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Da ciò non può assolutamente concludersi
che la sinistra antagonista e di classe debba partire dalla propria autoaffermazione
ideologica: è sempre l’essere sociale a determinare la coscienza.
Sbagliano dunque coloro che premettono l’impianto ideale
preconfezionato ad ogni azione nella prassi. E’ l’errore speculare di chi
ha deciso di annegare nell’empirismo insussistente dell’attuale pratica
sociale dominante.
La sfida è aperta invece per coloro che a sinistra
rifiutano sia il debole riformismo pragmatista sia il settarismo estremista,
entrambi convergenti nell’inefficacia della loro azione. Costruire una
linea di massa è possibile se si intreccia correttamente l’analisi
della realtà con l’azione conseguente in termini politici.
E’ uno dei compiti decisivi della rifondazione comunista
in Italia, in Europa e nel mondo.
(1) I processi oggettivi inducono alla disperazione sociale e politica? In occidente, la disperazione sociale è notevolmente inferiore a quella del Terzo e Quarto mondo, grazie ancora alla divisione internazionale del lavoro; la disperazione politica non è mai stato tratto caratteristico del marxismo e del leninismo, meno che mai del maoismo (“guerra popolare di lunga durata-linea di massa”). Insomma, la tradizione comunista non ha mai praticato né teorizzato il terrorismo, centrale invece in alcune forme estreme della tradizione anarchica e nihilista, nonché arma occulta delle classi dominanti. E invece anche fra di noi si stenta a contrastare l’offensiva di chi vuole, soggettivamente o oggettivamente, concepire il proprio ruolo come avanguardia di tipo leninista, quando invece è o di retroguardia (la disperazione sociale e politica) o scopertamente reazionaria (l’illegalità della borghesia).
(2) La guerra è imperialista, ma essa si vince, oltre che sul piano militare, anche e soprattutto su quello mediatico e del controllo dell’informazione, come ha dimostrato la recente crisi nei Balcani, con l’invasione della Jugoslavia, l’occupazione del Kossovo e la colonizzazione dell’Albania. Ad un certo punto, si decide di rendere centrale la figura del profugo in fuga: e spariscono tutte le altre migliaia e migliaia di popolazioni senza patria e permanentemente in diaspora. Si costruisce il fantoccio-Milosevic novello Saddam novello Gheddafi, si scoprono fosse comuni (ricordate Timisoara?), diventa etereo e “necessitato” il sacrificio e il massacro di una popolazione, quella serba, rabbassati a livello di “effetti collaterali”. Uno degli esempi dello scivolamento che questa nuova forma di dominio presuppone, è l’equidistanza tra le parti contendenti anche nella concezione di chi dovrebbe combattere la propaganda armata del terrorismo NATO. E’ da questa vittoria in avanti che i ‘crociati della menzogna’ e i loro padroni costruiscono la loro vittoria strategica. Essi sanno infatti che il Vietnam fu perso non per debolezza militare, ma per l’ancora fragile riproduzione mediatica del consenso alla guerra. Un consenso che, però, si badi, è effimero e caduco, non dura nel tempo, non riesce permanentemente ad occultare e a mascherare la realtà effettiva. La “Blizkrieg” nel campo dell’informazione mediatica è una forma necessaria di questo dominio, che le reti informatiche non possono ancora oggi nemmeno scalfire per l’analfabetismo di massa di queste tecnologie, così come per il mancato possesso degli strumenti della decodifica dei messaggi nella cultura dominante.
(3) Nella sinistra moderata, classicamente socialdemocratica e votata al pragmatismo insussistente, è da annoverare oggi, oltre al PDS, anche il PdCI, nonostante il suo goffo tentativo di espropriare la classe del suo riferimento politico tradizionale nella memoria storica, che è il PCI. Smascheramento che purtroppo non sembra interessare poi molto neanche il PRC.
(4) Per sinistra antagonista si intende la sinistra che fa capo al PRC o che intorno ad essa, costruisce ipotesi praticabili di alternativa sociale al neoliberismo e alla globalizzazione capitalista. Attualmente sembra che il riferimento identitario e ideologico di questa sinistra, che pure ci sembra l’unica che possa promuovere l’attivismo militante e una pratica realmente rivoluzionaria (che non significa rinuncia a priori alla rappresentanza istituzionale, questo è tratto tipico dei gesuiti custodi della rivoluzione che non viene mai) sia il Keynesismo, un marxismo generico e nominalista, un guevarismo iconografico di facciata. Il riflesso condizionante, in Rifondazione, dei processi oggettivi che abbiamo chiamato americanismo senza fordismo, è l’ulteriore rinuncia al proprio riferimento ideologico costitutivo, con un pericolo grave, quello di perdere la propria connotazione vitale, l’antagonismo strutturale e radicale alla borghesia imperialista.
(5) Non basta proclamarsi per esserci davvero. Così come nelle prove dell’esistenza di Dio che Anselmo d’Aosta contesta a Tommaso D’Aquino, se l’essenza è uguale all’esistenza, perché se immagino di avere tanti quattrini in tasca, essi non ci sono veramente? Nonostante l’ammonimento di Mao (“la rivoluzione non è un pranzo di gala”), se immagino di essere rivoluzionario, perché la rivoluzione non si sviluppa nel concreto della lotta di classe? O sbaglio l’analisi o sbaglio intervento attivo nella pratica sociale. Entrambe le cause, non opportunamente corrette, portano a quello che Lenin etichettò come ‘ultrasinistrismo’ e che oggi, rispetto a ieri, in occidente ha aumentato la propria incapacità e ininfluenza sulle masse popolari. In Italia, oggi, tutti i critici da ‘sinistra’ del PRC, non riescono a misurarsi con queste aporìe, che sono l’ABC dell’intera esperienza comunista di questo secolo.
(6) Rilevamento aprile 1999: 282mila posti in piu' di lavoro in Italia. Il governo D’Alema ha esultato per i dati diffusi dall'Istat, anche se si tratta di un risultato frutto essenzialmente di contratti a termine e di part-time, quindi precari, riguardanti giovani del centro-nord. Il tasso medio di disoccupazione cala infatti solo dello 0,4% lasciando un 'buco' nell'industria e nell'agricoltura che perdono complessivamente 81mila posti di lavoro. Secondo l'Istat il tasso di disoccupazione e' ora in Italia al 12,1%
e-mail:dubla@planio.it
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L'articolo presente in questa pagina e' stato pubblicato
sul n.12 - luglio-agosto 1999 de 'IL PARTITO-LINEA ROSSA'
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