(a cura del prof. Gabriele Garavini)
Esercitazione di filosofia su Marx ed Hegel
Testo esercitazione
Dopo aver letto attentamente il brano tratto dall’Ideologia tedesca di Marx, senza procedere ad un commento integrale e letterale, rispondi
per iscritto alle seguenti questioni; chiarisci inoltre lo sviluppo dell’argomentazione facendo ampio riferimento al testo
1) Articola nei suoi concetti fondamentali la Teoria della storia di Marx, utilizzando anche esempi storiograficamente corretti
2) Mostra in quali aspetti in questo brano Marx è ancora legato a Hegel e dove invece lo critica e lo supera
3) Spiega se il corso della storia dalla morte di Marx a oggi abbia seguito o meno le sue previsioni, portando casi e fenomeni reali a
sostegno
4) Conduci un’argomentazione di valutazione personale intorno alla concezione materialistica della storia, mostrando se vi è o meno
qualche elemento che possa essere ritenuto utile e/o valido tuttora
Il brano preso in considerazione è tratto da:
K. Marx, "L'ideologia tedesca"
Gli uomini e la produzione
I presupposti da cui partiamo non sono arbitrari, non sono dogmi: sono presupposti reali, dai quali si può astrarre solo nell’immaginazione. Essi
sono gli individui reali, la loro azione e le loro condizioni materiali di vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti quanto quelle prodotte
dalla loro stessa azione. Questi presupposti sono dunque constatabili per via puramente empirica.
Il primo presupposto di tutta la storia umana è naturalmente l’esistenza di individui umani viventi. Il primo dato di fatto da constatare è dunque
l’organizzazione fisica di questi individui e il loro rapporto, che ne consegue, verso il resto della natura. Qui naturalmente non possiamo
addentrarci nell’esame né della costituzione fisica dell’uomo stesso, né delle condizioni naturali trovate dagli uomini, come le condizioni
geologiche, oro-idrografiche, climatiche, e così via. Ogni storiografia deve prendere le mosse da queste basi naturali e dalle modifiche da esse
subite nel corso della storia per l’azione degli uomini.
Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi
dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza, un progresso che è condizionato dalla loro organizzazione fisica.
Producendo i loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro vita materiale.
Il modo in cui gli uomini producono i loro mezzi di sussistenza dipende prima di tutto dalla natura dei mezzi di sussistenza che essi trovano e che
debbono riprodurre. Questo modo di produzione non si deve giudicare solo in quanto è la riproduzione dell’esistenza fisica degli individui; anzi,
esso è già un modo determinato dell’attività di questi individui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono coincide dunque con la
loro produzione, tanto con ciò che producono quanto nel modo che producono. Ciò che gli individui sono dipende dunque dalle condizioni
materiali della loro produzione.
Il fatto è dunque il seguente: individui determinato che svolgono una attività produttiva secondo un modo determinato entrano in questi
determinati rapporti sociali e politici. In ogni singolo caso l’osservazione empirica deve mostrare empiricamente e senza alcuna mistificazione e
speculazione il legame fra l’organizzazione sociale e politica e la produzione. L’organizzazione sociale e lo Stato risultano costantemente dal
processo della vita di individui determinati; ma di questi individui, non quali possono apparire nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali
sono realmente, cioè come operano e producono materialmente, e dunque agiscono fra limiti e presupposti e condizioni materiali determinate e
indipendenti dal loro arbitrio.
Struttura e sovrastruttura
La produzione delle idee, delle rappresentazioni della coscienza, è in primo luogo direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni
materiali degli uomini, linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui ancora come
emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale, quale essa si manifesta nel
linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica, ecc. di un popolo. Sono gli uomini i produttori delle loro
rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti così come sono condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e
dalle relazioni che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall'essere
cosciente e l’essere degli uomini è il processo reale della loro vita. Se nell'intera ideologia gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in
una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva
dal loro immediato processo fisico.
Esattamente all'opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte
da ciò che gli uomini dicono, si immagino, si rappresentano, né da ciò che si dice, si pensa, si immagina, si rappresenta che siano, per arrivare da
qui agli uomini vivi; ma si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si spiega anche lo sviluppo dei
riflessi e degli echi ideologici di questo processo di vita. Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell'uomo sono
necessariamente sublimazioni del processo materiale della toro vita, empiricamente constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza
la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica e le forme di coscienza che ad esse corrispondono non conservano oltre la
parvenza dell'autonomia. Esse non hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro
relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non e la coscienza che
determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di giudicare si parte dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo
modo che corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si considera la coscienza soltanto come la loro coscienza.
Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai presupposti reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi
presupposti sono gli uomini, non in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo, reale ed empiricamente
constatabile, sotto condizioni determinate. Non appena viene rappresentato questo processo di vita attivo, la storia cessa di essere una raccolta
di fatti morti come negli empiristi che sono anch'essi astratti, o un’azione immaginaria di soggetti immaginari, come negli idealisti.
