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nr.1 - nuova serie - marzo 2001
 
 

Luciano Bezeredy/Ferdinando Dubla
Maoismo o linea Li-Li San?

La presunta ortodossia maoista è il massimo dell’eresia rispetto al reale pensiero e alla pratica sociale del più grande maestro del marxismo-leninismo del XX secolo. La grave sottovalutazione dello sviluppo della lotta democratica nella ricostruzione del partito comunista di quadri e di massa

· Quale maoismo?
Uno dei principali compiti della rifondazione comunista o, se si preferisce, della ricostruzione di una organizzazione comunista marxista-leninista, esito del lavoro di tutti quei compagni militanti in diversi raggruppamenti politici (o culturali), di tutte quelle avanguardie che materialmente aspirano al riconoscimento della ‘linea di massa’, anche di tutti coloro che si sono attualmente autoemarginati da qualsivoglia appartenenza organizzativa, ma non identitaria al pensiero e alla prassi comuniste, è la chiarezza teorica.
Di fronte all’imperversare totalitario del ‘pensiero unico’ capitalista/imperialista ferocemente antimarxista, di fronte all’eclettismo propugnato come modo d’essere moderno dell’antagonismo sociale e politico, in particolare italiano ed europeo, le idee chiare e distinte dei marxisti-leninisti potrebbero costituire il punto di riferimento pratico ed ideale per una strategia rivoluzionaria.
Potrebbero: perché, se la situazione dovesse rimanere l’attuale, la confusione eclettica anziché diminuire, aumenterebbe esponenzialmente.
E’ il caso di tutti quei compagni che costituiscono l’attuale ‘maoismo militante’ in Italia: divisi tra di loro, le differenze e le diverse interpretazioni del pensiero del grande maestro di comunismo del XX secolo, sono a volte così grandi da sgomentare anche il più esperto degli esegeti. Le differenze ideali si traducono poi, ovviamente, in differenze politiche talmente consistenti da produrre (quando va bene) assoluta incomunicabilità.
Precisando che gli scriventi militano in un’organizzazione (il PRC) che ha semplicemente rimosso il nodo-Mao, rubricandolo tra gli argomenti da trattare poco e marginalmente e che non si sforza nella sua linea politica di praticarne gli assunti, osiamo comunque domandare: quale maoismo?

· Necessità della ‘linea di massa’
Quello dei compagni del PMLI (Il Bolcevico), quello di Rossoperaio (costituendo PCM e legati al MCR-Movimento Comunista Rivoluzionario), quello dei  CARC (da non assimilare ma certamente non indifferenti a coloro che hanno deciso di dar vita alla cosiddetta Commissione Preparatoria di fondazione del [nuovo] Partito Comunista Italiano e che hanno come organo La Voce)?
Se anche noi dovessimo risultare reticenti sulla critica a questi raggruppamenti, commetteremmo lo stesso errore dei gruppi dirigenti del PRC, che, considerandoli  “marginali” e isolati, settari e testimoniali, preferiscono appunto non parlarne affatto, ignorarli completamente, sia per non diffonderne l’eventuale ‘contagio’ sia perché effettivamente ‘senza sbocco’. Ma questo, appunto, non è atteggiamento marxista-leninista. E, a prescindere dall’influenza reale che queste organizzazioni che vogliono richiamarsi al maoismo hanno nella pratica concreta, sono i loro assunti teorici che devono interessare chi ha davvero a cuore , come indicato in premessa, la ricostruzione di un’organizzazione comunista coerentemente marxista-leninista, cioè maoista, legata alle sfide nuove del XXI secolo, che pratichi una ‘linea di massa’, che in Italia sappia legarsi alle migliori tradizioni del PCI di  Gramsci e Secchia (1926/1956 e, in particolare, 1943/54), che costruisca la propria forza non ideologicamente [vedi la critica di Marx ed Engels all’ideologia come ‘falsa coscienza’ nell’ Ideologia tedesca, 1945] ma in virtù della propria chiarezza teorica nel fuoco della lotta di classe.

