questa grande lotta di liberazione
antimperialista, dovrà portare alla crisi e alla rottura trasversale
dello stesso fronte borghese distaccandone
sicuramente una notevole parte dei ceti medi ora da esso egemonizzati
e consentirà ai comunisti di riconquistare l’indispensabile prestigio
e la conseguente egemonia essenziali per svolgere un ruolo dirigente
sull’insieme delle masse subalterne.
3.
L’IMPERIALISMO EUROPEO
3.1 L’Europa è stata
la culla del capitalismo, della grande rivoluzione illuminista e liberal-democratica
borghese, del moderno imperialismo colonialista, dell’insorgenza comunarda
della grande rivoluzione proletaria sovietica, della controrivoluzione
fascista e della Resistenza anti-nazifascista. E’ in Europa che l’umanità
ha vissuto le sue esperienze storiche più incisive. Oggi le borghesie
capitaliste dei vari paesi del Vecchio continente , dalla Penisola
Iberica alla Russia, rese attente da tante tempestose vicende legate
al sorgere e progredire del proletariato, tendono a ricomporsi in una unità
che impedisca ulteriori disastrose lacerazioni e consenta loro, invece,
di fronteggiare, sul fronte interno, la pressione rivendicativa delle masse
subalterne e, sul fronte internazionale, l’incalzante pressione concorrenziale
del colosso statunitense che, centro del capitale monopolistico mondiale,
tende a imporre al mondo le proprie scelte e le proprie regole dietro la
seducente maschera della “globalizzazione” liberal-imperialista.
Il processo economico-politico
che ha portato alla nascita dell’Unione europea iniziò subito dopo
la 2° Guerra mondiale e, ancora una volta, sempre per la lungimirante
spinta degli Stati Uniti. Questi -usciti indenni e vincenti, sotto
ogni profilo, dall’immane conflitto- dimostrarono, infatti, di essere
i soli a possedere una pragmatica e coerente visione strategica
complessiva di classe e, pertanto, incoraggiarono con determinazione
la “nascita” di una nuova Europa unita in funzione di baluardo avanzato
e, nel contempo, di base d’attacco verso la conclamata, presunta,
minaccia sovietica.
3.2 Evolutasi la situazione,
le varie sezioni nazionali della borghesia europea, raggiunta l’unità
monetaria, puntano oggi, nonostante perduranti ritardi e oscillazioni,
all’unità politica e cercano di sottrarsi sempre più
marcatamente, anche se con prudenza e formale rispetto, al pervasivo
condizionamento esercitato dalla superpotenza d’Oltreoceano.
L’evidente intento è quello di porsi in grado di gestire
autonomamente i propri interessi non tanto nella loro
più tradizionale e vicina area di influenza, l’Africa,
quanto verso i nuovi amplissimi mercati dell’Est e in quelle, ancor
più seducenti, del medio, lontano ed estremo Oriente.
3.3 Luogo di potenziale
maggiore frizione tra i due poli imperialisti tende a diventare, con apparente
paradosso, la NATO, essendo questa la specifica sovrastruttura politico-militare
attraverso cui gli Stati Uniti avevano inteso e vorrebbero mantenere ancora
una posizione egemone sugli altri paesi del blocco capitalista-imperialista
coinvolgendoli e compromettendoli, di volta in volta, negli interventi
aggressivi nelle varie “aree di crisi”.
Davanti a queste tendenziali linee di sviluppo della politica imperialista
europea noi comunisti italiani dobbiamo evitare di assumere una posizione
di disinteresse, di sottovalutazione o di superficiale
giudizio di equivalenza. Tantomeno dobbiamo cadere nell’errore di
ridurre a identicità i due poli imperialisti, l’europeo
e lo statunitense, quali facce di una stessa medaglia. Certo
l’Unione europea che sta nascendo, quella di Maastricht, appare conforme
agli interessi delle grandi banche e dei gruppi industriali e monopolisti.
Ciò, però, deve stimolare noi comunisti e le avanguardie
autentiche di massa dei rispettivi paesi a contrapporsi attivamente, portando
avanti parole d’ordine che reclamino, invece, l’esigenza dell’avvento
dell’Europa dei popoli, con i lavoratori al posto di comando. D’altra parte,
è la stessa borghesia europea che, almeno dalla Rivoluzione
francese e nonostante tutto, ha messo in moto un sempre
più accelerato processo economico, civile e culturale di integrazione
unitaria dei popoli del Vecchio Continente. Nel nostro popolo, oltretutto,
anche per la diffusa memoria della grande e non lontana esperienza migratoria
sono maturati profondi sentimenti e speranze verso il processo di unificazione
europea, il tutto radicato su una prevalente base istintiva
che spinge a far desiderare e, addirittura, affrettare
questa unità politica.
