Federico Giusti
(Associazione comunista 'Pianeta Futuro' - Pisa)
Analisi
della fase. Vittoria delle destre e prospettive dei comunisti
Come
previsto, la coalizione di destra e centrodestra ha vinto le elezioni politiche
conquistando una maggioranza schiacciante alla Camera e al Senato. Da una parte
escono ridimensionati la Lega (dal 1994 ad oggi ha perso oltre il 60% dei voti)
e Alleanza Nazionale (rispettivamente avranno 47 e 142 tra senatori e deputati
guadagnati soprattutto con il maggioritario), dall’altra i DS sono al minimo
storico e vedono ridotto il margine che li separa dalla Margherita(attorno a cui
si coagulano apologeti del federalismo nel nord est, banchieri come Dini
popolari, trasformisti e qualche politicante dei centri sociali). Se i Comunisti
Italiani avranno 9 deputati e tre senatori nonostante un risultato elettorale
che li condanna ad un’ inevitabile confluenza nei Ds, Rifondazione da sola e
contro tutti porta a casa un risultato accettabile (5%) superiore ai neo
democristiani di Democrazia Europea, alleati con il Centrodestra ai ballottaggi
delle Amministrative nonostante le promesse di Andreotti e Zecchino, e alla
lista giustizialista di Di Pietro.
I
nuovi chierici (stampa, televisione, intellettuali cortigiani) si sono scatenati
come non mai negli attacchi al PRC e a Bertinotti, riproponendo quella
personalizzazione della politica in sintonia con la società dello spettacolo e
i salotti televisivi divenuti il solo ambito di confronto politico e
istituzionale. Moretti è l’esempio emblematico di questa tracotanza
intellettuale che negli ultimi anni mai è andata oltre la chiacchiera e il
mugugno anche quando le vicende politiche avrebbero richiesto un atteggiamento
rigoroso e non omologato ai poteri dominanti (la polemica post
elettorale è servita come pubblicità in vista di Cannes). Che una parte
consistente della stampa sia organicamente schierata con l’Ulivo è ormai a
tutti noto, come anche il sostegno
accordato al centrosinistra dal vecchio capitalismo che prima ha sostenuto la concertazione per favorire l’ingresso in
Europa, oggi invece guarda al centrodestra sperando nella contrazione dei salari
e delle pensioni.
Il
Vaticano, nonostante la genuflessione giubilare di Rutelli e di Amato,
simpatizza per Berlusconi e rincara la dose attorno alle polemiche dei mesi
scorsi su eutanasia, aborto, diritti agli omosessuali e alle minoranze in
generale, clonazione e la cosiddetta parità scolastica, dai preti intesa come
stravolgimento della scuola pubblica a favore di quella privata. In Emilia con
la Legge Rivola, nelle Regioni governate dal centro destra con analoghi
provvedimenti, è stato favorito il finanziamento delle scuole confessionali con
soldi pubblici, ma non bisogna dimenticare che tutto ciò è stato possibile
grazie allo stravolgimento del sistema scolastico ed educativo operato dai
ministri dell’Ulivo Berlinguer e De Mauro. La società italiana e più in
generale quella europea stanno subendo i contraccolpi di quella
americanizzazione delle ideologie dei comportamenti e dei valori, dove la Chiesa
spinge per ridurre i diritti individuali e collettivi facendo leva su un
rinnovato fondamentalismo religioso, che in una società appiattita sul Dio
mercato e priva di valori diventa il solo baluardo per contrastare (non per
distruggere badate bene) il consumismo.
La ripartizione tra le tre sfere, economia, politica,
ideologia-cultura , su cui si costruisce la società capitalistica, deve
considerare sempre il punto di partenza e di arrivo dell’analisi marxiana,
ossia il modo di produzione capitalistico. In caso contrario ci limiteremo solo
agli aspetti parziali volendo per
di più elevarli ad interpretazione della realtà,in balia di allarmismi e di
schematismi. Se guardiamo all’Italia e all’Inghilterra le due coalizioni
elettorali fanno a gara per interpretare meglio di dettami capitalistici, mossi
come sono dalla tutela di interessi particolari propri dei ceti dominanti che la
sinistra e il centrosinistra non contrastano ormai da decenni (anzi li
tutelano)
Negli ultimi anni si è confuso lo Stato con il Governo, la
Costituzione è stata piegata alle esigenze di governabilità e stravolta nelle
sue linee essenziali, un processo profondo
di revisione istituzionale è in corso in tutta Europa. L’anomalia
italiana costituita da Berlusconi presenta alcune caratteristiche proprie legate
alla sopravvivenza di vecchi ceti politici e istituzionali, ma la presenza di
Forza Italia nell’Internazionale Popolare dovrebbe far riflettere sugli
allarmismi interessati provenienti da alcuni settori intellettuali e politici,
anche se rimane inquietante la presenza di ideologie xenofobe e razziste che
rimangono patrimonio genetico di quelle culture (la sinistra invece non ha più
nulla da difendere se non i propri posti di potere).