· Critica all’ultrasinistrismo (linea Li-Li-San)
Noi crediamo infatti che il maoismo, inteso come insieme di riflessioni, teorie, esperienze, prassi concrete che provengono da Mao-Tse-Tung nell’intero arco della sua vita (1893-1976), sia lo sviluppo creativo del marxismo-leninismo, quello sviluppo, cioè, necessario per vincere le sfide dell’oggi.
Avulso dal dottrinarismo sterile, dal dogmatismo e dalla sclerosi burocratica, Mao combattè sempre anche il fenomeno dell’”ultrasinistrismo”, l’altra faccia dell’opportunismo deteriore e revisionista.
E lo combattè nel fuoco della lotta: a partire dagli anni 1927/28. Una delle concezioni che discendevano dalla linea ‘ultrasinistra’, era quella che la tattica dei comunisti per la rivoluzione in Cina fosse organizzare rivolte nelle città e poi estendere il movimento nelle campagne. Fu chiamata linea ‘Li-Li-San’ e Mao combattè questa deviazione anzitutto con la pratica concreta dell’organizzazione della lotta armata nella regione di confine Hunan-Kiangsi; è in questo periodo, mentre l’avventurismo della linea opportunista portava alle nuove, sanguinose perdite della “Comune di Canton” (fine del 1927), che Mao getta le prime basi della strategia e della tattica della rivoluzione cinese. Denunciò la politica che respingeva la piccola borghesia nelle file dei proprietari fondiari e dei bianchi pretendendo “la trasformazione dei piccoli borghesi in proletari”. Inoltre stigmatizzò le fughe precipitose e i “ricorsi alle insurrezioni in maniera sconsiderata”. Insomma, un politico attento e uno stratega accorto, sensibile alla politica di alleanze, mai tronfio nei confronti dei potenziali alleati e misuratore della forza avversaria, senza né sopravvalutazioni né sottovalutazioni. Ancora, in una lettera scritta a Lin Piao (caduto in preda a vedute pessimistiche) nel gennaio 1930, dal titolo Una scintilla può dar fuoco a tutta la prateria, Mao criticò a fondo la linea Li-Li-San, qualificandola come ‘impetuosità rivoluzionaria’, le cui origini andavano ricercate nel soggettivismo e la cui conseguenza inevitabile non poteva che essere il putschismo. E, gettando le basi delle sue riflessioni filosofiche del 1937 (i mirabili Sulla pratica e Sulla contraddizione) scrisse già nel gennaio 1930:
“Quando osserviamo una cosa, dobbiamo esaminarne l’essenza e considerare le sue manifestazioni esteriori semplicemente come una guida che conduce alla porta; varcata la porta, dobbiamo afferrare l’essenza della cosa; questo è il solo metodo d’analisi sicuro e scientifico.”

