Enzo Pernigotti
I LIMITI DEL GRUPPUSCOLARISMO M-L
Sulla minorità dei gruppi marxisti-leninisti che, avendo molta dimestichezza con il pensiero leninista, ne sono così pervasi da comportarsi costantemente come se fossimo in una fase pre-rivoluzionaria, e tacciano di revisionismo i compagni più pragmatici, o più realisti
Nel
nostro paese si sconta la mancanza di un Partito Comunista: ce ne sono
diversi che si dichiarano tali, ma nessuno possiede le qualità per
meritarsi un aggettivo così impegnativo. E questo pesa. Manca il
"luogo" in cui dibattere, programmare, svolgere analisi,
scontrarsi sulla linea da adottare tatticamente, e poi ritrovarsi, e fare
proselitismo. Esistono
numerosi "surrogati" del partito, gruppi organizzati, circoli,
comitati, centri studi, confederazioni, ma nessuno con le capacità di
elaborare un progetto politico convincente e di aggregare un numero
significativo di compagni. Alcuni di essi addirittura sembra abbiano paura
di confrontarsi e di crescere: difendono gelosamente le loro peculiarità,
si sentono portatori della linea giusta e pensano che tutti gli altri
siano in errore. Il fatto di risultare pressoché ininfluenti non li
preoccupa affatto. I numerosi tentativi intrapresi al fine di metter in
contatto queste diverse realtà, per farle discutere, riflettere sulla
negatività della situazione esistente, sullo scarso profitto
dell’attività parcellizzata di numerosi compagni e, per contro, sulla
potenzialità rappresentata dal lavoro unitario di tanti compagni, su
alcuni temi forti condivisi da tutti, non hanno prodotto i risultati
auspicati. Quali le cause? Forse, più d’una: l’abitudine ad operare
in ambiti ristretti in cui la propria posizione raramente viene
contraddetta; la smania di leaderismo; la diffidenza preconcetta nei
confronti di altri gruppi con esperienze diverse; ma, qualche volta, anche
la volontà di impedire la formazione di una nuova realtà autenticamente
comunista nel nostro paese. Peccato, si è sciupata una buona opportunità. Quando
si affronta il lavoro politico con una siffatta impostazione non si
raccolgono grandi risultati, poiché non si tiene conto della realtà in
cui si opera, non si valutano correttamente le forze di cui si dispone, si
perseguono obiettivi irrealistici, velleitari, sprecando molte energie e
spargendo delusioni. Per
farmi comprendere, preciso di riferirmi a quei gruppi che abbiamo
conosciuto, i quali avendo molta dimestichezza con il pensiero leninista,
ne sono così pervasi da comportarsi costantemente come se fossimo in una
fase pre-rivoluzionaria, e tacciano di revisionismo i compagni più
pragmatici, o più realisti. Però il limite più grande che abbiamo riscontrato è
senz’altro quello rappresentato dalla paura di perdere la propria
identità, di confondere le proprie posizioni in un’organizzazione più
ampia ma non sufficientemente caratterizzata e, per qualcuno, anche quella
di perdere il ruolo di leader di un gruppuscolo e diventare parte attiva
di un nuovo organismo in cui i ruoli si sarebbero dovuti conquistare sul
campo. Questi comportamenti denunciano chiaramente una scarsa fiducia
delle proprie posizioni politiche. Nel
nostro paese, inoltre, a fronte di una serie quasi quotidiana di vere
porcherie commesse dalla compagine governativa composta da un bel numero
di fascisti e dell’emergere dei costi pesanti che i lavoratori devono
sopportare a causa del modello liberista, non esiste un’opposizione
credibile capace di approfittare della situazione. Certo, sto parlando di
un’opposizione vera, che metta in discussione il modello di sviluppo,
che proponga soluzioni radicalmente alternative, chiaramente ispirate al
modello socialista, che prospetti una società diversa, meno competitiva,
meno distruttiva dell’ambiente, più sensibile ai bisogni delle persone,
soprattutto di quelle che lavorano o hanno lavorato oppure sono in
condizione di non poterlo fare ma comunque titolari di diritti (in questo
caso sì, umani), che rispetti tutti i popoli della terra e ripudi
drasticamente la guerra, compresa quella "umanitaria". E’
facile comprendere come, nella situazione descritta, lo spazio
d’intervento per i comunisti sia molto ampio. Se fossimo organizzati
avremmo la possibilità di incidere sull’opinione di molti lavoratori
colpiti dagli effetti della crisi. Mi pare quindi evidente la
responsabilità di quei compagni che hanno operato in modo tale da
impedire che un principio di organizzazione si realizzasse. Ciononostante
le contraddizioni del sistema continueranno ad acutizzarsi ed il bisogno
di comunismo aumenterà specialmente se con le modeste forze di cui
disponiamo riusciamo a diffondere le nostre idee e le informazioni
corrette sugli avvenimenti, insieme ad una giusta interpretazione dei
medesimi. Nella situazione attuale noi abbiamo il dovere di contribuire a
fare crescere nella classe operaia la consapevolezza del grande ruolo che
le compete, e di sostenere le numerose lotte che essa combatte per la
difesa dei propri diritti, per una società più giusta e contro la
guerra. Dobbiamo anche trovare il modo giusto per denunciare i guasti
enormi prodotti nella classe dalle posizioni revisioniste e dalle
politiche concertative. Nel contempo dobbiamo continuare a ricercare rapporti
costruttivi con altri compagni, anche a livello europeo giacché è
abbastanza evidente che lo scontro di classe si sta spostando proprio su
quel terreno. Il tempo si farà carico di dimostrare se avremo operato
nella giusta direzione. Enzo Pernigotti |
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