Luciano Bezeredy/Ferdinando
Dubla
Maoismo
o linea Li-Li San?
La presunta ortodossia maoista è il massimo dell’eresia rispetto al reale pensiero e alla pratica sociale del più grande maestro del marxismo-leninismo del XX secolo. La grave sottovalutazione dello sviluppo della lotta democratica nella ricostruzione del partito comunista di quadri e di massa
· Quale maoismo?
Uno dei principali compiti
della rifondazione comunista o, se si preferisce, della ricostruzione di
una organizzazione comunista marxista-leninista, esito del lavoro di tutti
quei compagni militanti in diversi raggruppamenti politici (o culturali),
di tutte quelle avanguardie che materialmente aspirano al riconoscimento
della ‘linea di massa’, anche di tutti coloro che si sono attualmente autoemarginati
da qualsivoglia appartenenza organizzativa, ma non identitaria al pensiero
e alla prassi comuniste, è la chiarezza teorica.
Di fronte all’imperversare
totalitario del ‘pensiero unico’ capitalista/imperialista ferocemente antimarxista,
di fronte all’eclettismo propugnato come modo d’essere moderno dell’antagonismo
sociale e politico, in particolare italiano ed europeo, le idee chiare
e distinte dei marxisti-leninisti potrebbero costituire il punto
di riferimento pratico ed ideale per una strategia rivoluzionaria.
Potrebbero: perché,
se la situazione dovesse rimanere l’attuale, la confusione eclettica anziché
diminuire, aumenterebbe esponenzialmente.
E’ il caso di tutti quei
compagni che costituiscono l’attuale ‘maoismo militante’ in Italia: divisi
tra di loro, le differenze e le diverse interpretazioni del pensiero del
grande maestro di comunismo del XX secolo, sono a volte così grandi
da sgomentare anche il più esperto degli esegeti. Le differenze
ideali si traducono poi, ovviamente, in differenze politiche talmente consistenti
da produrre (quando va bene) assoluta incomunicabilità.
Precisando che gli scriventi
militano in un’organizzazione (il PRC) che ha semplicemente rimosso il
nodo-Mao, rubricandolo tra gli argomenti da trattare poco e marginalmente
e che non si sforza nella sua linea politica di praticarne gli assunti,
osiamo comunque domandare: quale maoismo?
· Necessità della ‘linea
di massa’
Quello dei compagni del
PMLI (Il Bolcevico), quello di Rossoperaio (costituendo PCM e legati al
MCR-Movimento Comunista Rivoluzionario), quello dei CARC (da non
assimilare ma certamente non indifferenti a coloro che hanno deciso di
dar vita alla cosiddetta Commissione Preparatoria di fondazione del [nuovo]
Partito Comunista Italiano e che hanno come organo La Voce)?
Se anche noi dovessimo
risultare reticenti sulla critica a questi raggruppamenti, commetteremmo
lo stesso errore dei gruppi dirigenti del PRC, che, considerandoli
“marginali” e isolati, settari e testimoniali, preferiscono appunto non
parlarne affatto, ignorarli completamente, sia per non diffonderne l’eventuale
‘contagio’ sia perché effettivamente ‘senza sbocco’. Ma questo,
appunto, non è atteggiamento marxista-leninista. E, a prescindere
dall’influenza reale che queste organizzazioni che vogliono richiamarsi
al maoismo hanno nella pratica concreta, sono i loro assunti teorici che
devono interessare chi ha davvero a cuore , come indicato in premessa,
la ricostruzione di un’organizzazione comunista coerentemente marxista-leninista,
cioè maoista, legata alle sfide nuove del XXI secolo, che pratichi
una ‘linea di massa’, che in Italia sappia legarsi alle migliori tradizioni
del PCI di Gramsci e Secchia (1926/1956 e, in particolare, 1943/54),
che costruisca la propria forza non ideologicamente [vedi la critica
di Marx ed Engels all’ideologia come ‘falsa coscienza’ nell’ Ideologia
tedesca, 1945] ma in virtù della propria chiarezza teorica nel
fuoco della lotta di classe.