· La lotta sui due fronti
Ci furono altre ‘deviazioni’ durante il corso della rivoluzione cinese e nell’epoca della costruzione del socialismo in Cina (1949/1976). Ma sempre Mao si oppose, denunciando sia l’avventurismo astratto pseudo-ribellistico alla ‘Li-Li-San’, sia il dogmatismo anticreativo fossilizzato nel culto della personalità, condannato anche quando fu proprio l’effigie di Mao a caratterizzare le manifestazioni della rivoluzione culturale (nell’intervista a Snow del dicembre 1970 Mao criticò espressamente ogni forma di incensamento alla sua persona e nel paese venne lanciata una campagna di critica al revisionismo e di rettifica dello stile di lavoro).  E in questo venivano ad incontrarsi con posizioni di ultra sinistra presenti nei settori studenteschi ed intellettuali, che scambiavano l’obiettivo della RCP per la realizzazione immediata del comunismo, rifiutando qualsiasi momento di centralizzazione e mediazione complessiva: costoro si illudevano di poter dare una soluzione definitiva alle contraddizioni esistenti attraverso il prolungamento indefinito dello scontro, con il solo risultato di istituzionalizzare le spaccature tra i diversi strati della società. Ed invece, come Mao si espresse proprio per lottare efficacemente contro il revisionismo, l’opportunismo e il carrierismo nelle fila del Partito Comunista, “è necessario partire sempre dalla realtà della vita.”
L'incapacità di affrontare questi problemi dal punto di vista del leninismo è sempre stato fattore di degenerazione, deviazione e sconfitta del movimento rivoluzionario nei paesi capitalistici occidentali. Tali concezioni sono state fattore di diseducazione ideologica, politica, organizzativa di una generazione di militanti e, nel loro fallimento pratico, di un grave fenomeno di crisi ideologica e di disorientamento, che ne ha disperso la maggioranza delle energie che si erano espresse.
Il comunismo di sinistra in tutte le sue forme si è sempre caratterizzato su queste questioni per la sua estraneità al marxismo-leninismo, proponendo una continua oscillazione tra economicismo, riformismo ed estremismo soggettivista e praticando una politica sterile, incapace di legarsi alle lotte e ai movimenti di massa, di influenzarli e di dirigerli in una prospettiva rivoluzionaria.

· Il movimento marxista-leninista
La mancata piena ripresa di questi punti in termini ideologici, teorici, politici e organizzativi, ha influenzato negativamente il movimento marxista-leninista degli anni '60/ '70, la cui degenerazione va compresa e spiegata però anche in rapporto alla natura sociale e all'evoluzione dei movimenti di massa di quegli anni, e ha impedito che si ponessero solide basi per la costruzione di un autentico Partito Comunista marxista-leninista. Influenza negativa che nell'odierno si protrae con le fughe a sinistra, attribuendo alle lotte sui "bisogni proletari" un carattere immediatamente antagonistico e anticapitalistico, nella pratica un neoanarchismo che giunge a negare ogni distinzione fra lotta sindacale di classe e lotta politica rivoluzionaria, finendo così per svolgere un ruolo politico disgregante verso le stesse lotte economiche reali, che vengono immediatamente caricate di contenuti politici generali e di compiti rivoluzionari.
La lotta sindacale di classe, collocata all'interno della strategia del partito m-l e legata alla prospettiva della costruzione di un sindacato di classe è uno dei fronti necessari per la realizzazione della direzione dell'esperienza e per l'elevamento della coscienza rivoluzionaria di larghe masse. Nei settori più combattivi e radicali si sono affermate tendenze e concezioni che rendono sostanzialmente impossibile una effettiva e sistematica attività di denuncia e mobilitazione politica su tutti gli aspetti dell'imperialismo, della politica guerrafondaia delle borghesie e dello sviluppo dei processi reazionari, sul ruolo e l'azione delle diverse classi e dei partiti che ne sono l'espressione politica, e non permettono l'utilizzo delle congiunture politiche, che si producono, per sviluppare il movimento politico rivoluzionario del proletariato.
Queste tendenze disperdono le lotte sociali, le espongono in maniera spontaneista alla repressione dello Stato, le isolano dal proletariato e le portano in un vicolo cieco, dando origine a continui fenomeni di riflusso soggettivo. Bisogna smascherare sul piano teorico e politico il falso marxismo, il falso leninismo, il falso maoismo di queste posizioni, e lo si potrà fare quanto più ci si doterà di un'organizzazione e di una politica che sia arma di trasformazione, agente nel movimento reale di massa.