Chi
sono i dominanti e chi sono i dominati? Quali sono le strategie economiche e
politiche dei dominanti? Senza rispondere a queste domande saremo subalterni al
centro sinistra e non daremo alcun contributo all’antagonismo sociale e
politico. Innanzitutto il dominio degli Usa è un dominio imperialistico e non
imperiale, secondo la definizione propriamente leninista, caratterizzato dal
legame stretto tra la sfera economica e quella militare , l’allargamento degli
spazi mercantili con rinnovata competizione tra i principali oligopoli,
l’intrecciarsi di strategie imprenditoriali con politiche aggressive verso
l’esterno, al fine di rafforzare il controllo Usa. L’Ue nonostante le
prospettive di esercito unificato e nonostante una intraprendenza tecnico
industriale in campo militare e tecnologico deve ancora recuperare un ritardo
considerevole all’interno di una competizione intercapitalistica dove il
Giappone si è indebolito in favore della Cina, con la Russia ridotta al
rango di un paese in crisi con situazioni debitorie al limite del collasso.
Sullo
sfondo di questi scenari, vanno modificandosi gli assetti interni ad alcuni
paesi capitalistici, di conseguenza appaiono in movimento equilibri ed assetti
politici. In Italia il sostegno alla coalizione di destra-centrodestra si spiega
anche con la richiesta di una maggiore libertà di licenziamento e di
sfruttamento intensivo della forza lavoro, con il centrosinistra
che negli ultimi anni ha rappresentato da una parte gli interessi di
Maastricht, dall’altra ha cercato di legittimarsi in area moderata (esaltando
all’occorrenza il lavoro autonomo, le forze di polizia, i padroni della new
economy), imbarcando residuati del pentapartito e schierandosi sempre in termini
subalterni agli Usa (Balcani, Africa, Medioriente) o al grande capitale
nazionale (rottamazione e sgravi fiscali alle imprese Fiat, processi di
privatizzazione che per numero e dimensioni vedono l’Italia tra i paesi più
attivi, ristrutturazione di importanti settori come quello dei trasporti e delle
telecomunicazioni, solo per citare gli esempi più importanti).
Se il linguaggio e le politiche del centrosinistra miravano
solo a guadagnare favori in ambito moderato, il tradizionale consenso veniva
eroso da una costante perdita di voti, dalla gestione delle Giunte locali dove
diffusi sono fenomeni di lottizzazione del potere e di sperpero dei denari
pubblici per favorire aree dirigenziali e personale politico. Pensate ai Ds che
in quattro anni hanno perso un milione e settecentocinquantamila voti, ai verdi
con l’elettorato dimezzato
I
due partiti comunisti vedono il Pdci conservare gli stessi consensi del 1999, RC
ne guadagna invece oltre 500 mila, dopo una perdita secca rispetto al 1996,
quando i due partiti insieme avevano 3 milioni e duecentomila consensi, ossia
oltre 700 mila in più di quelli conquistati oggi . Se Rc guadagna al
proporzionale perde alle Amministrative, sia che corra da sola sia unitamente
all’Ulivo. Globalmente le forze di provenienza socialdemocratica e riformista
perdono voti e consensi,i comunisti subiscono la campagna denigratoria e
diffamante contro la loro teoria e storia orchestrata da case editoriali e
giornali della sinistra al fine di cancellare il ruolo del Pci e
dell’antagonismo sociale e politico.
Forza
Italia acquista dal 1996 al 2001 circa tre milioni di voti, AN ne perde un
milione e 400 mila, la Lega Nord oltre 2 milioni e 300 mila.
Su questi dati occorre avviare una riflessione meno
approssimativa, vuoi perché Fi si presenta come la Dc nel 1948 seppure in
scenari internazionali modificati, sia perché il voto moderato si dimostra
assai sensibile verso alcune parole d’ordine che Berlusconi riesce a cavalcare
con facilità (sicurezza, flessibilità, meritocrazia riduzione delle tasse,
meno stato), parole d’ordine che fatte proprie dall’Ulivo, come dimostrano
testi di legge e scelte politiche degli ultimi anni.
