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nr.2 - nuova serie - giugno 2001

Federico Giusti

(Associazione comunista 'Pianeta Futuro' - Pisa)

Analisi della fase. Vittoria delle destre e prospettive dei comunisti


Una riflessione dopo i risultati elettorali del 13 maggio. La società italiana e più in generale quella europea stanno subendo i contraccolpi dell' americanizzazione delle ideologie dei comportamenti e dei valori. I comunisti e la ricostruzione del blocco sociale


Come previsto, la coalizione di destra e centrodestra ha vinto le elezioni politiche conquistando una maggioranza schiacciante alla Camera e al Senato. Da una parte escono ridimensionati la Lega (dal 1994 ad oggi ha perso oltre il 60% dei voti) e Alleanza Nazionale (rispettivamente avranno 47 e 142 tra senatori e deputati guadagnati soprattutto con il maggioritario), dall’altra i DS sono al minimo storico e vedono ridotto il margine che li separa dalla Margherita(attorno a cui si coagulano apologeti del federalismo nel nord est, banchieri come Dini popolari, trasformisti e qualche politicante dei centri sociali). Se i Comunisti Italiani avranno 9 deputati e tre senatori nonostante un risultato elettorale che li condanna ad un’ inevitabile confluenza nei Ds, Rifondazione da sola e contro tutti porta a casa un risultato accettabile (5%) superiore ai neo democristiani di Democrazia Europea, alleati con il Centrodestra ai ballottaggi delle Amministrative nonostante le promesse di Andreotti e Zecchino, e alla lista giustizialista di Di Pietro.

I nuovi chierici (stampa, televisione, intellettuali cortigiani) si sono scatenati come non mai negli attacchi al PRC e a Bertinotti, riproponendo quella personalizzazione della politica in sintonia con la società dello spettacolo e i salotti televisivi divenuti il solo ambito di confronto politico e istituzionale. Moretti è l’esempio emblematico di questa tracotanza intellettuale che negli ultimi anni mai è andata oltre la chiacchiera e il mugugno anche quando le vicende politiche avrebbero richiesto un atteggiamento rigoroso e  non omologato ai poteri dominanti (la polemica post elettorale è servita come pubblicità in vista di Cannes). Che una parte consistente della stampa sia organicamente schierata con l’Ulivo è ormai a tutti noto,  come anche il sostegno accordato al centrosinistra dal vecchio capitalismo che prima  ha sostenuto la concertazione per favorire l’ingresso in Europa, oggi invece guarda al centrodestra sperando nella contrazione dei salari e delle pensioni.

Il Vaticano, nonostante la genuflessione giubilare di Rutelli e di Amato, simpatizza per Berlusconi e rincara la dose attorno alle polemiche dei mesi scorsi su eutanasia, aborto, diritti agli omosessuali e alle minoranze in generale, clonazione e la cosiddetta parità scolastica, dai preti intesa come stravolgimento della scuola pubblica a favore di quella privata. In Emilia con la Legge Rivola, nelle Regioni governate dal centro destra con analoghi provvedimenti, è stato favorito il finanziamento delle scuole confessionali con soldi pubblici, ma non bisogna dimenticare che tutto ciò è stato possibile grazie allo stravolgimento del sistema scolastico ed educativo operato dai ministri dell’Ulivo Berlinguer e De Mauro. La società italiana e più in generale quella europea stanno subendo i contraccolpi di quella americanizzazione delle ideologie dei comportamenti e dei valori, dove la Chiesa spinge per ridurre i diritti individuali e collettivi facendo leva su un rinnovato fondamentalismo religioso, che in una società appiattita sul Dio mercato e priva di valori diventa il solo baluardo per contrastare (non per distruggere badate bene) il consumismo.

 La ripartizione tra le tre sfere, economia, politica, ideologia-cultura , su cui si costruisce la società capitalistica, deve considerare sempre il punto di partenza e di arrivo dell’analisi marxiana, ossia il modo di produzione capitalistico. In caso contrario ci limiteremo solo agli aspetti parziali  volendo per di più elevarli ad interpretazione della realtà,in balia di allarmismi e di schematismi. Se guardiamo all’Italia e all’Inghilterra le due coalizioni elettorali fanno a gara per interpretare meglio di dettami capitalistici, mossi come sono dalla tutela di interessi particolari propri dei ceti dominanti che la sinistra e il centrosinistra non contrastano ormai da decenni (anzi li  tutelano)

 Negli ultimi anni si è confuso lo Stato con il Governo, la Costituzione è stata piegata alle esigenze di governabilità e stravolta nelle sue linee essenziali, un processo profondo  di revisione istituzionale è in corso in tutta Europa. L’anomalia italiana costituita da Berlusconi presenta alcune caratteristiche proprie legate alla sopravvivenza di vecchi ceti politici e istituzionali, ma la presenza di Forza Italia nell’Internazionale Popolare dovrebbe far riflettere sugli allarmismi interessati provenienti da alcuni settori intellettuali e politici, anche se rimane inquietante la presenza di ideologie xenofobe e razziste che rimangono patrimonio genetico di quelle culture (la sinistra invece non ha più nulla da difendere se non i propri posti di potere).

