Saluto
a DP-SU, convegno internazionalista 21 gennaio 2001, da parte di Linea-Rossa,
la prima mailing-list marxista-leninista italiana
(messaggio
letto da Massimo Meloni)
Cari
Compagni, Compagne, compagni rappresentanti delle delegazioni estere,
porto
i saluti a questo convegno internazionalista, da parte di tutta la lista
di discussione in Internet Linea-Rossa e-groups com, nonché
delle due riviste on-line che si rifanno propriamente all’esperienza del
PCd’I
(m-l) Linea Rossa fondato il 1968 da Angiolo Gracci, il partigiano
‘Gracco’, Avanti Popolo! e Lavoro Politico (già
Il
Partito-Linea Rossa). Un’esperienza, questa del lavoro telematico,
produttiva e, nei limiti delle nostre attuali forze, anche efficace. Noi
non vogliamo fondare nessun altro piccolo raggruppamento politico che si
proclama partito, tant’è che la nostra collocazione attuale è
nel Prc, pur consapevoli dei gravi limiti che questo partito ha nei confronti
dei compiti urgenti che alla classe operaia, all’intero proletariato del
nostro paese, spettano. Crediamo al marxismo-leninismo come interpretazione
dialettica della realtà, ma il nostro intervento nelle masse popolari
(ripeto, pur nei limiti delle nostre attuali forze) non può peccare
di astratto ideologismo: la nostra dimensione politico-culturale è
quella di affinare gli strumenti che la ricca tradizione comunista di un
secolo e mezzo ci ha consegnato, di lottare incessantemente contro il revisionismo
storico e politico, di riappropriazione della memoria storica dei comunisti,
di forgiare, ma insieme agli altri, alla classe, al popolo,
lo strumento più adeguato alle sfide del XXI° secolo per la
definitiva emancipazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La Linea
Rossa, è dunque, pur limitati dalle nostre attuali forze, a tutti
gli effetti componente marxista-leninista, impegnata, nel presente,
in un lavoro di chiarificazione ideologica, di ricostruzione della mentalità
comunista e per far questo, pur consci della grande indifferenza che gravita
intorno al nostro procedere nel voler con tenacia ridiffondere la forza
della idealità marxista e leninista, in una organizzazione, sorta
dalla liquidazione del vecchio Pci; abbiamo, per dirla come il compagno
Ferdinando Dubla, accettato anche di "sporcarci le mani" nel progetto Prc.
Abbiamo sciolto, per questo, e non mi stancherò di ripeterlo, le
nostre organizzazioni, profondamente radicate nel territorio, specialmente
nel nostro meridione, dove l'azione decisa di propaganda del Compagno Angiolo
Gracci (Gracco) non è mai mancata, lo abbiamo fatto con umiltà,
ognuno dando la propria adesione (compresi i quadri dirigenti del Pc.d'Italia
[m.l]: Nuova Unità e Linea Rossa) individualmente, ma lo abbiamo
fatto con profondo orgoglio, nel rispetto della nostra storia ed esperienza
politica, acquisita in oltre trent'anni di lotta al revisionismo.Lo abbiamo
deciso e continuiamo (a tutt'oggi) a seguire questa tattica politica, privilegiando
appunto una strategia che riconosce nella massa dei compagni la certezza
di poter ritrovare i veri quadri rivoluzionari necessari alla ricostruzione
del futuro Partito Comunista e del Sindacato di Classe! Questa nostra lotta,
dunque condotta su due fronti, sia chiaro non è una "Guerra di Spagna",
siamo convinti sia la strada da percorrere, siamo convinti sia una lotta
condotta con stile leninista alla luce degli approfondimenti teorici (e
pratici) elaborati dal pensiero di Mao Tse Tung. Battaglia condotta contro
il crescente ecclettismo nel rispetto della idealità e della crescente
voglia di lottare che, tanti altri compagni, dimostrano di possedere e
di voler usare, militando nelle altre organizzazioni della Sinistra di
classe, alla ricerca di uno spazio a sinistra di rifondazione, spazio che
al momento noi crediamo non essere ancora maturo per il salto di qualità
necessario per dar vita al Partito Comunista. Crediamo, al tempo stesso,
occorra che con i compagni si possa condurre una analisi seria, che sia,
certo, soprattutto di critica e di discussione costruttiva, consci che
nell'attuale contesto storico-politico, dove continuano, purtroppo, a
coesistere serie ragioni di dissenso, l'acriticità è
necessario sia denunciata da entrambe le parti, e, partendo da questo punto,
raggiungere attraverso il dialogo e la critica il superamento dei tabù
politico-generazionali, nel tentativo di costruire un serio confronto anche
con chi ha deciso come noi di continuare la militanza nel Prc. Il quadro
internazionale che abbiamo di fronte impone un più vasto coordinamento
delle forze antagoniste al pensiero unico neo-capitalista. Il revisionismo
ha da prima corroso, poi demolito, l’esperienza del socialismo realizzato:
non c’è più l’URSS, distrutto l'intero campo socialista,
cancellate le democrazie popolari, la Cina attuale, comunque la si pensi,
non è quella di Mao-Tse-Tung, sebbene ogni analisi liquidazionista
vada respinta.
