lavoro politico
 
sito web di materiali marxisti per la linea rossa
 
webmaster: Ferdinando Dubla
nr.1 - nuova serie - marzo 2001
 
 

Saluto a DP-SU, convegno internazionalista 21 gennaio 2001, da parte di Linea-Rossa, la prima mailing-list marxista-leninista italiana
(messaggio letto da Massimo Meloni)

Cari Compagni, Compagne, compagni rappresentanti delle delegazioni estere,
porto i saluti a questo convegno internazionalista, da parte di tutta la lista di discussione in Internet Linea-Rossa e-groups com, nonché delle due riviste on-line che si rifanno propriamente all’esperienza del PCd’I (m-l) Linea Rossa fondato il 1968 da Angiolo Gracci, il partigiano ‘Gracco’,  Avanti Popolo! e Lavoro Politico (già Il Partito-Linea Rossa). Un’esperienza, questa del lavoro telematico, produttiva e, nei limiti delle nostre attuali forze, anche efficace. Noi non vogliamo fondare nessun altro piccolo raggruppamento politico che si proclama partito, tant’è che la nostra collocazione attuale è nel Prc, pur consapevoli dei gravi limiti che questo partito ha nei confronti dei compiti urgenti che alla classe operaia, all’intero proletariato del nostro paese, spettano. Crediamo al marxismo-leninismo come interpretazione dialettica della realtà, ma il nostro intervento nelle masse popolari (ripeto, pur nei limiti delle nostre attuali forze) non può peccare di astratto ideologismo: la nostra dimensione politico-culturale è quella di affinare gli strumenti che la ricca tradizione comunista di un secolo e mezzo ci ha consegnato, di lottare incessantemente contro il revisionismo storico e politico, di riappropriazione della memoria storica dei comunisti, di forgiare, ma insieme agli altri, alla classe, al popolo, lo strumento più adeguato alle sfide del XXI° secolo per la definitiva emancipazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La Linea Rossa, è dunque, pur limitati dalle nostre attuali forze, a tutti gli effetti  componente marxista-leninista, impegnata, nel presente, in un lavoro di chiarificazione ideologica, di ricostruzione della mentalità comunista e per far questo, pur consci della grande indifferenza che gravita intorno al nostro procedere nel voler con tenacia ridiffondere la forza della idealità marxista e leninista, in una organizzazione, sorta dalla liquidazione del vecchio Pci; abbiamo, per dirla come il compagno Ferdinando Dubla, accettato anche di "sporcarci le mani" nel progetto Prc. Abbiamo sciolto, per questo, e non mi stancherò di ripeterlo, le nostre organizzazioni, profondamente radicate nel territorio, specialmente nel nostro meridione, dove l'azione decisa di propaganda del Compagno Angiolo Gracci (Gracco) non è mai mancata, lo abbiamo fatto con umiltà, ognuno dando la propria adesione (compresi i quadri dirigenti del Pc.d'Italia [m.l]: Nuova Unità e Linea Rossa) individualmente, ma lo abbiamo fatto con profondo orgoglio, nel rispetto della nostra storia ed esperienza politica, acquisita in oltre trent'anni di lotta al revisionismo.Lo abbiamo deciso e continuiamo (a tutt'oggi) a seguire questa tattica politica, privilegiando appunto una strategia che riconosce nella massa dei compagni la certezza di poter ritrovare i veri quadri rivoluzionari necessari alla ricostruzione del futuro Partito Comunista e del Sindacato di Classe! Questa nostra lotta, dunque condotta su due fronti, sia chiaro non è una "Guerra di Spagna", siamo convinti sia la strada da percorrere, siamo convinti sia una lotta condotta con stile leninista alla luce degli approfondimenti teorici (e pratici) elaborati dal pensiero di Mao Tse Tung. Battaglia condotta contro il crescente ecclettismo nel rispetto della idealità e della crescente voglia di lottare che, tanti altri compagni, dimostrano di possedere e di voler usare, militando nelle altre organizzazioni della Sinistra di classe, alla ricerca di uno spazio a sinistra di rifondazione, spazio che al momento noi crediamo non essere ancora maturo per il salto di qualità necessario per dar vita al Partito Comunista. Crediamo, al tempo stesso, occorra che con i compagni si possa condurre una analisi seria, che sia, certo, soprattutto di critica e di discussione costruttiva, consci che nell'attuale contesto storico-politico, dove continuano, purtroppo, a  coesistere serie ragioni di dissenso, l'acriticità  è necessario sia denunciata da entrambe le parti, e, partendo da questo punto, raggiungere attraverso il dialogo e la critica il superamento dei tabù politico-generazionali, nel tentativo di costruire un serio confronto anche con chi ha deciso come noi di continuare la militanza nel Prc. Il quadro internazionale che abbiamo di fronte impone un più vasto coordinamento delle forze antagoniste al pensiero unico neo-capitalista. Il revisionismo ha da prima corroso, poi demolito, l’esperienza del socialismo realizzato: non c’è più l’URSS, distrutto l'intero campo socialista, cancellate le democrazie popolari, la Cina attuale, comunque la si pensi, non è quella di Mao-Tse-Tung, sebbene ogni analisi liquidazionista vada respinta.