Come comunisti dobbiamo assecondare e orientare questa aspirazione. Essa,
oltretutto, è potentemente alimentata dall’inconscio desiderio di
riuscire, in qualche modo, a liberarsi, in una Europa politicamente unita,
dal peso intollerabile che grava sulle classi subalterne per
i congeniti vizi della nostra classe politica dirigente italiana
(parassitismo, corruzione, demagogia, privilegio, inefficienza, litigiosità,
viltà). Nell’assecondare e per sviluppare in modo positivo questa
generale aspirazione popolare, noi comunisti dovremmo riuscire a
darle una impronta e contenuti razionali e politicamente qualificati
per far maturare, in luogo di un remissivo atteggiamento attendista
e fideistico, compatibile con gli interessi della borghesia- una
consapevolezza del ruolo di protagonisti che spetta ai proletari, ai lavoratori,
alle masse che devono sentirsi direttamente e responsabilmente chiamati
a intervenire e a caratterizzare quel medesimo processo unitario,
rendendosi visibili quali soggetti capaci di incidere, con tutta la loro
determinante forza contrattuale, nella elaborazione della prossima Costituzione
europea al fine concreto di vedervi chiaramente inseriti i propri diritti
con le relative garanzie e i conseguenti, indispensabili spazi di potere.
Nello stesso tempo noi comunisti italiani, agendo unitariamente con
gli altri comunisti degli altri paesi europei, dovremo
porre il comune obiettivo di liberare l’intera Europa dalla presenza,
dal controllo e dal condizionamento strategico-militare degli USA-NATO,
con la relativa imponente rete di comandi e basi militari,
denunciando che tale presenza e tale condizionamento rappresentano il maggiore
ostacolo per la realizzazione di una effettiva, fraterna e solidale
unità politico-istituzionale di tutti i popoli del vecchio
continente.
Questo ampio movimento rivendicativo,
su base nazionale e internazionalista, dovrebbe prendere motivata ispirazione
proprio dalla condanna politica e morale della recente aggressione
USA-NATO al popolo jugoslavo e dall’esplicita determinazione delle avanguardie
italiane ed europee di fare appello alla ribellione di massa per non
subire più analoghe future iniziative tutt’altro che imprevedibili.
4.
IL CROLLO DEI PAESI DELL’ EST
4.1 Per noi comunisti,
il cosiddetto “crollo dei paesi dell’Est” – provocato dal progressivo,
massiccio distacco tra partiti e masse che lo aveva immediatamente preceduto-
non è stato che l’ultimo e ineluttabile atto della traumatica conclusione
della parabola della grande esperienza storica iniziatasi, nel 1917, con
la Rivoluzione d’ottobre, la vittoria rivoluzionaria che aprì una
nuova epoca per l’umanità e con la prima realizzazione, nell’URSS,
del potere dei “consigli degli operai, dei contadini e dei soldati” .
4.2 Nel riflettere
su quel fallimento, i comunisti –che interpretano i fatti storici
col metodo dell’analisi materialista-scientifica- respingono
come errati i giudizi espressi col metodo idealistico, che si soddisfa
e si esaurisce nella ricerca delle responsabilità personali rifuggendo
deliberatamente, invece, dal leggere gli avvenimenti con la chiave
interpretativa classista .
4.3 E’ indubbio, tuttavia,
che - finchè persisterà su quel “crollo” l’assenza
di una larga e sistematica riflessione collettiva che, in ogni caso,
dovrebbe includere il contributo dell’analisi critica individuale-
il movimento comunista italiano non sarà in grado di
ricomporsi unitariamente nel nuovo Partito. Solo dopo aver
condotto compiutamente e con estremo rigore la ricerca e lo studio delle
cause di questo crollo -determinato inconfutabilmente soprattutto
da fattori interni- sarà possibile l’auspicata
ricomposizione ad unità dei comunisti e la riconquista,
nella classe e tra le masse popolari subalterne, dell’indispensabile nuova
credibilità politica, condizione fondamentale perché il
partito possa tornare ad esercitare, con la necessaria autorevolezza, il
ruolo di guida del rinnovamento rivoluzionario della società.
4.4 Nel perseguire il
pregiudiziale e irrinunciabile obiettivo di una completa analisi critico-autocritica,
i comunisti possono partire, tuttavia, da una difficilmente contestabile
certezza: quella crisi, quel crollo sono stati la conseguenza di
una lotta di classe perduta dal proletariato all’interno di quella
che avrebbe dovuto essere la sua stessa avanguardia , una sconfitta
del proletariato all’interno del suo Partito, anzi dei suoi Partiti
perchè interna all’intero movimento comunista organizzato
nell’Internazionale. Quindi e in primo luogo, non solo all’interno
del Partito che aveva aperto la strada alla Rivoluzione socialista, ma
anche, inscindibilmente, anche all’interno della stragrande maggioranza
degli altri partiti comunisti, incluso l’ italiano, rimasti
ad operare nei paesi retti dal sistema capitalista.