· Necessità della lotta democratica
All'ordine del giorno occorre porre il problema dello sviluppo della lotta democratica, come uno degli strumenti necessari nelle attuali condizioni della lotta di classe per lo smascheramento della democrazia borghese, dei partiti riformisti e revisionisti. I marxisti-leninisti devono diventare i promotori di una lotta coerente, fondata sull'analisi di classe e che sia ancorata allo sviluppo della lotta di classe, per la libertà di opposizione, di espressione, di stampa, contro ogni legislazione speciale e contro ogni discriminazione e sopruso ai danni delle minoranze. In questa lotta i comunisti m-l devono utilizzare la contraddizione sempre più manifesta tra "quello che la democrazia borghese dice di essere e quello che è realmente" in modo da sfruttare pienamente tutte le enormi possibilità di denuncia, di educazione e di iniziativa diretta delle masse che si presentano con il progredire del processo reazionario, per arrivare a dimostrare, attraverso la direzione dell'esperienza concreta, che la democrazia borghese altro non è che il miglior involucro della dittatura di classe della borghesia.
L'azione del partito m-l nella lotta democratica intesa in questo senso, rappresenta un fattore di sviluppo dell'indipendenza politica del proletariato anche su questo terreno, e attrae (come insegna Mao) dalla parte del proletariato altri settori sociali.

· Il nostro lavoro, oggi
Dichiararsi maoisti a parole, dunque,non basta: se alla lotta contro il revisionismo, storico e politico, non si accompagna la lotta contro l’avventurismo ultrasinistro, non si può definirsi maoisti. Il che non è peccato mortale: ma la chiarezza teorica è necessaria per lo sviluppo del marxismo-leninismo nel presente e nel futuro. Solo a margine, vogliamo far notare che le stesse caratteristiche di riflessione politica e di azione conseguente, le ebbero in Italia Antonio Gramsci e Pietro Secchia. Eppure c’è chi stoltamente non se ne avvede proprio professando una presunta ‘ortodossia maoista’.
La nostra battaglia contro simili concezioni è dentro il tentativo di ricostruire (non costruire ex-novo, ma ri/costruire) ciò che in Italia non c’è più: un Partito Comunista di quadri e di massa (che pratichi la ‘linea di massa’), radicato nel popolo ma reale avanguardia leninista nei luoghi di lavoro e di studio, nella promozione di movimenti e della lotta di classe. Guidato teoricamente dal marxismo-leninismo, ma quello creativo, appunto l’applicazione del maoismo. Non il cenacolo salottiero e piccolo-borghese che è capace solo di parole, chiacchiere e ancora parole, magari scritte seguendo le regole della logica formale. Ciò che a noi preme è la contraddizione pulsante della realtà, sempre superiore e diversa dalle descrizioni che di essa gli idealisti possono rappresentarsi.
Le fughe a sinistra nel nome di una presunta ortodossia maoista (marxista-leninista) sono destinate al fallimento; occorre dunque porsi seriamente il problema di rifondare, ricostruire creativamente lo strumento necessario: il Partito Comunista marxista-leninista! Occorre ritrovare in noi il filo rosso della ‘rivoluzione negata’, riappropriarsi del vero spirito rivoluzionario maoista, della linea rossa che il pensiero del grande maestro di comunismo del XX secolo rappresenta.

Nota
Sullo stesso tema possono leggersi:
- Ferdinando Dubla/Angiolo Gracci: Le armi della dialettica nella costruzione del partito, Aginform nr.12/2000
- A.Gracci: La rivoluzione negata, Città del Sole, 1999
- Saggio introduttivo Quando Mao indicò la luna a Mao-Tse-Tung: Sulla dittatura democratica popolare (30 giugno 1949) per il 50° anniversario della fondazione della RPC, Cesdom, Taranto, 1999 (dispensa)
- Ferdinando Dubla: La Cina è ancora vicina - Quando Mao indicò la luna, Nuova Unità nr.7/99

In particolare, consigliamo la lettura di un testo: Introduzione allo studio del pensiero di Mao le tesi principali del pensiero di Mao Tsetung raccolte in un breve corso popolare, a cura della Commissione Culturale del Movimento lavoratori per il Socialismo, Edizioni di Cultura Popolare, 1977. Testo ormai introvabile, esso può essere richiesto in fotocopia alla nostra redazione
 
 

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