· Critica all’ultrasinistrismo
(linea Li-Li-San)
Noi crediamo infatti che
il maoismo, inteso come insieme di riflessioni, teorie, esperienze, prassi
concrete che provengono da Mao-Tse-Tung nell’intero arco della sua vita
(1893-1976), sia lo sviluppo creativo del marxismo-leninismo, quello sviluppo,
cioè, necessario per vincere le sfide dell’oggi.
Avulso dal dottrinarismo
sterile, dal dogmatismo e dalla sclerosi burocratica, Mao combattè
sempre anche il fenomeno dell’”ultrasinistrismo”, l’altra faccia dell’opportunismo
deteriore e revisionista.
E lo combattè nel
fuoco della lotta: a partire dagli anni 1927/28. Una delle concezioni che
discendevano dalla linea ‘ultrasinistra’, era quella che la tattica dei
comunisti per la rivoluzione in Cina fosse organizzare rivolte nelle città
e poi estendere il movimento nelle campagne. Fu chiamata linea ‘Li-Li-San’
e Mao combattè questa deviazione anzitutto con la pratica concreta
dell’organizzazione della lotta armata nella regione di confine Hunan-Kiangsi;
è in questo periodo, mentre l’avventurismo della linea opportunista
portava alle nuove, sanguinose perdite della “Comune di Canton” (fine del
1927), che Mao getta le prime basi della strategia e della tattica della
rivoluzione cinese. Denunciò la politica che respingeva la piccola
borghesia nelle file dei proprietari fondiari e dei bianchi pretendendo
“la trasformazione dei piccoli borghesi in proletari”. Inoltre stigmatizzò
le fughe precipitose e i “ricorsi alle insurrezioni in maniera sconsiderata”.
Insomma, un politico attento e uno stratega accorto, sensibile alla politica
di alleanze, mai tronfio nei confronti dei potenziali alleati e misuratore
della forza avversaria, senza né sopravvalutazioni né sottovalutazioni.
Ancora, in una lettera scritta a Lin Piao (caduto in preda a vedute pessimistiche)
nel gennaio 1930, dal titolo Una scintilla può dar fuoco a tutta
la prateria, Mao criticò a fondo la linea Li-Li-San, qualificandola
come ‘impetuosità rivoluzionaria’, le cui origini andavano ricercate
nel soggettivismo e la cui conseguenza inevitabile non poteva che essere
il putschismo. E, gettando le basi delle sue riflessioni filosofiche del
1937 (i mirabili Sulla pratica e Sulla contraddizione) scrisse
già nel gennaio 1930:
“Quando
osserviamo una cosa, dobbiamo esaminarne l’essenza e considerare le sue
manifestazioni esteriori semplicemente come una guida che conduce alla
porta; varcata la porta, dobbiamo afferrare l’essenza della cosa; questo
è il solo metodo d’analisi sicuro e scientifico.”
· La lotta sui due fronti
Ci furono altre ‘deviazioni’
durante il corso della rivoluzione cinese e nell’epoca della costruzione
del socialismo in Cina (1949/1976). Ma sempre Mao si oppose, denunciando
sia l’avventurismo astratto pseudo-ribellistico alla ‘Li-Li-San’, sia il
dogmatismo anticreativo fossilizzato nel culto della personalità,
condannato anche quando fu proprio l’effigie di Mao a caratterizzare le
manifestazioni della rivoluzione culturale (nell’intervista a Snow del
dicembre 1970 Mao criticò espressamente ogni forma di incensamento
alla sua persona e nel paese venne lanciata una campagna di critica al
revisionismo e di rettifica dello stile di lavoro). E in questo venivano
ad incontrarsi con posizioni di ultra sinistra presenti nei settori studenteschi
ed intellettuali, che scambiavano l’obiettivo della RCP per la realizzazione
immediata del comunismo, rifiutando qualsiasi momento di centralizzazione
e mediazione complessiva: costoro si illudevano di poter dare una soluzione
definitiva alle contraddizioni esistenti attraverso il prolungamento indefinito
dello scontro, con il solo risultato di istituzionalizzare le spaccature
tra i diversi strati della società. Ed invece, come Mao si espresse
proprio per lottare efficacemente contro il revisionismo, l’opportunismo
e il carrierismo nelle fila del Partito Comunista, “è necessario
partire sempre dalla realtà della vita.”
