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nr.5 - nuova serie - maggio 2002

Ferdinando Dubla

L'ANGELO DELLA STORIA O IL VOLO DI ICARO?

La deideologizzazione della rifondazione e la via italiana al romanticismo

Appunti dal V° Congresso del PRC

Scrive Walter Benjamin: “C’è un quadro di Klee che si intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una temesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”.

(Fausto Bertinotti, dalle conclusioni al V° Congresso del PRC, domenica 7 aprile 2002)

 

 Abbiamo partecipato a Rimini al Congresso dell’”innovazione”, il V° della sua storia, del PRC. “Innovazione” rispetto a che cosa? Innanzitutto nella composizione della platea; a colpo d’occhio appare evidente la miscelazione di piccola borghesia di sinistra, ceto politico (professionalizzato e non), studenti e giovani in “movimento”. C’è poca classe operaia, ma non c’è molto neanche del nuovo proletariato, quello dell’interinale, della precarizzazione e dei contratti di formazione, che pure dovrebbe essere l’ossatura del “nuovo movimento operaio”. Ciò risulterà evidente anche nella composizione degli organismi dirigenti (il CPN): tutta l’attenzione è nell’alchimia delle componenti e delle sub-componenti, non alla composizione sociale; strano comportamento per un partito che finalizza il suo intervento alla deistituzionalizzazione per il “movimento dei movimenti”, ma in realtà frutto di un’operazione spericolata del gruppo dirigente bertinottiano, che non può fare a meno della spettacolarizzazione e dell’immagine, in particolare mediatica, anche se nasconde un involucro tutto diverso. Bertinotti annuncia già dalla relazione i fondamenti con cui deve avvenire la rifondazione: basta con il passato, cumulo fumante di macerie novecentesche, ma proiezione utopica verso un futuro dai contorni indistinti: l’immagine, ripresa più volte, anche nella replica finale, è l’angelo di Klee che guarda indietro alla catastrofe e non per questo rinuncia a spiccare il volo dispiegando le sue ali. Se non fosse per il piombo nelle ali. Questo piombo, afferma il bertinottismo, è lo stalinismo. E fin qui siamo ancora in un generale disegno della storia: in verità, manda a dire il segretario, il piombo nostro nelle ali è quella componente del partito che non si rassegna al fatto che il mondo è cambiato, che nulla è più come prima, che bisogna interpretare il millennio ecc..ecc.. Siamo sì nani seduti sulle spalle dei giganti (falsa perorazione di umiltà) ma i giganti sono stati i primi revisionisti dei predecessori (dunque non è vero che siamo nani, ma giganti noi stessi?). La lezione dei maestri è che bisogna andare oltre, oltre, oltre: oltre dove? Qui l’astrattezza del ragionamento si fa pura teoretica: il socialismo, egli dice, ancora il socialismo, ma con quali contorni e con quale assetto sociale non è dato sapere. Come non è dato sapere la risoluzione della questione delle questioni, per i comunisti: il potere alle classi subalterne. I sillogismi bertinottiani si fanno su questo punto ancora più sfumati: non c’è da conquistare nessun palazzo d’inverno, il soggetto della trasformazione rivoluzionaria è il movimento: ma se il movimento non rivendica il potere, come si supera la società capitalista? Un principio, questo del superamento del capitalismo, a cui formalmente ancora non si rinuncia: a quello dell’imperialismo sì, ma inutili sono le argomentazioni della componente dell’”Ernesto” al riguardo, perché il dominio globale non è nemmeno un nuovo o super-imperialismo, è la ‘malvagità’ dei poteri mondiali del WTO, della Banca mondiale, del Fondo monetario che azzera i poteri nazionali, le sovranità dei popoli. E allora quale socialismo? La risposta sostanziale al quesito non c’è, ma al suo posto c’è ben altro, che fa sorridere i cuori, i sentimenti e le menti: la poesia, una specie di Sturm und Drang delle parole in libertà, nello stile di Nichi Vendola, uno degli interventi più applauditi (vuoi mettere con la cupezza di un Burgio, di un Losurdo, ecc..?). Il lirismo neogiacobino riempie quel vuoto e disegna il percorso del millennio: la via italiana al romanticismo. Basta con le dure difficoltà della storia reale, vogliamo sognare, vogliamo la felicità, vogliamo dispiegare le ali dell’angelo di Klee.

Ma più che l’angelo di Klee, il volo che al PRC vuole imporre il Bertinotti-pensiero assomiglia più al volo di Icaro e alle sue ali di cera.

Parlare al Congresso della scientificità del marxismo è parlare un altro linguaggio, rimosso dalla platea (tutta la platea): ricordare le sofferenze dei compagni marxisti-leninisti turchi in sciopero della fame contro l’imperialismo, una mera perorazione solidaristica. Non una parola, ovviamente, né contro né pro, sui movimenti guerriglieri del Nepal e del Perù, perché qui in occidente quegli spari non si sentono.

Ci sia concessa una debolezza demagogica: questo socialismo di Icaro è il ventre dell’occidente, l’aristocrazia intellettualistica erede dei francofortesi, che non conosce gli scarponi fangosi delle montagne nepalesi e si diletta per i ‘crinali’ di una storia che le élites amano sempre disegnare per i popoli.

Abbiamo acquistato una maglietta tra gli stand dell’immensa Fiera di Rimini, degna mega-struttura con le architetture miliardarie di Fuksas (basta con i comunisti amanti dell’austerità e autopauperizzatori): RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE. Ma non l’ho acquistata per ricordare la frase di Borrelli: no, ma è per ricordare a noi tutti qual è oggi, con questo PRC, il prioritario compito dei comunisti.

La deideologizzazione è funzionale a una rifondazione fine a se stessa: l’aggettivo comunista è possibile ancora in questo partito solo per una componente non cialtronesca e non poetica, ma del tutto purtroppo autoreferenziale.  

fe.d., di ritorno da Rimini, aprile 2002

 

 

Ferdinando Dubla (a destra) con l'ambasciatore dell'Autorità Nazionale Palestinese in Italia Nemer Hammad al V° Congresso del PRC (4 aprile 2002) 


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