Ma
quelle esperienze, hanno o no arricchito il nostro bagaglio e ideale e
politico, e come tesaurizzare quelle stesse esperienze nell’oggi? Un presente
che non è solo cupio dissolvi: accanto all’eroica Cuba, alla
Corea del Nord, al Vietnam, ci sono le lotte in ogni paese del mondo, in
particolare nelle zone diseredate che la globalizzazione ha scelto per
una rapina integrale di uomini e risorse: dal Perù al Nepal, dagli
Stati Uniti di Seattle all’Europa di Nizza, bagliori di ripresa del conflitto
di classe vi sono e vanno sostenuti. Ci sono compagni che troppe volte
si attardano con la matita rossa e blu a sottolineare i limiti di questa
lotta, le parzialità di quest’altra. Ma le critiche, ci hanno insegnato,
non vanno fatte a tavolino, ma nel fuoco dell’iniziativa concreta, specie
quando ci si proclama marxisti-leninisti. Ecco una preziosa indicazione
che ci proviene dal passato: i comunisti devono essere lì, affermava
Che Guevara, dove si consuma l’ingiustizia, non predicare al vento l’ingiustizia
del mondo. La conquista dell’egemonia la si realizza se siamo capaci di
supportare le linee politiche con l’organizzazione conseguente: altrimenti
ogni linea politica, anche la più giusta, è destinata a rimanere
petizione sterile di princìpi. In Italia il modello politico-organizzativo
da riprendere, a questo riguardo, siamo convinti è quello del PCI
del secondo dopoguerra e degli inizi degli anni ’50, di un partito Comunista,
cioè, di quadri e nello stesso tempo di massa, di avanguardie ben
ferrate ideologicamente ma ben riconosciute dalle masse come tali e non
autoreferenti.
E’,
insomma, quello che il compagno Pietro Secchia, chiamava ” l’adeguata
attrezzatura” e il partito “radicato nel popolo”.
Sappiamo
che una mera operazione di restauro non serve. Ma per contrastare efficacemente
il revisionismo storico e politico è necessario, sia calarsi nelle
nuove sfide della contemporaneità con le armi della dialettica materialista,
sia respingere il « nuovismo » imperante. Imperante non solo
a livello delle classi dominanti e dei suoi corifei, ma con eccessivo spessore
anche all’interno della sinistra di classe. Un esempio di “nuovismo” sulle
questioni internazionali, ad esempio, è quello che ci viene dagli
« ossimori » del subcomandante Marcos, poi ripresi dall'attuale
segretario del Prc con la categoria di “rivoluzione capitalista”. Noi al
linguaggio come simbolo rappresentativo della realtà, ci crediamo:
e perciò non di “rivoluzione” deve parlarsi, perché la rivoluzione
appartiene agli oppressi e alla loro volontà e possibilità
di riscatto, ma di “restaurazione”, di “rimodellamento”, funzionale al
dominio delle classi dominanti capitaliste.
