Aldo Serafini
Nel
130° anniversario della Comune di Parigi, primo governo rivoluzionario della
classe operaia
da Bollettino ADS Firenze nr.2/2001
Ricorre
quest’anno il 130° anniversario (1871-2001) della Comune di Parigi, quel
grande avvenimento rivoluzionario che vide i proletari parigini “dare
l’assalto al cielo” e istituire, per la prima volta nella storia, la loro
dittatura di classe. Un avvenimento che, pur breve nella sua durata (72 giorni,
dal 18 marzo al 28 maggio 1871), fu straordinariamente carico di avvenire per il
movimento operaio internazionale.
Questa mia introduzione al dibattito non vuol essere una celebrazione retorica di quegli eventi, ma si propone di analizzare alcuni aspetti e momenti fondamentali di quella grande esperienza politica, cercando di metterne in evidenza gli insegnamenti ancora attuali.
Qualche
brevissimo cenno storico è, tuttavia, necessario per inquadrare gli
avvenimenti. Dopo la sconfitta subita a Sedan dalle truppe di Napoleone III ad
opera delle truppe prussiane, il 4 settembre 1870 viene proclamata a Parigi la
repubblica: è il crollo del II Impero. La capitale francese viene cinta
d’assedio dai soldati prussiani e il 28 gennaio 1871 Parigi, sfinita dalla
fame capitola. Viene eletta un’Assemblea Nazionale, composta quasi
esclusivamente da rappresentanti della borghesia, e capo del governo diventa
Adolfo Thiers (quel “nano mostruoso”, come lo chiamerà Marx).
Il
3 marzo avviene un fatto che avrà importanza decisiva nel seguito degli
avvenimenti: viene costituitala Federazione repubblicana della Guardia
Nazionale, una milizia popolare armata, eletta direttamente dalle masse.Per la
borghesia francese si pone un imperativo immediatp: disarmare quella milizia
operaia e popolare.Il Governo chiede alla Guardia Nazionale la consegna dei
pezzi di artiglieria: è una vera provocazione, perché quei cannoni erano stati
acquistati dalle guardie nazionali con una sottoscrizione popolare.
La
Guardia Nazionale reagisce con la massima risolutezza: forte del suo buon
diritto, non si fa disarmare, rifiuta di consegnare i cannoni. Il 18 marzo, in
uno scontro a Montmartre fra guardie nazionali e truppe regolari, due generali
vengono giustiziati dai loro stessi soldati, il governo borghese
abbandona Parigi, fugge a Versailles, e l’Hotel de Ville viene occupato
dal Comitato Centrale della Guardia Nazionale, che innalza sul municipio
parigino non il tricolore francese, ma la bandiera rossa.
Dopo l’elezione del Consiglio della Comune con il voto favorevole di 230.000 elettori, il 28 marzo 1871 viene proclamata la Comune di Parigi.
Queste
osservazioni ci aiutano a ricordare che classe operaia non è qualcosa di
immobile:essa varia e si trasforma continuamente nel corso della storia, in
stretta relazione con le trasformazioni tecniche ed organizzative del modo di
produzione capitalistico; ma, contrariamente a quanto vogliono far credere i
borghesi, il suo rapporto con il capitale è sempre lo stesso: in qualsiasi
forma (manifatturiera, prefordista, fordista, toyotista) avvenga lo sfruttamento
della classe operaia, è questa la sua natura di classe sfruttata attraverso il
prelievo del plusvalore che fonda, oggi come ieri, la sua natura di classe
rivoluzionaria.
Quali
furono le strutture di potere?
5)
Come in tutte esperienze rivoluzionarie, anche in seno alla Comune si
sviluppò la lotta delle tendenze politiche. Nel suo seno erano presenti
neogiacobini come Delescluze, che si rifacevano al modello robespierrista della
Rivoluzione francese; blanquisti come Eudes e Rigault; proudhoniani come Malon e
Varlin.I blanquisti erano socialisti per puro istinto rivoluzionario; i
proudhoniani furono i più attivo nel promuovere le misure economiche e sociali
adottate dalla Comune a favore dei lavoratori. I marxisti erano in nettissima
minoranza (Frankel e Serraillier). La Prima Internazionale operaia, sempre
salvaguardando nettamente la sua autonomia,svolse un ruolo di notevole rilievo
nei 72 giorni della Comune: attraverso i tre “Indirizzi” elaborati da Marx;
attraverso i membri dell’Internazionale (in prevalenza seguaci di Proudhon)
presenti nel Consiglio della Comune; e attraverso il lavoro delle “sezioni
parigine” dell’Internazionale, molto attive in quello che oggi chiameremmo
il “lavoro di massa”.
6)
Su una questione oggi così attuale come quella del rapporto tra
federalismo e centralismo, è necessari avere ben chiaro che la Comune di Parigi
non fu un tentativo di fare della Francia una federazione di piccoli Stati.Il
vecchio governo avrebbe dovuto cedere il posto, anche nelle province,
all’autogoverno dei produttori, ma l’unità della nazione non doveva essere
spezzata.Le funzioni centrali non scomparvero: al vecchio centralismo
autoritario e burocratico che per secoli aveva dominato la Francia, la Comune
volle sostituire un centralismo volontario e democratico, realizzato dal
proletariato stesso. Per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa cattolica, i
comunardi attuarono la netta separazione Fra Stato e Chiesa, trasformando tutti
i beni ecclesiastici in patrimonio nazionale, facendo cessare tutti i versamenti
statali al clero e laicizzando l’insegnamento nelle scuole, dalle quali furono
banditi tutti i simboli religiosi.
