Ferdinando Dubla
PER UNA LIA (“lotta ideologica attiva”) all’interno del PRC
I motivi per un impegno serrato
all’interno del PRC di militanti e quadri che si richiamano al
marxismo-leninismo, sono innumerevoli. Il PRC occupa oggi uno spazio politico,
visibile e storicamente affermato, della sinistra antagonista e alternativa e
connotata in senso comunista. Il come
lo occupa e con quali prospettive
strategiche, è oggetto del dibattito congressuale che avrà come
esito l’assise del 4-7 aprile p.v. con la celebrazione del V° Congresso
nazionale.
- in Rifondazione si confrontano
dialetticamente tre posizioni: una di maggioranza (Bertinotti-Ferrero-Maitan)
che si caratterizza in senso movimentista e accentua la sua visione economicista
stemperando la prospettiva strategica in una nebulosa senza contorni definiti;
per far questo, ha bisogno di recidere quanto più è possibile il legame della
propria formazione storica con la storia e l’eredità del PCI (e i quadri che
ad esse si ispirano anche in maniera critica), ma anche con il leninismo e il
Gramsci interprete creativo del leninismo: l’attacco liquidatorio allo
stalinismo e a tutte le esperienze statuali del socialismo del Novecento è
funzionale e propedeutico alla progressiva trasformazione di Rifondazione in componente organica
del ‘movimento dei movimenti’. Nello stesso tempo, però, il ceto politico
conserva il suo primato nella prassi istituzionale: nessuna problematicità per
gli accordi periferici con il centro-sinistra, in un quadro nazionale di
distinzione da esso per conservare un vitale spazio politico. L’impianto delle
63 tesi di maggioranza è sostanzialmente questo, debitore teoricamente a Negri
(“impero” e non “imperialismo”) e a Marcos (gli ossimori del tipo
“rivoluzione capitalista”).
- A questa visione si oppone, ma
non in alcuni punti decisivi, il documento della minoranza trotskista di
Ferrando-Grisolia: un partito comunista rivoluzionario che non deve porsi il
problema delle alleanze, ma quello dell’egemonia. Come costruire l’egemonia? culturalmente
chiedendo ugualmente l’abiura dello stalinismo e delle esperienze storiche e
tendenzialmente ricostruendo la Quarta Internazionale. Nella sostanza, è questo
documento che chiede integralmente
di trasformare Rifondazione in una formazione politica alla francese,
consegnando all’eredità comunista classica il ruolo del moderatismo
compatibilista.
-
Infine, l’area leninista-gramsciana che fa riferimento a
Claudio Grassi e G.Pegolo, Fausto Sorini e A.Burgio: cercare di organizzare la
battaglia interna intorno a punti considerati dirimenti per opporre una corposa
resistenza (qualunque sia l’esito congressuale) al mutamento di Rifondazione
in senso movimentista
ed economicista, porre attenzione seria alla
costruzione di un fronte progressista contro le destre senza rinunciare ad una
prospettiva strategica, la costruzione del processo rivoluzionario in direzione
del socialismo.
Alcuni
seri limiti di quest’area su come condurre la battaglia è possibile purtroppo
riscontrarli: il primo e più evidente è che una componente attiva non si
improvvisa, ma la si costruisce nel tempo e questo è mancato per il primato del gruppo dirigente
rispetto alle istanze di base. Un limite che se ripetuto (non mantenere un
coordinamento dell’area ecc..) significherebbe la liquidazione totale
dell’esperienza. Proprio il primato politico senza organizzazione, ha
comportato un’impostazione eccessivamente difensiva: si è deciso di non emendare la tesi 53 (Comunismo contro stalinismo)
tra le altre la peggiore per il suo significato trasversale, mentre era
possibile utilizzare l’analisi maoista sull’esperienza storica del
socialismo (gli scritti del ’56 di prossima pubblicazione per la Nuova
Editrice Oriente) e finanche l’elaborazione togliattiana di ‘Nuovi
Argomenti’ (vedi il mio LO SCHELETRO E
L’ARMADIO, inviato anche alla rivista L’Ernesto) per passare dalla difensiva alla controffensiva: il tatticismo non può
prevalere sul respiro strategico di una battaglia, che, oltre che rimanere
egualmente perdente (ma non è il vero problema, le battaglie quando si
conducono bene, anche se si perdono, lasciano sempre un segno profondo)
rimarrebbe fine a se stessa e scollegata alla strategia.