I
comunisti non hanno avuto un progetto di cambiamento della realtà, non sono
riusciti a costruire una opposizione sociale al neoliberismo e alla deriva
corporativa e consociativa del sindacato confederale con la Cgil divenuto a
tutti gli effetti sindacato governativo che conclude accordi di categoria al di
sotto della inflazione reale .
La
coalizione di centrosinistra da anni diffonde atteggiamenti e culture con le
quali ha spianato la strada alla vittoria elettorale e politica delle destre,la
sconfitta ha origini lontane. Oggi occorre ridefinire una strategia dove le
posizioni nazionali e locali non siano dettate da tatticismi e da opportunismi
di varia natura, il richiamo alla sinistra è non solo un tema obsoleto ma anche
improduttivo sotto l’aspetto prettamente elettorale visto che quella sinistra
di cui molti straparlano oggi non esiste più, né come blocco sociale né come
zoccolo duro elettorale (aree un tempo “rosse” votano a destra, le aree
operaie nel 1996 sostennero la Lega Nord oggi si dividono tra l’Ulivo e FI
mentre numerosi giovani si schierano a destra), né riesce a coagulare consensi
attorno ad ipotesi neoriformiste del tutto assenti nei programmi di Blair,
Schroeder, D’Alema e Rutelli (previdenza integrativa, fondi pensioni gestiti
dal capitale finanziario, escludere i lavoratori dai processi decisionali nei
servizi favorendo associazioni di utenti e consumatori dove si potranno
scatenare lobby e poteri forti, per promuovere l’internalizzazione, la
crescita della industria e del capitalismo italiano. La flessibilità per il
programma dell’Ulivo è un bene solo se trasformata in rapporto stabile, basta
istituzionalizzare la precarietà e il part time al posto del full time). Ora in
tutta sincerità non possiamo cedere ai ricatti della sinistra e dell’unità
contro le destre, consapevoli dell’uso che avrebbero fatto dei voti comunisti
per tutelare interessi antitetici a quelli delle classi popolari.
I comunisti debbono decidere autonomamente, lavorando
innanzitutto per ricostruire un blocco sociale formato da immigrati,
disoccupati, lavoratori, precari e figure colpite dai processi di
ristrutturazione, un lavoro di massa richiede scelte coraggiose in campo
sindacale e politico, una lettura di classe dei processi in atto scegliendo
sempre gli interessi da tutelare. Perseverare in alleanze con l’Ulivo è non
solo improduttivo ma anche sotto l’aspetto elettorale, perché regaliamo
metropoli e città ad una gestione amministrativa moderata dove si stravolgono i
piani regolatori e i quartieri popolari, dove la cementificazione e la svendita
dei patrimoni pubblici rispondono ai dettami di Maastricht ( i risultati della
presenza nella Giunta Rutelli rimangono negativi perché da lì è nato il
processo di svendita del patrimonio pubblico, dalle società comunali alle case
popolari, in quella Amministrazione abbiamo sperimentato quella cultura
neopapalina che ha fatto ritirare il patrocinio al Gay pride e a molte
iniziative culturali e sociali nelle aree popolari). Oggi più che mai bisogna
interrogarsi sulle forme organizzative e sulle prospettive strategiche iniziando
contemporaneamente quel lavoro di massa di cui si parla spesso in termini
approssimativi e senza cognizione di causa.
Quali
sono i blocchi sociali dai quali ripartire? Quali sono le strategie per
riconquistare consensi in settori popolari dove la spettacolarizzazione della
politica favorisce il bonapartismo delle destre oggi cometa vittoria di Prodi
ieri?
Infine,
pensiamo a costruire una organizzazione politica in grado di superare il deficit
democratico proprio dei partiti comunisti, senza cadere in astratti movimentismi
che favoriscono la visibilità mass mediologia a discapito del radicamento
sociale e di una prospettiva di cambiamento reale della società. Non esistono
ipotesi precostituite sulla forma partito, anche se sappiamo che annullandola o
riducendola all’impotenza non si costruiscono processi di trasformazione
dell’esistente, le ipotesi come i cantieri sociali o dei coordinamenti a rete
non sciolgono quel nodo organizzativo senza cui è impossibile costruire una
opposizione seria e duratura
A
queste domande, tutti senza esclusione alcuna, dovremo fornire risposte
convincenti e adeguate pratiche politiche, consapevoli dell’unità di teoria e
processi organizzativi, pena la nostra residualità e sconfitta in ogni sfera
dell’agire sociale. Andiamo quindi a costruire un convegno su forma partito,
blocchi sociali e modernità del conflitto, rilanciando contemporaneamente una
presenza attiva e propositiva nei quartieri e nelle realtà sociali.
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