L'incapacità di
affrontare questi problemi dal punto di vista del leninismo è sempre
stato fattore di degenerazione, deviazione e sconfitta del movimento rivoluzionario
nei paesi capitalistici occidentali. Tali concezioni sono state fattore
di diseducazione ideologica, politica, organizzativa di una generazione
di militanti e, nel loro fallimento pratico, di un grave fenomeno di crisi
ideologica e di disorientamento, che ne ha disperso la maggioranza delle
energie che si erano espresse.
Il comunismo di sinistra
in tutte le sue forme si è sempre caratterizzato su queste questioni
per la sua estraneità al marxismo-leninismo, proponendo una continua
oscillazione tra economicismo, riformismo ed estremismo
soggettivista e praticando una politica sterile, incapace di legarsi
alle lotte e ai movimenti di massa, di influenzarli e di dirigerli in una
prospettiva rivoluzionaria.
· Il movimento marxista-leninista
La mancata piena ripresa
di questi punti in termini ideologici, teorici, politici e organizzativi,
ha influenzato negativamente il movimento marxista-leninista degli anni
'60/ '70, la cui degenerazione va compresa e spiegata però anche
in rapporto alla natura sociale e all'evoluzione dei movimenti di massa
di quegli anni, e ha impedito che si ponessero solide basi per la costruzione
di un autentico Partito Comunista marxista-leninista. Influenza negativa
che nell'odierno si protrae con le fughe a sinistra, attribuendo alle lotte
sui "bisogni proletari" un carattere immediatamente antagonistico e anticapitalistico,
nella pratica un neoanarchismo che giunge a negare ogni distinzione
fra lotta sindacale di classe e lotta politica rivoluzionaria, finendo
così per svolgere un ruolo politico disgregante verso le stesse
lotte economiche reali, che vengono immediatamente caricate di contenuti
politici generali e di compiti rivoluzionari.
La lotta sindacale di
classe, collocata all'interno della strategia del partito m-l e legata
alla prospettiva della costruzione di un sindacato di classe è uno
dei fronti necessari per la realizzazione della direzione dell'esperienza
e per l'elevamento della coscienza rivoluzionaria di larghe masse. Nei
settori più combattivi e radicali si sono affermate tendenze e concezioni
che rendono sostanzialmente impossibile una effettiva e sistematica attività
di denuncia e mobilitazione politica su tutti gli aspetti dell'imperialismo,
della politica guerrafondaia delle borghesie e dello sviluppo dei processi
reazionari, sul ruolo e l'azione delle diverse classi e dei partiti che
ne sono l'espressione politica, e non permettono l'utilizzo delle congiunture
politiche, che si producono, per sviluppare il movimento politico rivoluzionario
del proletariato.
Queste tendenze disperdono
le lotte sociali, le espongono in maniera spontaneista alla repressione
dello Stato, le isolano dal proletariato e le portano in un vicolo cieco,
dando origine a continui fenomeni di riflusso soggettivo. Bisogna smascherare
sul piano teorico e politico il falso marxismo, il falso leninismo, il
falso maoismo di queste posizioni, e lo si potrà fare quanto più
ci si doterà di un'organizzazione e di una politica che sia arma
di trasformazione, agente nel movimento reale di massa.