Ma quelle esperienze, hanno o no arricchito il nostro bagaglio e ideale e politico, e come tesaurizzare quelle stesse esperienze nell’oggi? Un presente che non è solo cupio dissolvi: accanto all’eroica Cuba, alla Corea del Nord, al Vietnam, ci sono le lotte in ogni paese del mondo, in particolare nelle zone diseredate che la globalizzazione ha scelto per una rapina integrale di uomini e risorse: dal Perù al Nepal, dagli Stati Uniti di Seattle all’Europa di Nizza, bagliori di ripresa del conflitto di classe vi sono e vanno sostenuti. Ci sono compagni che troppe volte si attardano con la matita rossa e blu a sottolineare i limiti di questa lotta, le parzialità di quest’altra. Ma le critiche, ci hanno insegnato, non vanno fatte a tavolino, ma nel fuoco dell’iniziativa concreta, specie quando ci si proclama marxisti-leninisti. Ecco una preziosa indicazione che ci proviene dal passato: i comunisti devono essere lì, affermava Che Guevara, dove si consuma l’ingiustizia, non predicare al vento l’ingiustizia del mondo. La conquista dell’egemonia la si realizza se siamo capaci di supportare le linee politiche con l’organizzazione conseguente: altrimenti ogni linea politica, anche la più giusta, è destinata a rimanere petizione sterile di princìpi. In Italia il modello politico-organizzativo da riprendere, a questo riguardo, siamo convinti è quello del PCI del secondo dopoguerra e degli inizi degli anni ’50, di un partito Comunista, cioè, di quadri e nello stesso tempo di massa, di avanguardie ben ferrate ideologicamente ma ben riconosciute dalle masse come tali e non autoreferenti.
E’, insomma, quello che il compagno Pietro Secchia, chiamava ” l’adeguata attrezzatura” e il partito “radicato nel popolo”.
Sappiamo che una mera operazione di restauro non serve. Ma per contrastare efficacemente il revisionismo storico e politico è necessario, sia calarsi nelle nuove sfide della contemporaneità con le armi della dialettica materialista, sia respingere il « nuovismo » imperante. Imperante non solo a livello delle classi dominanti e dei suoi corifei, ma con eccessivo spessore anche all’interno della sinistra di classe. Un esempio di “nuovismo” sulle questioni internazionali, ad esempio, è quello che ci viene dagli « ossimori » del subcomandante Marcos, poi ripresi dall'attuale segretario del Prc con la categoria di “rivoluzione capitalista”. Noi al linguaggio come simbolo rappresentativo della realtà, ci crediamo: e perciò non di “rivoluzione” deve parlarsi, perché la rivoluzione appartiene agli oppressi e alla loro volontà e possibilità di riscatto, ma di “restaurazione”, di “rimodellamento”, funzionale al dominio delle classi dominanti capitaliste.
Le stesse impetuose trasformazioni tecnologiche, come la possibilità di comunicazione a livello globale, Internet per intenderci, dove ad esempio, ci vede piccoli protagonisti nel nostro paese, recano sempre un’impronta di classe: esse possono essere utilizzate in senso regressivo o in senso progressivo. Così come durante i moti risorgimentali del ‘799 a Napoli esistevano i bollettini borbonici, ma esisteva anche il “Monitore napoletano” della Pimentel Fonseca, che ebbe un’importanza decisiva nella proclamazione della Repubblica Partenopea. O Lenin avrebbe dovuto rinunciare alla “Scintilla” perché la stampa in quanto tale è strumento di dominio borghese? Ecco un esempio di chiacchiere inutili: e noi della Linea Rossa (in Internet, in quanto altri compagni, non collegati a noi, hanno dato vita ad una pubblicazione a stampa dallo stesso nome) mentre molti ancora chiacchieravano, ci siamo alzati le maniche e abbiamo, tra i primi in Italia, fondato giornali, riviste, liste di discussione nella rete telematica e continuiamo a farlo con abnegazione e umiltà. Credendo che ogni passo, pur piccolo, verso l’emancipazione intellettuale e materiale delle masse, sia un grande passo verso il socialismo. Il sentiero è lungo, amava dire Mao-Tse-Tung, ma lo si percorre facendo il primo passo e poi un altro e poi tutti gli altri. Noi crediamo infatti che il maoismo, inteso come insieme di riflessioni, teorie, esperienze, prassi concrete che provengono da Mao-Tse-Tung nell’intero arco della sua vita (1893-1976), sia lo sviluppo creativo del marxismo-leninismo, quello sviluppo, cioè, necessario per vincere le sfide dell’oggi. Avulso dal dottrinarismo sterile, dal dogmatismo e dalla sclerosi burocratica, Mao combattè sempre anche il fenomeno dell’ ”ultrasinistrismo”, l’altra faccia dell’opportunismo deteriore e revisionista.