Ad ogni modo, anche l’emendamento
alla tesi 53 sarà presentato in molte realtà di base.
E’ questa l’area a cui oggi i marxisti-leninisti debbono far riferimento, almeno quei compagni che militano all’interno del PRC. Cerchiamo di spiegarne i punti dirimenti.
PER
LA CRESCITA DEL MOVIMENTO ANTIGLOBALIZZAZIONE COME MOVIMENTO ANTICAPITALISTA E
ANTIMPERIALISTA
Per i comunisti, il movimento è come l’acqua per i
pesci: essi nuotano, vivono, solo insieme ad esso. Ma senza un indirizzo ideale
e programmatico, si sarebbe in balìa delle correnti, di tutte le correnti.
Questo movimento, noto come “movimento no-global” va costruito e rafforzato
come movimento coerentemente anticapitalistico e antimperialistico: in questo
senso deve essere letto il contributo dei comunisti e la loro contaminazione per il movimento, per portare in
esso delle interpretazioni di classe dei processi sociali, politici ed economici
e contribuire ad una prospettiva strategica che determini il superamento
definitivo del capitalismo e dell’imperialismo.
Il movimento detto “no global” diverrà movimento
coerentemente anticapitalista e antimperialista se saprà fondersi con il
movimento operaio e le modalità sia classiche che innovative della lotta di
classe.
A questo movimento infatti, paradossalmente, è mancata
compiutamente sinora la ‘contaminazione’ propria dei princìpi comunisti. I
quali non possono assolutizzare nessuna forma di lotta: la non-violenza assurta
a valore assoluto e la resistenza simbolica tipica della ‘disobbedienza
civile’, già in contraddizione tra loro, confliggono (ma, appunto, solo se
assolutizzate) potenzialmente con gli esiti possibili della lotta di classe e più
in generale con la lotta delle masse popolari. Il nesso che i marxisti pongono
è quello tra potere
politico-economico dominante/forme della lotta di classe/ processo e rottura
rivoluzionaria. Leninisticamente, la fissazione assoluta del
secondo termine del rapporto, cambia anche il primo e il terzo: in concreto, la
richiesta al potere politico-economico della globalizzazione imperialista di
rapporti sociali ‘più equi e giusti’ e non la rivendicazione del potere
politico-economico per le classi popolari; un protagonismo mass-mediatico
simbolico e la spettacolarizzazione del ‘gesto ribelle’ e non la
partecipazione cosciente delle grandi masse, guidata dai ceti produttivi, alla
trasformazione rivoluzionaria. Un riformismo compatibilista in un involucro
massimalista e ribellistico, che assegna a determinate forme di lotta e
resistenza un valore assoluto e paradigmatico. I comunisti devono farsi sì contaminare dalla
fase peculiare che le forme di resistenza al liberismo capitalista assegnano al
periodo storico, ma senza rinunciare a porre quel nesso fondamentale che non può
essere ridotto ad una ‘caricatura’ schematica come quella della coscienza
portata dall’esterno dalle avanguardie e alla presunzione egemone del problema
della direzione che mirerebbe ad annichilire le differenze. Ogni movimento è il
risultato di fasi storiche determinate: rivestirsi esso stesso dell’essere
storia, tant’è che nulla è come prima e tutto si è modificato, potrebbe
voler significare la rinuncia ad un progetto sociale davvero radicalmente
alternativo al sistema capitalista.