Le
stesse impetuose trasformazioni tecnologiche, come la possibilità
di comunicazione a livello globale, Internet per intenderci, dove ad esempio,
ci vede piccoli protagonisti nel nostro paese, recano sempre un’impronta
di classe: esse possono essere utilizzate in senso regressivo o in senso
progressivo. Così come durante i moti risorgimentali del ‘799 a
Napoli esistevano i bollettini borbonici, ma esisteva anche il “Monitore
napoletano” della Pimentel Fonseca, che ebbe un’importanza decisiva nella
proclamazione della Repubblica Partenopea. O Lenin avrebbe dovuto rinunciare
alla “Scintilla” perché la stampa in quanto tale è strumento
di dominio borghese? Ecco un esempio di chiacchiere inutili: e noi della
Linea Rossa (in Internet, in quanto altri compagni, non collegati a noi,
hanno dato vita ad una pubblicazione a stampa dallo stesso nome) mentre
molti ancora chiacchieravano, ci siamo alzati le maniche e abbiamo, tra
i primi in Italia, fondato giornali, riviste, liste di discussione nella
rete telematica e continuiamo a farlo con abnegazione e umiltà.
Credendo che ogni passo, pur piccolo, verso l’emancipazione intellettuale
e materiale delle masse, sia un grande passo verso il socialismo. Il sentiero
è lungo, amava dire Mao-Tse-Tung, ma lo si percorre facendo il primo
passo e poi un altro e poi tutti gli altri. Noi crediamo infatti che il
maoismo, inteso come insieme di riflessioni, teorie, esperienze, prassi
concrete che provengono da Mao-Tse-Tung nell’intero arco della sua vita
(1893-1976), sia lo sviluppo creativo del marxismo-leninismo, quello sviluppo,
cioè, necessario per vincere le sfide dell’oggi. Avulso dal dottrinarismo
sterile, dal dogmatismo e dalla sclerosi burocratica, Mao combattè
sempre anche il fenomeno dell’ ”ultrasinistrismo”, l’altra faccia dell’opportunismo
deteriore e revisionista.
Uno
dei principali compiti della rifondazione comunista o, se si preferisce,
della ricostruzione di una organizzazione comunista marxista-leninista,
esito del lavoro di tutti quei compagni militanti in diversi raggruppamenti
politici (o culturali), di tutte quelle avanguardie che materialmente aspirano
al riconoscimento della ‘linea di massa’, anche di tutti coloro che si
sono attualmente autoemarginati da qualsivoglia appartenenza organizzativa,
ma non identitaria al pensiero e alla prassi comuniste, è la chiarezza
teorica. Di fronte all’imperversare totalitario del ‘pensiero unico’ capitalista/imperialista
ferocemente antimarxista, di fronte all’eclettismo propugnato come modo
d’essere moderno dell’antagonismo sociale e politico, in particolare italiano
ed europeo, le idee chiare e distinte dei marxisti-leninisti potrebbero
costituire il punto di riferimento pratico ed ideale per una strategia
rivoluzionaria. Potrebbero: perché, se la situazione dovesse rimanere
l’attuale, la confusione eclettica anziché diminuire, aumenterebbe
esponenzialmente. E’ il caso di tutti quei compagni che costituiscono l’attuale
‘maoismo militante’ in Italia: divisi tra di loro: le differenze e le diverse
interpretazioni del pensiero del grande maestro di comunismo del XX secolo,
sono a volte così grandi da sgomentare anche il più esperto
degli esegeti. Le differenze ideali si traducono poi, ovviamente, in differenze
politiche talmente consistenti da produrre (quando va bene) assoluta incomunicabilità.