Uno dei principali compiti della rifondazione comunista o, se si preferisce, della ricostruzione di una organizzazione comunista marxista-leninista, esito del lavoro di tutti quei compagni militanti in diversi raggruppamenti politici (o culturali), di tutte quelle avanguardie che materialmente aspirano al riconoscimento della ‘linea di massa’, anche di tutti coloro che si sono attualmente autoemarginati da qualsivoglia appartenenza organizzativa, ma non identitaria al pensiero e alla prassi comuniste, è la chiarezza teorica. Di fronte all’imperversare totalitario del ‘pensiero unico’ capitalista/imperialista ferocemente antimarxista, di fronte all’eclettismo propugnato come modo d’essere moderno dell’antagonismo sociale e politico, in particolare italiano ed europeo, le idee chiare e distinte dei marxisti-leninisti potrebbero costituire il punto di riferimento pratico ed ideale per una strategia rivoluzionaria. Potrebbero: perché, se la situazione dovesse rimanere l’attuale, la confusione eclettica anziché diminuire, aumenterebbe esponenzialmente. E’ il caso di tutti quei compagni che costituiscono l’attuale ‘maoismo militante’ in Italia: divisi tra di loro: le differenze e le diverse interpretazioni del pensiero del grande maestro di comunismo del XX secolo, sono a volte così grandi da sgomentare anche il più esperto degli esegeti. Le differenze ideali si traducono poi, ovviamente, in differenze politiche talmente consistenti da produrre (quando va bene) assoluta incomunicabilità. Come già precisato i compagni di Linea Rossa (già del P.C.d'Italia marxista-leninista) che militano in un’organizzazione (il Prc) che ha semplicemente rimosso il nodo-Mao, rubricandolo tra gli argomenti da trattare poco e marginalmente e che non si sforza nella sua linea politica di praticarne gli assunti (quella che dovrebbe essere la necessità della ‘linea di massa’), osiamo comunque domandare: quale marxismo- maoismo? Se anche noi dovessimo risultare reticenti sulla critica ai raggruppamenti "maoisti", commetteremmo lo stesso errore dei gruppi dirigenti del Prc, che, considerandoli  “marginali” e isolati, settari e testimoniali, preferiscono appunto non parlarne affatto, ignorarli completamente, sia per non diffonderne l’eventuale ‘contagio’ sia perché effettivamente ‘senza sbocco’. Ma questo, appunto, non è atteggiamento marxista-leninista. E, a prescindere dall’influenza reale che queste organizzazioni che vogliono richiamarsi al maoismo hanno nella pratica concreta, sono i loro assunti teorici che devono interessare chi ha davvero a cuore , come indicato in premessa, la ricostruzione di un’organizzazione comunista coerentemente marxista-leninista, cioè maoista, legata alle sfide nuove del XXI° secolo, che pratichi una ‘linea di massa’, che in Italia sappia legarsi alle migliori tradizioni del PCI di  Gramsci e Secchia (1926/1956 e, in particolare, 1943/54), che costruisca la propria forza non ideologicamente ma in virtù della propria chiarezza teorica nel fuoco della lotta di classe. L'incapacità di affrontare questi problemi dal punto di vista del leninismo è sempre stato fattore di degenerazione, deviazione e sconfitta del movimento rivoluzionario nei paesi capitalistici occidentali. Tali concezioni sono state fattore di diseducazione ideologica, politica, organizzativa di una generazione di militanti e, nel loro fallimento pratico, di un grave fenomeno di crisi ideologica e di disorientamento, che ne ha disperso la maggioranza delle energie che si erano espresse.            