LA
COSTRUZIONE DEI SOCIAL FORUM cittadini, di paese, di quartiere sono, anche
rispetto ai fini dello sviluppo del movimento in chiave anticapitalista e
antimperialista, uno strumento indispensabile e i comunisti vi apporteranno il
loro contributo senza pretese egemoniche, ma attenti a combattere forme di
sterile leaderismo movimentista e fermi e rigorosi nel rilanciare un punto di
vista radicalmente alternativo alle compatibilità capitaliste, per la centralità
operaia nel processo di crescita della soggettività rivoluzionaria anche nel
lavoro di unificazione tra figure
sociali diverse, in generale tra proletariato classico e moderno, in particolare
- tra i lavoratori e i giovani, prima di tutto, tra i garantiti e i non
garantiti, tra gli operai e gli studenti, tra i “nativi” e i migranti - per
un fronte ampio e popolare nella promozione di battaglie che affondino le loro
ragioni nelle contraddizioni del sistema capitalistico.
IL
RADICAMENTO SOCIALE DEL PARTITO COMUNISTA COME FORMA DELL’INNOVAZIONE
Il
partito è
il tramite organizzativo col quale il proletariato si libera dal ‘destino’
predeterminato ed incide consapevolmente sui processi storici.
Non è, chiaramente, dal principio dell’organizzazione che possono
essere dipese le involuzioni burocratiche e, infine, sul piano strategico,
moderate di alcuni partiti comunisti. Una delle molteplici cause potrebbe essere
piuttosto rappresentata dall’abbandono stesso della concezione
leninista-gramsciana del partito comunista costruito essenzialmente nelle
fabbriche, nei luoghi di lavoro e del conflitto capitale/lavoro.
Se l’insorgenza e lo sviluppo del movimento detto ‘no global’, gli ‘ossimori’ di Marcos e l’esperienza di Porto Alegre, nonché la guerra imperialista di lunga durata che si affaccia all’alba del XXI secolo, dovessero cambiare i connotati organizzativi della forma-partito leninista, sarebbe l’ennesima, degenerativa mutazione genetica di un partito comunista. La forma-partito leninista si è sì modificata nel tempo, ma non in base alle mutate condizioni storiche, semmai in base all’opportunismo e allo scambio ineguale quote di potere/modificazione della struttura e dei fini dei partiti comunisti rispetto all’impianto leninista. Ed è Antonio Gramsci che, mutuando in pieno la lezione leninista, individua nel Partito Comunista, nella sua autonomia progettuale, il soggetto in grado di rompere con il determinismo, di aprire contraddizioni rivoluzionarie, di rovesciare i rapporti di forza e tendere all’egemonia.
Il
PRC non è nato dal nulla: è la conseguenza di un fatto storico rilevantissimo,
quale soprattutto la mutazione genetico-identitaria del Partito Comunista di
Gramsci e di Togliatti. Dunque, non è un tentativo ex-novo di fondazione, ma il deliberato proposito di ri-fondazione di una formazione
politica. Il fatto poi che nel periodo 1989-91, siano state interrotte le
esperienze di transizione dei paesi del cosiddetto ‘socialismo reale’, ha
reso più urgente e non peregrino questo compito storico.
I pregi del PRC sono oggettivi e storici e ancora superano le carenze soggettive:
- l’occupazione di uno spazio politico di rappresentanza sociale antagonista al sistema capitalista;
- la preservazione di una memoria storica contro l’offensiva revisionista delle classi dominanti.
Questi due pilastri su cui si fonda l’esistenza stessa del PRC, però, devono essere riempiti di contenuti: cioè da una tattica legata ad una più complessiva finalità strategica; ad un progetto sociale ampio che sostanzi gli obiettivi immediati e intermedi; da un’analisi storica e un bilancio critico dell’esperienza del ‘900 del movimento comunista internazionale.
E’ necessario sostanziare un progetto connaturato all’identità fondata storicamente: la ri-fondazione del Partito Comunista nel nostro paese, non solo di quadri e di avanguardie, ma di massa; nello stesso tempo popolare e con qualità d’avanguardia.
Alcuni esempi:
· la deriva a destra degli attuali DS, allarga lo spazio politico per il PRC; ma può portarlo anche a snaturarsi per occupare uno spazio non originariamente proprio. E’ così che negli anni il PRC ha ristretto il suo profilo ex-Pci (su cui si è pateticamente e in modo grossolanamente strumentale fiondato il Pdci di Cossutta e Diliberto, risultato invece di un’operazione meramente opportunistica) e ha rafforzato il suo radicalismo neokeynesiano. Ciò rischia di piegare il PRC, senza un adeguato respiro strategico, verso il vizio dell’economicismo, un difetto che deve essere estraneo ad un partito comunista, come insegnò Lenin che non a caso si spese molto in questa battaglia.