· Necessità della lotta
democratica
All'ordine del giorno
occorre porre il problema dello sviluppo della lotta democratica,
come uno degli strumenti necessari nelle attuali condizioni della lotta
di classe per lo smascheramento della democrazia borghese, dei partiti
riformisti e revisionisti. I marxisti-leninisti devono diventare i promotori
di una lotta coerente, fondata sull'analisi di classe e che sia ancorata
allo sviluppo della lotta di classe, per la libertà di opposizione,
di espressione, di stampa, contro ogni legislazione speciale e contro ogni
discriminazione e sopruso ai danni delle minoranze. In questa lotta i comunisti
m-l devono utilizzare la contraddizione sempre più manifesta tra
"quello che la democrazia borghese dice di essere e quello che è
realmente" in modo da sfruttare pienamente tutte le enormi possibilità
di denuncia, di educazione e di iniziativa diretta delle masse che si presentano
con il progredire del processo reazionario, per arrivare a dimostrare,
attraverso la direzione dell'esperienza concreta, che la democrazia borghese
altro non è che il miglior involucro della dittatura di classe della
borghesia.
L'azione del partito m-l
nella lotta democratica intesa in questo senso, rappresenta un fattore
di sviluppo dell'indipendenza politica del proletariato anche su questo
terreno, e attrae (come insegna Mao) dalla parte del proletariato altri
settori sociali.
· Il nostro lavoro, oggi
Dichiararsi maoisti a
parole, dunque,non basta: se alla lotta contro il revisionismo, storico
e politico, non si accompagna la lotta contro l’avventurismo ultrasinistro,
non si può definirsi maoisti. Il che non è peccato mortale:
ma la chiarezza teorica è necessaria per lo sviluppo del marxismo-leninismo
nel presente e nel futuro. Solo a margine, vogliamo far notare che le stesse
caratteristiche di riflessione politica e di azione conseguente, le ebbero
in Italia Antonio Gramsci e Pietro Secchia. Eppure c’è chi stoltamente
non se ne avvede proprio professando una presunta ‘ortodossia maoista’.
La nostra battaglia contro
simili concezioni è dentro il tentativo di ricostruire (non costruire
ex-novo, ma ri/costruire) ciò che in Italia non c’è più:
un Partito Comunista di quadri e di massa (che pratichi la ‘linea di massa’),
radicato nel popolo ma reale avanguardia leninista nei luoghi di lavoro
e di studio, nella promozione di movimenti e della lotta di classe. Guidato
teoricamente dal marxismo-leninismo, ma quello creativo, appunto l’applicazione
del maoismo. Non il cenacolo salottiero e piccolo-borghese che è
capace solo di parole, chiacchiere e ancora parole, magari scritte seguendo
le regole della logica formale. Ciò che a noi preme è la
contraddizione pulsante della realtà, sempre superiore e diversa
dalle descrizioni che di essa gli idealisti possono rappresentarsi.
Le fughe a sinistra nel
nome di una presunta ortodossia maoista (marxista-leninista) sono destinate
al fallimento; occorre dunque porsi seriamente il problema di rifondare,
ricostruire creativamente lo strumento necessario: il Partito Comunista
marxista-leninista! Occorre ritrovare in noi il filo rosso della ‘rivoluzione
negata’, riappropriarsi del vero spirito rivoluzionario maoista, della
linea
rossa che il pensiero del grande maestro di comunismo del XX secolo
rappresenta.
Nota
Sullo stesso tema possono
leggersi:
- Ferdinando Dubla/Angiolo
Gracci: Le armi della dialettica nella costruzione del partito,
Aginform nr.12/2000
- A.Gracci: La rivoluzione
negata, Città del Sole, 1999
- Saggio introduttivo
Quando
Mao indicò la luna a Mao-Tse-Tung: Sulla dittatura democratica
popolare (30 giugno 1949) per il 50° anniversario della fondazione
della RPC, Cesdom, Taranto, 1999 (dispensa)
- Ferdinando Dubla: La
Cina è ancora vicina - Quando Mao indicò la luna, Nuova
Unità nr.7/99
In particolare, consigliamo
la lettura di un testo: Introduzione allo studio del pensiero di Mao
–
le
tesi principali del pensiero di Mao Tsetung raccolte in un breve corso
popolare, a cura della Commissione Culturale del Movimento lavoratori
per il Socialismo, Edizioni di Cultura Popolare, 1977. Testo ormai introvabile,
esso può essere richiesto in fotocopia alla nostra redazione
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