Il comunismo di sinistra in tutte le sue forme si è sempre caratterizzato su queste questioni per la sua estraneità al marxismo-leninismo, proponendo una continua oscillazione tra economicismo, riformismo ed estremismo soggettivista e praticando una politica sterile, incapace di legarsi alle lotte e ai movimenti di massa, di influenzarli e di dirigerli in una prospettiva rivoluzionaria.               La mancata piena ripresa di questi punti in termini ideologici, teorici, politici e organizzativi, ha influenzato negativamente il movimento marxista-leninista degli anni '60/ '70, la cui degenerazione va compresa e spiegata però anche in rapporto alla natura sociale e all'evoluzione dei movimenti di massa di quegli anni, e ha impedito che si ponessero solide basi per la costruzione di un autentico Partito comunista marxista-leninista. Influenza negativa che nell'odierno si protrae con le fughe a sinistra, attribuendo alle lotte sui "bisogni proletari" un carattere immediatamente antagonistico e anticapitalistico, nella pratica un neoanarchismo che giunge a negare ogni distinzione fra lotta sindacale di classe e lotta politica rivoluzionaria, finendo così per svolgere un ruolo politico disgregante verso le stesse lotte economiche reali, che vengono immediatamente caricate di contenuti politici generali e di compiti rivoluzionari.
La lotta sindacale di classe, collocata all'interno della strategia del partito m-l e legata alla prospettiva della costruzione di un sindacato di classe è uno dei fronti necessari per la realizzazione della direzione dell'esperienza e per l'elevamento della coscienza rivoluzionaria di larghe masse. Nei settori più combattivi e radicali si sono affermate tendenze e concezioni che rendono sostanzialmente impossibile una effettiva e sistematica attività di denuncia e mobilitazione politica su tutti gli aspetti dell'imperialismo, della politica guerrafondaia delle borghesie e dello sviluppo dei processi reazionari, sul ruolo e l'azione delle diverse classi e dei partiti che ne sono l'espressione politica, e non permettono l'utilizzo delle congiunture politiche, che si producono, per sviluppare il movimento politico rivoluzionario del proletariato.
Queste tendenze disperdono le lotte sociali, le espongono in maniera spontaneista alla repressione dello Stato, le isolano dal proletariato e le portano in un vicolo cieco, dando origine a continui fenomeni di riflusso soggettivo: e del resto di analisi, sul feroce sistema di annientamento borghese, sul modo di produzione capitalistico, sull'odierno supersfruttamento interimperialistico della globalizzazione, potremmo continuare a discuterne all'infinito e continueremo è certo nel trovarci d’accordo. Questo, non è però sufficiente, cari compagni, e non lo sarà fino a che non riavremo l'unico strumento necessario per poter affrontare nel contingente il nemico di classe, per poterlo sconfiggere per sempre sul piano ideologico, culturale, politico e sociale!
Bisogna smascherare sul piano teorico e politico il falso marxismo, il falso leninismo, il falso maoismo di queste posizioni, e lo si potrà fare quanto più ci si doterà di un'organizzazione e di una politica che sia arma di trasformazione, agente nel movimento reale di massa. Con questo augurio, oggi, invitato a rappresentare Linea Rossa a questa splendida iniziativa voluta ed organizzata dai compagni di Democrazia Poplare (sinistra unita), nell' 80° anniversario della fondazione del Partito Comunista d'Italia, onoriamo con queste premesse in questo