La scarsa attenzione per la formazione dei quadri, per intessere quel reticolo fitto di materiali, riviste, seminari, strumenti, case editrici, ecc.., che solo può motivare oggi all’agire politico in una formazione comunista, è uno dei limiti più gravi del PRC. E’ uno dei motivi con cui va spiegato, ad es., l’impressionante turn-over nel tesseramento: e non solo. E’ così che si spiega l’inattività passiva in molti circoli. I giovani vengono affascinati dall’ideale comunista: possono allontanarsi dall’impegno politico quando non capiscono più il nesso fra il quotidiano, il contingente e i valori, le idee della prospettiva socialista.
In conclusione, occupare uno spazio politico non è sufficiente per dare impulso espansivo al progetto rifondativo; lo è purtroppo solo per l’autoreferenzialità del ceto politico professionalizzatosi nelle istituzioni. Questo, ad esempio, è garantito anche al Pdci di Cossutta, che, asfissiato dalla mancanza di spazio, è alla coda della coalizione dell’Ulivo per poter sopravvivere solo come ceto in funzione anti-PRC.
La scarsa attenzione data alle motivazioni ideali e all’autonomia progettuale strategica (la lotta per e l’esito del socialismo; quali forme, modi, rapporti, ecc…) è la causa fondamentale dell’ eccessiva litigiosità nei e tra i gruppi dirigenti, di base, intermedi e di vertice, che molte e troppe volte assumono forme pre-politiche e/o individualistiche e di carriera.
La principale forma dell’innovazione del partito comunista adeguata alla fase storica è dunque il suo radicamento sociale.
Naturalmente, militare da
marxisti-leninisti all’interno del PRC e scegliere di condurre con forza
questa battaglia congressuale, una vera e propria LIA (Lotta Ideologica Attiva),
è un decisivo passo, ma di transizione appunto attiva, che rinuncia all’attendismo. Certo, non può
essere considerata risolutiva per un’area che deve essere costruita ancora
anche all’interno della componente leninista-gramsciana: ma è un primo passo
essenziale e fondamentale. Strategicamente, infatti, quest’area deve avere
come obiettivo la ricostruzione di un partito comunista davvero all’altezza
delle sfide concrete della fase, nonchè porsi la funzione di interloquire anche
con quelle componenti m-l esterne a Rifondazione. Inoltre, deve porsi il compito
di lavorare con più continuità e perseveranza all’immissione del maoismo
nella tradizione classica comunista del nostro paese e più in generale
dell’occidente. E’ un lavoro di lunga lena - altro che autopromozioni
dall’alto di leaders di se stessi che rinunciano alle fatiche e ai sacrifici
che ci impone la fase storica! - di autoformazione e formazione di quadri, che
richiede collocazione politica, ma anche ‘attrezzatura’ culturale e impianti
teorici forti per una prassi che rifugga dalla sterilità, dal minoritarismo
testimoniale, dal settarismo autoreferenziale, l’altra faccia del ceto
politico professionalizzato. Lenin affermava: L’avvenire
è nel comunismo! Anche noi siamo il suo avvenire, dimostriamocene
degni.
Ferdinando
Dubla, febbraio 2002
Questo numero di Lavoro politico è
quasi interamente dedicato a materiali per il prossimo Congresso di Rifondazione
Comunista nel senso della battaglia di cui abbiamo scritto sopra. Tutti i
compagni possono servirsene o elaborarli dialetticamente o informarsi con più
precisione per interloquire. Il prossimo numero di LP
sarà dedicato (ad aprile-maggio) all’esito-bilancio critico del Congresso
stesso. Crediamo così di interpretare il nostro strumento di rivista telematica
come utile documentazione per una prassi concreta senza perdere in serietà
analitica. Dunque, a tutte e a tutti, un buon lavoro!
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