Chi sono i dominanti e chi sono i dominati? Quali sono le strategie economiche e politiche dei dominanti? Senza rispondere a queste domande saremo subalterni al centro sinistra e non daremo alcun contributo all’antagonismo sociale e politico. Innanzitutto il dominio degli Usa è un dominio imperialistico e non imperiale, secondo la definizione propriamente leninista, caratterizzato dal legame stretto tra la sfera economica e quella militare , l’allargamento degli spazi mercantili con rinnovata competizione tra i principali oligopoli, l’intrecciarsi di strategie imprenditoriali con politiche aggressive verso l’esterno, al fine di rafforzare il controllo Usa. L’Ue nonostante le prospettive di esercito unificato e nonostante una intraprendenza tecnico industriale in campo militare e tecnologico deve ancora recuperare un ritardo considerevole all’interno di una competizione intercapitalistica dove il Giappone si  è indebolito in favore della Cina, con la Russia ridotta al rango di un paese in crisi con situazioni debitorie al limite del collasso.

Sullo sfondo di questi scenari, vanno modificandosi gli assetti interni ad alcuni paesi capitalistici, di conseguenza appaiono in movimento equilibri ed assetti politici. In Italia il sostegno alla coalizione di destra-centrodestra si spiega anche con la richiesta di una maggiore libertà di licenziamento e di sfruttamento intensivo della forza lavoro, con il centrosinistra  che negli ultimi anni ha rappresentato da una parte gli interessi di Maastricht, dall’altra ha cercato di legittimarsi in area moderata (esaltando all’occorrenza il lavoro autonomo, le forze di polizia, i padroni della new economy), imbarcando residuati del pentapartito e schierandosi sempre in termini subalterni agli Usa (Balcani, Africa, Medioriente) o al grande capitale nazionale (rottamazione e sgravi fiscali alle imprese Fiat, processi di privatizzazione che per numero e dimensioni vedono l’Italia tra i paesi più attivi, ristrutturazione di importanti settori come quello dei trasporti e delle telecomunicazioni, solo per citare gli esempi più importanti).

 Se il linguaggio e le politiche del centrosinistra miravano solo a guadagnare favori in ambito moderato, il tradizionale consenso veniva eroso da una costante perdita di voti, dalla gestione delle Giunte locali dove diffusi sono fenomeni di lottizzazione del potere e di sperpero dei denari pubblici per favorire aree dirigenziali e personale politico. Pensate ai Ds che in quattro anni hanno perso un milione e settecentocinquantamila voti, ai verdi con l’elettorato dimezzato

I due partiti comunisti vedono il Pdci conservare gli stessi consensi del 1999, RC ne guadagna invece oltre 500 mila, dopo una perdita secca rispetto al 1996, quando i due partiti insieme avevano 3 milioni e duecentomila consensi, ossia oltre 700 mila in più di quelli conquistati oggi . Se Rc guadagna al proporzionale perde alle Amministrative, sia che corra da sola sia unitamente all’Ulivo. Globalmente le forze di provenienza socialdemocratica e riformista perdono voti e consensi,i comunisti subiscono la campagna denigratoria e diffamante contro la loro teoria e storia orchestrata da case editoriali e giornali della sinistra al fine di cancellare il ruolo del Pci e dell’antagonismo sociale e politico.

Forza Italia acquista dal 1996 al 2001 circa tre milioni di voti, AN ne perde un milione e 400 mila, la Lega Nord oltre 2 milioni e 300 mila.

 Su questi dati occorre avviare una riflessione meno approssimativa, vuoi perché Fi si presenta come la Dc nel 1948 seppure in scenari internazionali modificati, sia perché il voto moderato si dimostra assai sensibile verso alcune parole d’ordine che Berlusconi riesce a cavalcare con facilità (sicurezza, flessibilità, meritocrazia riduzione delle tasse, meno stato), parole d’ordine che fatte proprie dall’Ulivo, come dimostrano testi di legge e scelte politiche degli ultimi anni.