Come già precisato i compagni di Linea Rossa (già del P.C.d'Italia
marxista-leninista) che militano in un’organizzazione (il Prc) che ha semplicemente
rimosso il nodo-Mao, rubricandolo tra gli argomenti da trattare poco e
marginalmente e che non si sforza nella sua linea politica di praticarne
gli assunti (quella che dovrebbe essere la necessità della ‘linea
di massa’), osiamo comunque domandare: quale marxismo- maoismo? Se anche
noi dovessimo risultare reticenti sulla critica ai raggruppamenti "maoisti",
commetteremmo lo stesso errore dei gruppi dirigenti del Prc, che, considerandoli
“marginali” e isolati, settari e testimoniali, preferiscono appunto non
parlarne affatto, ignorarli completamente, sia per non diffonderne l’eventuale
‘contagio’ sia perché effettivamente ‘senza sbocco’. Ma questo,
appunto, non è atteggiamento marxista-leninista. E, a prescindere
dall’influenza reale che queste organizzazioni che vogliono richiamarsi
al maoismo hanno nella pratica concreta, sono i loro assunti teorici che
devono interessare chi ha davvero a cuore , come indicato in premessa,
la ricostruzione di un’organizzazione comunista coerentemente marxista-leninista,
cioè maoista, legata alle sfide nuove del XXI° secolo, che pratichi
una ‘linea di massa’, che in Italia sappia legarsi alle migliori tradizioni
del PCI di Gramsci e Secchia (1926/1956 e, in particolare, 1943/54),
che costruisca la propria forza non ideologicamente ma in virtù
della propria chiarezza teorica nel fuoco della lotta di classe. L'incapacità
di affrontare questi problemi dal punto di vista del leninismo è
sempre stato fattore di degenerazione, deviazione e sconfitta del movimento
rivoluzionario nei paesi capitalistici occidentali. Tali concezioni sono
state fattore di diseducazione ideologica, politica, organizzativa di una
generazione di militanti e, nel loro fallimento pratico, di un grave fenomeno
di crisi ideologica e di disorientamento, che ne ha disperso la maggioranza
delle energie che si erano espresse.
Il comunismo di sinistra in tutte le sue forme si è sempre caratterizzato
su queste questioni per la sua estraneità al marxismo-leninismo,
proponendo una continua oscillazione tra economicismo, riformismo ed estremismo
soggettivista e praticando una politica sterile, incapace di legarsi alle
lotte e ai movimenti di massa, di influenzarli e di dirigerli in una prospettiva
rivoluzionaria.
La mancata piena ripresa di questi punti in termini ideologici, teorici,
politici e organizzativi, ha influenzato negativamente il movimento marxista-leninista
degli anni '60/ '70, la cui degenerazione va compresa e spiegata però
anche in rapporto alla natura sociale e all'evoluzione dei movimenti di
massa di quegli anni, e ha impedito che si ponessero solide basi per la
costruzione di un autentico Partito comunista marxista-leninista. Influenza
negativa che nell'odierno si protrae con le fughe a sinistra, attribuendo
alle lotte sui "bisogni proletari" un carattere immediatamente antagonistico
e anticapitalistico, nella pratica un neoanarchismo che giunge a negare
ogni distinzione fra lotta sindacale di classe e lotta politica rivoluzionaria,
finendo così per svolgere un ruolo politico disgregante verso le
stesse lotte economiche reali, che vengono immediatamente caricate di contenuti
politici generali e di compiti rivoluzionari.
La
lotta sindacale di classe, collocata all'interno della strategia del partito
m-l e legata alla prospettiva della costruzione di un sindacato di classe
è uno dei fronti necessari per la realizzazione della direzione
dell'esperienza e per l'elevamento della coscienza rivoluzionaria di larghe
masse. Nei settori più combattivi e radicali si sono affermate tendenze
e concezioni che rendono sostanzialmente impossibile una effettiva e sistematica
attività di denuncia e mobilitazione politica su tutti gli aspetti
dell'imperialismo, della politica guerrafondaia delle borghesie e dello
sviluppo dei processi reazionari, sul ruolo e l'azione delle diverse classi
e dei partiti che ne sono l'espressione politica, e non permettono l'utilizzo
delle congiunture politiche, che si producono, per sviluppare il movimento
politico rivoluzionario del proletariato.
Queste
tendenze disperdono le lotte sociali, le espongono in maniera spontaneista
alla repressione dello Stato, le isolano dal proletariato e le portano
in un vicolo cieco, dando origine a continui fenomeni di riflusso soggettivo:
e del resto di analisi, sul feroce sistema di annientamento borghese, sul
modo di produzione capitalistico, sull'odierno supersfruttamento interimperialistico
della globalizzazione, potremmo continuare a discuterne all'infinito e
continueremo è certo nel trovarci d’accordo. Questo, non è
però sufficiente, cari compagni, e non lo sarà fino a che
non riavremo l'unico strumento necessario per poter affrontare nel contingente
il nemico di classe, per poterlo sconfiggere per sempre sul piano ideologico,
culturale, politico e sociale!