Là dove cessa la speculazione, nella vita reale, comincia dunque la scienza reale e positiva, la rappresentazione dell'attività pratica, del processo
pratico di sviluppo degli uomini. Cadono le frasi sulla coscienza e al loro posto deve subentrare il sapere reale. Con la rappresentazione della
realtà la filosofia autonoma perde i suoi mezzi d'esistenza. Al suo posto può tutt'al più subentrare una sintesi dei risultati più generali che è
possibile astrarre dall'esame dello sviluppo storico degli uomini. Di per sé, separate dalla storia reale, queste astrazioni non hanno assolutamente
valore. Esse possono servire soltanto a facilitare l'ordinamento del materiale storico, a indicare la successione dei suoi singoli strati. Ma non
danno affatto, come la filosofia, una ricetta o uno schema sui quali si possono ritagliare e sistemare le epoche storiche. La difficoltà comincia, al
contrario, quando ci si dà allo studio e all’ordinamento del materiale sia di un'epoca passata che del presente, a esporlo realmente. Il
superamento di queste difficoltà è condizionato da presupposti che non possono affatto essere enunciati in questa sede, ma che risultano
soltanto dallo studio del processo reale della vita e dell'azione degli individui di ciascuna epoca.
Ideologia e classi
Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale e dominante della società è in pari
tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo dei mezzi
della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione
intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi
come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio.
Gli individui che compongono la classe dominante posseggono fra l'altro anche la coscienza ,e quindi pensano; in quanto dominano come classe
e determinano l'intero ambito di un'epoca storica è evidente che essi lo fanno in tutta la loro estensione e quindi fra l'altro dominano anche come
pensanti, come produttori di idee che regolano la produzione e distribuzione delle idee del loro tempo; è dunque evidente che le loro idee sono le
idee dominanti dell'epoca Per esempio: in un periodo e in un paese in cui potere monarchico, aristocrazia e borghesia lottano per il potere, il quale
quindi è diviso, appare come idea dominante la dottrina della divisione dei poteri, dottrina che allora viene enunciata come "legge eterna".
La divisione del lavoro che abbiamo già visto come una delle forze principali della storia finora trascorsa, si manifesta anche nella classe
dominante come divisione del lavoro intellettuale e manuale, cosicché all'interno di questa casse una parte si presenta costituita dai pensatori
della classe (i suoi ideologi attivi, concettivi, i quali dell'elaborazione dell'illusione di questa classe su se stessa fanno il loro mestiere principale),
mentre gli altri nei confronti di queste idee e di queste illusioni hanno un atteggiamento più passivo e più ricettivo, giacché in realtà sono i
membri attivi dì questa classe e hanno meno tempo di farsi delle idee e delle illusioni su se stessi. All'interno di questa classe questa scissione
può addirittura svilupparsi fino a creare fra le due parti una certa opposizione e una certa ostilità, che tuttavia cade da sé se sopraggiunge una
collisione pratica che metta in pericolo la classe stessa: allora si dilegua anche la parvenza che le idee dominanti non siano le idee della classe
dominante e abbiano un potere distinto dal potere di questa classe. L'esistenza di idee rivoluzionarie in una determinata epoca presuppone già
l’esistenza di una classe rivoluzionaria […]
Se ora nel considerare il corso della storia si svincolano le idee della classe dominante dalla classe dominante e si rendono autonome, se ci si
limita a dire che in un' epoca hanno dominato queste o quelle idee, senza preoccuparsi delle condizioni della produzione e dei produttori di
queste idee, e se quindi si ignorano gli individui e le situazioni del mondo che stanno alla base di queste idee, allora si potrà dire per esempio che
al tempo in cui dominava l'aristocrazia dominavano i concetti di onore, di fedeltà, ecc., e che durante il dominio della borghesia dominavano i
concetti di libertà, di uguaglianza, ecc. Queste sono, in complesso, le immaginazioni della stessa classe dominante. Questa concezione della
storia che è comune a tutti gli storici, particolarmente a partire dal diciottesimo secolo, deve urtare necessariamente contro il fenomeno che
dominano idee sempre più astratte, cioè idee che assumono sempre più la forma dell'universalità. Infatti ogni classe che prenda il posto di
un'altra che ha dominato prima è costretta, non fosse che per raggiungere il suo scopo, a rappresentare il suo interesse come interesse comune
di tutti i membri della società, ossia, per esprimerci in forma idealistica, a dare alle proprie idee la forma dell'universalità, a rappresentarle come le
sole razionali e universalmente valide. La classe rivoluzionaria si presenta senz'altro, per il solo fatto che si contrappone a una classe non come
classe ma come rappresentante dell’intera società, appare come l’intera massa della società di contro all’unica classe dominante. Ciò le è
possibile perché in realtà all’inizio il suo interesse è ancora più legato all’interesse comune di tutte le altre classi non dominanti, e sotto la
pressione dei rapporti fino allora esistenti non si è ancora potuto sviluppare come interesse particolare di una classe particolare. La sua vittoria
giova perciò anche a molti individui delle altre classi che non giungono al dominio, ma solo in quanto pone questi individui in condizione di
ascendere nella classe dominante. Quando la borghesia francese rovesciò il dominio dell'aristocrazia, con ciò rese possibile a molti proletari di
innalzarsi al di sopra del proletariato, ma solo in quanto essi diventarono borghesi. Quindi ogni nuova classe non fa che porre il suo dominio su
una base più larga della precedente, per la qual cosa anche l’opposizione delle classi non dominanti contro quella ora dominante si sviluppa più
tardi con tanto maggiore asprezza e profondità. Queste due circostanze fanno sì che la lotta da condurre contro questa nuova classe dominante
tende a sua volta a una negazione della situazione sociale esistente più decisa e più radicale di quanto fosse possibile a tutte le classi che
precedentemente avevano aspirato al dominio.
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