4.5 Inoltre, nell’intraprendere
quell’analisi critico-autocritica, noi comunisti italiani possiamo
trarre vantaggio da almeno altre due ragionevoli certezze. Queste
-espresse, a suo tempo, come ammonizione da colui che è stato e
resta nostro sicuro punto di riferimento quale massimo dirigente della
prima grande rivoluzione proletaria- sono state sottoposte e confermate,
con quel “crollo”, ad una incontestabile verifica storica acquisendo,
pertanto, il valore di esperienze di cui sarebbe suicida non tener
conto:
- La prima, ci ricorda che la rivoluzione non può essere esportata
sulla punta delle baionette;
- La seconda, ci esorta a tener conto che, mentre nei paesi industrialmente
arretrati è più facile fare la rivoluzione, ma è più
difficile realizzare il socialismo, all’opposto, nei paesi industrialmente
avanzati è più difficile fare la rivoluzione, ma più
facile costruire il socialismo.
4.6 Altre direzioni
su cui portare la nostra riflessione critico-autocritica sono:
- la ricerca
delle cause vere e profonde e della correttezza delle modalità che
portarono allo scioglimento dell’Internazionale comunista nel pieno corso
della 2° Guerra Mondiale; una ricerca da effettuare in connessione
a quella sulle ragioni che ne impedirono la ricostituzione a guerra
vittoriosamente conclusa;
- l’indagine materialista-scientifica
delle cause che portarono, nei partiti al potere, ai devianti fenomeni
del “culto della personalità” e della accumulazione di privilegi
per i quadri dirigenti, ciò in macroscopico contrasto
con i principi di modestia e di uguaglianza
che sono e debbono essere l’essenza della concezione della vita e
del comportamento dei comunisti;
- infine, la ricerca
delle cause delle violazioni dei principi e delle modalità
che avrebbero dovuto favorire, all’interno dei Partiti e della stessa Internazionale,
il libero esercizio di quella che Lenin aveva definito l’arma fondamentale
vincente nelle mani dei comunisti: l’uso sistematico e appropriato , appunto,
della critica e dell’autocritica.
E’ da queste violazioni che dobbiamo infatti ritenere essere derivate
almeno gran parte degli abusi e delle note degenerazioni verificatesi
nell’esercizio del potere amministrativo, repressivo e giudiziario.
4.7 A questo proposito
–sempre nel quadro delle iniziative politiche che noi comunisti italiani
dovremmo considerare funzionali alla ricostruzione del nuovo partito-
si pone all’ordine del giorno come doverosa e indilazionabile, anche se
tardiva, la questione del ricupero e della riabilitazione della memoria
dei compagni che militarono nel Partito comunista d’Italia e che,
emigrati o profughi nell’URSS durante la dittatura fascista, furono soppressi
-fino a prova contraria ingiustamente- nel corso delle varie ondate
epurative.
Non possiamo più oltre tollerare ,davanti alla nostra coscienza,
che la borghesia, nell’alludere, di quando, in quando a quei militanti,
ci mostri all’opinione pubblica, al popolo italiano e allo stesso proletariato,
nostra classe di vitale riferimento, come reticenti o, addirittura omertosi
nel “fare i conti col nostro passato” , un passato che, evidentemente,
non può che comprendere anche la sorte di quei nostri dimenticati
compagni.
Il nuovo partito comunista verso la cui costruzione tendiamo con
ogni nostra energia, dovrà essere un partito di militanti coraggiosi,
senza remore e complessi di colpa, amanti della verità, così
come Antonio Gramsci intese dovesse essere quello da
lui fondato, circa 80 anni or sono..
E’ questo, compagne e compagni, che contribuirà , fin dall’inizio,
a renderci politicamente, moralmente, strategicamente vincenti!
5. CONCLUSIONI DI SINTESI SULLA ANALISI DELLA FASE
5.1 L’imperialismo, quale dominio
del capitale finanziario consolidato e monopolistico, sta portando
la borghesia a superare i limiti di quella che, nella storia dell’umanità,
è stata l’epoca del suo sviluppo rivoluzionario.
Il capitale imperialista, infatti,
si caratterizza oggi, a livello mondiale, soprattutto come forza di violenta
intrusione, oppressione, sfruttamento, negazione della libertà
dei popoli e, parallelamente, di aberrante devastazione della natura e
di inquinamento dell’ambiente in cui vive l’umanità.