Bisogna
smascherare sul piano teorico e politico il falso marxismo, il falso leninismo,
il falso maoismo di queste posizioni, e lo si potrà fare quanto
più ci si doterà di un'organizzazione e di una politica che
sia arma di trasformazione, agente nel movimento reale di massa. Con questo
augurio, oggi, invitato a rappresentare Linea Rossa a questa splendida
iniziativa voluta ed organizzata dai compagni di Democrazia Poplare (sinistra
unita), nell' 80° anniversario della fondazione del Partito Comunista
d'Italia, onoriamo con queste premesse in questo giorno la memoria del
nostro maestro Antonio Gramsci, onoriamone la memoria accomunata ai nostri
compagni che ci hanno preceduto nello scontro di classe, affinchè
il loro esempio di coerenza e fedeltà ai principi e alla idealità
comunista nella lotta condotta contro lo spietato sistema di sfruttamento
capitalistico, contro il fascismo e contro il moderno revisionismo ed ogni
sorta di opportunismo non sia stato vano, perchè non vada perduto!
A Livorno, nel Teatro Goldoni, al 17° congresso del Partito Socialista
Italiano, 80 anni fa, fu scissione, i delegati Comunisti, fra i quali il
gruppo piemontese gramsciano dell' Ordine nuovo (Gramsci,Togliatti, Terracini
e Tasca) e la frazione astensionista del gruppo bordighiano del Soviet
del Partito Socialista (Bordiga), abbandonarono il teatro Goldoni, sede
del congresso. Riunitisi nel vicino teatro S.Marco, deliberarono la costituzione
del Partito Comunista d'Italia, sezione italiana della IIIa Internazionale
(Comunista).
Nel
presente, oggi qui in Roma, pur consapevoli assieme ai compagni di DP,
nella cosciente partecipazione di ognuno di noi, delle reciproche diversità
e certi che non abbiamo ancora raggiunto la capacità di adempiere,
nel presente, al ruolo storico che fu di quel congresso, siamo pur convinti
che occorra continuare su quella stessa strada, già percorsa, ed
oggi ancor più insidiosa, difficile e tortuosa, innanzitutto lavorando
su di un progetto di primaria importanza (per i futuri sviluppi) e che
deve essere necessariamente comune: la riappropriazione della memoria storica
dei comunisti! Occorre dunque porsi seriamente il problema di ricostruire
creativamente lo strumento necessario: il vero Partito Comunista! Ritrovare
il filo rosso della ‘rivoluzione negata’, riappropriarsi del vero spirito
rivoluzionario di quella linea rossa che il pensiero di grande maestri
di comunismo del XX° secolo che da Lenin a Gramsci fino a giungere
a Mao rappresentano all'alba di questi terzo millennio. Il comunismo non
è morto, i comunisti sono vivi! Ricordiamo quella data di 80 anni
orsono da Comunisti, Linea Rossa la ricorda con la sua idealità
Marxista Leninista, con la stessa bandiera rossa che il 15 Ottobre 1966
e proprio nella città di Livorno, sulle rovine del Teatro S.Marco
issarono nuovamente in un congresso Comunista, quando, appunto, comunisti
come Angiolo Gracci e Fosco Dinucci ridiedero vita al P.C.d'Italia nel
nome del Marxismo Leninismo e del pensiero di Antonio Gramsci, per combattere
e denunciare il revisionismo moderno che già da tempo, si era impadronito
della direzione del P.C.I.
Ricordiamo
quella data lontana, di 80 anni fa, e la rivendichiamo quale patrimonio
inalienabile, patrimonio di memoria storica, ideale e politica dei Comunisti
italiani, da trasferire e consegnare intatto alle generazioni future! Come
nel 21, come nel 66, oggi come ieri i comunisti devono lottare contro ogni
forma di revisionismo, per smascherare traditori e rinnegati di ogni risma,
per batterli sul piano politico e ideologico, per stroncarli con le argomentazioni
del marxismo scientifico, per ricostruire il Partito Comunista, vera avanguardia
della Classe Operaia. Lottiamo e continueremo a lottare nel nome di Gramsci,
per la vittoria del Socialismo nel nostro paese! Il Comunismo è
la nostra meta!
Grazie per l'attenzione, buon lavoro a tutti voi cari compagni!
Hasta la victoria siempre!
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