Sul
piano economico e sociale, la Comune abolì il lavoro notturno, condonò il
pagamento degli affitti, soppresse i Monti di Pegno, ma soprattutto incamerò
tutte le fabbriche lasciate inoperose dagli industriali fuggiti a Versailles,
affidandone l’esercizio agli operai che, riuniti i cooperative, avrebbero
dovuto lavorare secondo un piano comune. Come osservò Marx, essa “doveva
servire da leva per svellere le basi le basi economiche su cui riposa
l’esistenza delle classi”
7)
Marx ed Engels (il primo nell’ “Indirizzo” sulla guerra civile in
Francia”, da lui ultimato il 30 maggio 1871, il secondo nella successiva
“Introduzione” del 1891) oltre ad esaltare la grandezza della Comune, misero
in luce anche i suoi limiti ed errori: la mentalità legalitaria e il
democraticismo del Comitato Centrale della Guardia Nazionale, che – in un
momento decisivo per le sorti della Comune – ritenne che il suo compito
principale fosse quello di indire le elezioni e si spogliò troppo presto dei
suoi poteri di governo provvisorio per cederli al Consiglio; la mancata
espropriazione della Banca di Francia (dinanzi alle cui soglie i comunardi di
soffermarono “reverenti”, come osservò con amara ironia Marx);
l’eccessiva indulgenza popolare verso i traditori e gli agenti di Thiers
infiltrati nella capitale; la mancata marcia su Versailles. Il Comitato Centrale
della Guardia Nazionale disponeva di un esercito di 100.000 uomini contro 25.000
versagliesi; anziché proseguire l’offensiva, esso assunse un atteggiamento di
difesa passiva, che si rivelò fatale.
Ma,
nonostante queste giuste critiche, quale fu l’atteggiamento generale di Marx
nei confronti della Comune? Egli non ebbe mai illusioni sulle possibilità di
vittoria definitiva dei comunardi. Sei mesi prima, nel settembre 1870, Marx
aveva detto che un’insurrezione degli operai parigini sarebbe stata “una
follia”. Ma quando i comunardi dettero l’ “assalto al cielo”, egli pose
“l’iniziativa storica delle masse al di sopra di tutto” (Lenin) e partecipò
con ardente animo di rivoluzionario alla loro esperienza. E’ un insegnamento
fondamentale che come comunisti, non dovremmo mai dimenticare.
8)
Di straordinario interesse sono le riflessioni dedicate da Lenin alla
Comune di Parigi, che variano nel corso del tempo, si modificano e si
arricchiscono nel passaggio dal periodo 1905-1911 (gli anni della prima
rivoluzione russa) al periodo 1917-1919 (gli anni della Rivoluzione d’Ottobre
e dell’inizio delle dittatura proletaria in Russia). Al,periodo della
rivoluzione del 1905 appartiene un primo gruppo di cinque scritti sulla Comune
(1905, 1906, 1907, 1011); al periodo della Rivoluzione d’Ottobre un secondo
gruppo di sei scritti (1917, 1918, 1919). L’evoluzione del pensiero di Lenin
sull’esperienza della Comune è un esempio mirabile di come il marxismo si
sviluppa teoricamente in stretto legame con la pratica dei grandi movimenti
della classe operaia e delle nasse popolari.
Nelle
sue prime riflessioni sulla Comune, Lenin sottolinea due aspetti: 1) La Comune
dimostrò il necessario passaggio della lotta di classe del proletariato alla
fase della guerra civile contro la borghesia; 2)
pur nella sua breve esistenza “ha profondamente lievitato in tutta
Europa il movimento socialista”. Lenin osserva, tuttavia, che i comunardi non
seppero distinguere la rivoluzione democratica dalla rivoluzione socialista. La
breve esperienza della Comune “democratizzò” la repubblica, ma ebbe solo
una colorazione socialista. Il compito reale che essa dovette assolvere fu
quello di realizzare la dittatura democratica, non quella socialista, cioè il
nostro ‘programma minimo’. Per quale ragione? Perché “la Comune nacque
spontaneamente: Nessuno l’aveva preparata coscientemente e metodicamente.
(....) Non esisteva un partito operaio, la classe operaia non era né preparata,
né lungamente addestrata. Non esisteva “una buona organizzazione politica del
proletariato” che sapesse guidare la classe verso una trasformazione radicale
dei rapporti di produzione in senso socialista.
Lenin
vede lucidamente tutto questo, ma solo negli anni dell’Ottobre rosso – in
legame strettissimo con la sua pratica di dirigente rivoluzionario – egli
approfondisce la sua riflessione su altri fondamentali insegnamenti
dell’esperienza dei comunardi parigini. Riprendendo l’analisi di Marx e di
Engels, e in aspra polemica con i menscevichi e gli opportunisti della II
Internazionale, Lenin giunge a nuove conclusioni politiche: la Comune ha
dimostrato che il proletariato, se vuole esercitare realmente la sua dittatura,
non può impadronirsi semplicemente delle strutture istituzionali dello Stato
borghese, ma deve spezzare, distruggere la macchina dello Stato borghese. La
Comune ha dimostrato che la classe operaia può costruir e sa costruire una
nuova macchina statale: lo Stato di dittatura proletaria (un semi-Stato, un tipo
superiore di Stato democratico), attraverso la distruzione dell’esercito e
della polizia e la loro sostituzione col popolo armato, attraverso la
distruzione dell’apparato burocratico e giudiziario e la sua sostituzione con
organismi democraticamente eletti dalle masse popolari.
Lenin,
insomma, intuisce che la Comune di Parigi era stata l’antecedente storico del
soviet, aveva rappresentato l’ “embrione del potere sovietico”.
A conclusione di questa mia introduzione mi piace riportare le parole bellissime, con cui Marx chiude il suo “Indirizzo” del maggio 1871:
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