5.2 Le centrali dominanti dell’imperialismo
risiedono negli Stati Uniti d’America. Dimostrazione della forza raggiunta
dalla borghesia imperialista statunitense è la sua stessa capacità
di usare strumentalmente e apparentemente perfino contro sé stessa,
l’informazione democratica (films, stampa, ecc...) ingannando l’opinione
pubblica lasciando che i mass media rappresentino liberamente il suo potere
anche nei suoi aspetti più violenti, corruttori , cinici .
Anche negli altri paesi capitalisti
avanzati le borghesie si reggono saldamente al potere, mentre i popoli
del “terzo mondo” e le classi subalterne soffrono in modo crescente, dal
momento che, oltre tutto, il dominio imperialista genera sviluppi
distorti e incontrollabili diffondendo ed utilizzando forme di diffuso,
spietato parassitismo sociale, quali le mafie, la cui “cultura” si compenetra,
colludendo con quella dei medesimi ceti politici dirigenti, ai vari
livelli del potere.
5.3 Attualmente la borghesia,
sfruttando il successo riportato sul campo antagonista, consolidato
il proprio potere interno, si proietta nella competizione sul mercato
globale. Consolidano questa sua posizione la grande immigrazione
di forza lavoro dai paesi ex-socialisti e del “terzo mondo”. Questa,
mentre consente al capitale maggiori occasioni e ritmi di produzione
e di profitto, disorienta, divide e indebolisce ,soprattutto qui
in Europa, il proletariato metropolitano formatosi storicamente nei
vari paesi.
Nel presente, lo stesso
proletariato italiano vive sulla propria pelle il dramma del trovarsi,
improvvisamente, privo, soprattutto, di una qualsiasi praticabile alternativa,
di un possibile futuro orizzonte di liberazione, privo, soprattutto, di
una propria forza politica, organizzata e fedele capace di rappresentarlo
efficacemente e dare sufficienti garanzie di non degenerare, ancora una
volta, in forme di sostanziale tradimento.
Crollati l’URSS
e il campo di “socialismo reale”, il fronte ideologico-politico-militare
che, con i popoli oppressi e le classi e le masse subalterne si contrapponeva
da antagonista irriducibile a quello dell’imperialismo capitalista, è
restato come decapitato.
Il movimento comunista , già
organizzato nell’Internazionale e nei singoli paesi, si trova disperso
e disorientato. Buona parte del personale che costituiva i suoi apparati
dirigenti si è rapidamente integrato nello stesso mondo
della speculazione capitalista-imperialista-mafiosa che prima aveva detto
di combattere. Un’altra parte, di quello stesso personale - la maggioritaria,
si è riciclata trasformisticamente e con altrettanta rapidità,
in strutture partitiche di orientamento più o meno socialdemocratico
o, addirittura, neo-liberista. La vecchia, imponente base militante
si è disgregata frantumandosi in modeste frazioni politiche che,
pur mantenendo la denominazione di comuniste, agiscono a tentoni sostanzialmente
ai margini della grande lotta politica. Profondissima e particolarmente
grave è la diminuzione dell’attrazione che gli
ideali comunisti esercitavano tradizionalmente sulle masse giovanili. Carattere
generale che accomuna negativamente la polverizzazione del
movimento comunista è il sostanziale atteggiamento di minimizzazione
o, addirittura, rimozione dell’enorme trauma subito dal movimento operaio
a livello internazionale e nazionale.
Tuttavia, e proprio davanti
al medesimo movimento operaio, i comunisti, qualora intendano continuare
ad esserne e rappresentarne l’avanguardia, devono trovare la forza
e la coerenza politico-morale di riconoscere i propri errori, le
proprie responsabilità. La ricostruzione del nuovo partito comunista
pone noi militanti in netta, decisa controtendenza rispetto alla situazione
che abbiamo appena rappresentato con indispensabile, crudo realismo.
Per contro, una completa,
coraggiosa analisi critica di quel loro fallimento storico –cioè,
l’appropriato uso, fino in fondo, dell’arma ideologico-scientifica di cui
dobbiamo tornare a dimostrarci maestri- ci potrà consentire
di procedere sempre più speditamente verso l’avvenire, forti di
quelle stesse esperienze, indubbiamente dolorose, da cui, però,
possiamo trarre dialetticamente tutti quei preziosi insegnamenti che ci
consentiranno di riprendere, con sicurezza, la marcia in avanti verso la
vittoria della rivoluzione socialista.
vai all' index di Lavoro Politico nr.1 vai all'home Linea Rossa scrivi alla redazione webmaster