I comunisti non hanno avuto un progetto di cambiamento della realtà, non sono riusciti a costruire una opposizione sociale al neoliberismo e alla deriva corporativa e consociativa del sindacato confederale con la Cgil divenuto a tutti gli effetti sindacato governativo che conclude accordi di categoria al di sotto della inflazione reale .

La coalizione di centrosinistra da anni diffonde atteggiamenti e culture con le quali ha spianato la strada alla vittoria elettorale e politica delle destre,la sconfitta ha origini lontane. Oggi occorre ridefinire una strategia dove le posizioni nazionali e locali non siano dettate da tatticismi e da opportunismi di varia natura, il richiamo alla sinistra è non solo un tema obsoleto ma anche improduttivo sotto l’aspetto prettamente elettorale visto che quella sinistra di cui molti straparlano oggi non esiste più, né come blocco sociale né come zoccolo duro elettorale (aree un tempo “rosse” votano a destra, le aree operaie nel 1996 sostennero la Lega Nord oggi si dividono tra l’Ulivo e FI mentre numerosi giovani si schierano a destra), né riesce a coagulare consensi attorno ad ipotesi neoriformiste del tutto assenti nei programmi di Blair, Schroeder, D’Alema e Rutelli (previdenza integrativa, fondi pensioni gestiti dal capitale finanziario, escludere i lavoratori dai processi decisionali nei servizi favorendo associazioni di utenti e consumatori dove si potranno scatenare lobby e poteri forti, per promuovere l’internalizzazione, la crescita della industria e del capitalismo italiano. La flessibilità per il programma dell’Ulivo è un bene solo se trasformata in rapporto stabile, basta istituzionalizzare la precarietà e il part time al posto del full time). Ora in tutta sincerità non possiamo cedere ai ricatti della sinistra e dell’unità contro le destre, consapevoli dell’uso che avrebbero fatto dei voti comunisti per tutelare interessi antitetici a quelli delle classi popolari.

 I comunisti debbono decidere autonomamente, lavorando innanzitutto per ricostruire un blocco sociale formato da immigrati, disoccupati, lavoratori, precari e figure colpite dai processi di ristrutturazione, un lavoro di massa richiede scelte coraggiose in campo sindacale e politico, una lettura di classe dei processi in atto scegliendo sempre gli interessi da tutelare. Perseverare in alleanze con l’Ulivo è non solo improduttivo ma anche sotto l’aspetto elettorale, perché regaliamo metropoli e città ad una gestione amministrativa moderata dove si stravolgono i piani regolatori e i quartieri popolari, dove la cementificazione e la svendita dei patrimoni pubblici rispondono ai dettami di Maastricht ( i risultati della presenza nella Giunta Rutelli rimangono negativi perché da lì è nato il processo di svendita del patrimonio pubblico, dalle società comunali alle case popolari, in quella Amministrazione abbiamo sperimentato quella cultura neopapalina che ha fatto ritirare il patrocinio al Gay pride e a molte iniziative culturali e sociali nelle aree popolari). Oggi più che mai bisogna interrogarsi sulle forme organizzative e sulle prospettive strategiche iniziando contemporaneamente quel lavoro di massa di cui si parla spesso in termini approssimativi e senza cognizione di causa.

Quali sono i blocchi sociali dai quali ripartire? Quali sono le strategie per riconquistare consensi in settori popolari dove la spettacolarizzazione della politica favorisce il bonapartismo delle destre oggi cometa vittoria di Prodi ieri?

Infine, pensiamo a costruire una organizzazione politica in grado di superare il deficit democratico proprio dei partiti comunisti, senza cadere in astratti movimentismi che favoriscono la visibilità mass mediologia a discapito del radicamento sociale e di una prospettiva di cambiamento reale della società. Non esistono ipotesi precostituite sulla forma partito, anche se sappiamo che annullandola o riducendola all’impotenza non si costruiscono processi di trasformazione dell’esistente, le ipotesi come i cantieri sociali o dei coordinamenti a rete non sciolgono quel nodo organizzativo senza cui è impossibile costruire una opposizione seria e duratura

A queste domande, tutti senza esclusione alcuna, dovremo fornire risposte convincenti e adeguate pratiche politiche, consapevoli dell’unità di teoria e processi organizzativi, pena la nostra residualità e sconfitta in ogni sfera dell’agire sociale. Andiamo quindi a costruire un convegno su forma partito, blocchi sociali e modernità del conflitto, rilanciando contemporaneamente una presenza attiva e propositiva nei quartieri e nelle realtà sociali.


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