giorno la memoria del nostro maestro Antonio Gramsci, onoriamone la memoria accomunata ai nostri compagni che ci hanno preceduto nello scontro di classe, affinchè il loro esempio di coerenza e fedeltà ai principi e alla idealità comunista nella lotta condotta contro lo spietato sistema di sfruttamento capitalistico, contro il fascismo e contro il moderno revisionismo ed ogni sorta di opportunismo non sia stato vano, perchè non vada perduto! A Livorno, nel Teatro Goldoni, al 17° congresso del Partito Socialista Italiano, 80 anni fa, fu scissione, i delegati Comunisti, fra i quali il gruppo piemontese gramsciano dell' Ordine nuovo (Gramsci,Togliatti, Terracini e Tasca) e la frazione astensionista del gruppo bordighiano del Soviet del Partito Socialista (Bordiga), abbandonarono il teatro Goldoni, sede del congresso. Riunitisi nel vicino teatro S.Marco, deliberarono la costituzione del Partito Comunista d'Italia, sezione italiana della IIIa Internazionale (Comunista).
Nel presente, oggi qui in Roma, pur consapevoli assieme ai compagni di DP, nella cosciente partecipazione di ognuno di noi, delle reciproche diversità e certi che non abbiamo ancora raggiunto la capacità di adempiere, nel presente, al ruolo storico che fu di quel congresso, siamo pur convinti che occorra continuare su quella stessa strada, già percorsa, ed oggi ancor più insidiosa, difficile e tortuosa, innanzitutto lavorando su di un progetto di primaria importanza (per i futuri sviluppi) e che deve essere necessariamente comune: la riappropriazione della memoria storica dei comunisti! Occorre dunque porsi seriamente il problema di ricostruire creativamente lo strumento necessario: il vero Partito Comunista! Ritrovare il filo rosso della ‘rivoluzione negata’, riappropriarsi del vero spirito rivoluzionario di quella linea rossa che il pensiero di grande maestri di comunismo del XX° secolo che da Lenin a Gramsci fino a giungere a Mao rappresentano all'alba di questi terzo millennio. Il comunismo non è morto, i comunisti sono vivi! Ricordiamo quella data di 80 anni orsono da Comunisti, Linea Rossa la ricorda con la sua idealità Marxista Leninista, con la stessa bandiera rossa che il 15 Ottobre 1966 e proprio nella città di Livorno, sulle rovine del Teatro S.Marco issarono nuovamente in un congresso Comunista, quando, appunto, comunisti come Angiolo Gracci e Fosco Dinucci ridiedero vita al P.C.d'Italia nel nome del Marxismo Leninismo e del pensiero di Antonio Gramsci, per combattere e denunciare il revisionismo moderno che già da tempo, si era impadronito della direzione del P.C.I.
Ricordiamo quella data lontana, di 80 anni fa, e la rivendichiamo quale patrimonio inalienabile, patrimonio di memoria storica, ideale e politica dei Comunisti italiani, da trasferire e consegnare intatto alle generazioni future! Come nel 21, come nel 66, oggi come ieri i comunisti devono lottare contro ogni forma di revisionismo, per smascherare traditori e rinnegati di ogni risma, per batterli sul piano politico e ideologico, per stroncarli con le argomentazioni del marxismo scientifico, per ricostruire il Partito Comunista, vera avanguardia della Classe Operaia. Lottiamo e continueremo a lottare nel nome di Gramsci, per la vittoria del Socialismo nel nostro paese! Il Comunismo è la nostra meta!

Grazie per l'attenzione, buon lavoro a tutti voi cari compagni!

Hasta la victoria siempre!

21/01/2001

 
 
 
 
 

vai all' index di Lavoro Politico nr.1      vai all'home Linea Rossa      scrivi alla redazione       webmaster

---------