Ferdinando Dubla
Articolo: La scuola officina dell'egemonia
[blog settembre 2008]
LA SCUOLA OFFICINA DELL’EGEMONIA
L’offensiva della destra al governo contro la scuola pubblica come avamposto per la distruzione di tutti i comparti pubblici e la formazione dell’egemonia culturale
----- Ferdinando Dubla -----
Bisognava imporre un appetitoso ordine del giorno per la stampa nazionale e tutte le agenzie mass-mediologiche: il grembiulino per porre fine alla sconcezza del vestiario libertario, il voto in condotta per ripristinare il rispetto delle autorità costituite, il maestro unico, perché con tutte queste maestre non si capisce più niente, i fannulloni assenteisti e gli insegnanti meridionali che si sono permessi di bocciare il pargolo padano figlio del Boss, ecc… E così, nel piano studiato dalla neo-ministra all’Istruzione Gelmini e dal suo burattinaio Tremonti, si colgono due obiettivi importanti: si parla di ciò che non si deve parlare e si fabbrica consenso con demagogia perbenista e ipocrita, persino con la sparata senza conseguenze operative del costo lievitato dei libri di testo e l’educazione civica-stradale come materia fondamentale senza sborsare un quattrino per nuovi insegnanti. Di che cosa non bisogna parlare? Dei tagli da massacro, della riduzione della spesa, dell’annientamento dell’istituzione pubblica della scuola. Se gli va bene, possono poi procedere con il resto a passi spediti: sanità, trasporti, forse anche sicurezza e forze armate e i brandelli di ciò che è rimasto, anche se in parte, pubblico. Poi il taglio dell’ICI, che azzererà progressivamente i già dissestati servizi sociali comunali (specie al Sud) e il federalismo fiscale, che tenterà di preservare le aree ricche impaurite dalla recessione, completerà il quadro. Una bella soglia di sbarramento anche alle europee terrà la sinistra fuori dalla rappresentanza e per quanto riguarda le possibili agitazioni, mazzate, tanto qualche milite dell’esercito già si vede nelle città della libera e florida Italia che prende le impronte ai veri nemici della democrazia, i bambini rom. Se gli va bene, perché la scuola è un avamposto: se le porcate della macelleria sociale passano indenni dalle mobilitazioni d’autunno di studenti, insegnanti, e di tutto il personale della scuola, il gioco è quasi fatto. La casta degli oligarchi al governo del paese odia la scuola pubblica: essa è un lusso egualitario, costa troppo, non forma al precariato a vita, non è completamente funzionale agli interessi del capitale; la classe docente non è come i giornali compiacenti, si trova di tutto, anche i comunisti. Non posso cacciar via il personale di ruolo; certo: che fare, dunque? Prendersela con i precari che attendono da anni (che impudenti!) l’immissione nei ruoli dello Stato per il servizio prestato dopo i tanti concorsi vinti, le abilitazioni, i titoli, i master, i corsi di aggiornamento e quant’altro. E ridurre i posti di sostegno per gli alunni disabili, poco utili alla produzione mercantile di domani. Le scuole si trasformino in Fondazioni, vadano in pratica a elemosinare soldi alle imprese in cambio della formazione adeguata alle necessità del nuovo schiavismo invece che batter cassa allo Stato che ha da pensare a ben altro, per esempio a elargire prebende con i POF, PON e similia (clientele e servilismo per farsi finanziare i progetti, prego) e a sistemare i consulenti amici a stipendi lauti (altro che quella miseria stipendiale dei professori!). E una volta ri-Fondate, le scuole chiamino i docenti che più gli aggradano, senza un sistema certo di reclutamento, le graduatorie sono troppo rigide, si rispetta un punteggio, non si può scegliere in base ai propri gusti. La oligarchia dei padroni e dei loro servi più devoti non toccheranno, per carità, gli insegnanti di religione: il capitalismo di rapina acquista con i baciapile i valori morali che perde per strada.
L’egemonia culturale va formata da piccoli, il povero è un cretino il ricco è intelligente, il ’68 è stato un disastro, a scuola non si esercita la cittadinanza e la partecipazione politica, si impara a ubbidire e, alla bisogna, combattere.
Ma non lo diceva anche Gramsci che la scuola è una cosa seria, serissima, rigorosa? Certo, ed era la prima e ovvia sua impostazione della questione: ma aggiungeva che quel sapere non era patrimonio dei ricchi e degli oligarchi, quel sapere doveva essere patrimonio anche dei figli degli operai e dei contadini, che dovevano affrancarsi, liberarsi dalle catene della schiavitù e dell’oscurantismo, anche mentale, per costruire un nuovo tracciato di liberazione e di riscatto sociale. Per rivoluzionare l’esistente e appropriarsi dell’avvenire.
I padroni incattiviti senza opposizione parlamentare sono sì gramsciani, ma nel senso che hanno capito che l’egemonia ha come suo primo avamposto la scuola pubblica. E vogliono distruggerla. Riusciremo a impedirlo?
fe.d.,
comunicato-stampa segreteria prov. PdCI – Taranto
inviato a Resistenze.org
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