IL PARTITO E IL DIBATTITO
Il PRC, una formazione transitoria o storicamente necessaria?
Rifondazione Comunista deve saper trasformare, in tempi politici, l’inerzia di un insieme di militanti, in quadri consapevolmente lucidi dei loro compiti
----- Alessandro Valentini ------
Dunque, senza una teoria della trasformazione una forza antagonista
non si trasforma in partito comunista e soprattutto non è in grado
di competere e reggere il confronto storico con le socialdemocrazie. L’aver
operato la distinzione tra le due sinistre è un passo impegnativo,
che va nella giusta direzione. E’ un passo non di poco conto che da solo
però non garantisce un ulteriore sviluppo del processo rifondativo.
La fragilità del PRC, come di molti altri partiti comunisti
europei, è, innanzi tutto, una fragilità teorica. Con l’esistenza
del campo socialista si poteva anche soprassedere alla soluzione
del problema della rivoluzione in Occidente; il socialismo reale
avrebbe dimostrato la sua superiorità sull’imperialismo attraverso
la competizione pacifica (coesistenza pacifica) tra due modelli
alternativi: quello dell’URSS e quello USA. Per i comunisti occidentali
era sufficiente fare una scelta di campo e dedicarsi con passione
e determinazione a promuovere lotte sociali e conflitti nel loro paese
per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori. Tentare, cioè
di crescere e allargare la loro influenza sulle masse popolari difendendo
l’ideologia comunista ma praticando una politica riformista. Il bisogno
di un maggiore coraggio teorico fu sentito da pochi e con scarsi successi.
Anche sul terreno politico le cose non andarono meglio. In Italia, Luigi
Longo, ebbe alcune intuizioni. Decise, ad esempio, di pubblicare, superando
non poche resistenze e contrarietà nel gruppo dirigente del PCI,
Il
Memoriale di Yalta di Togliatti.
(..)
Il Partito della Rifondazione Comunista è una formazione storicamente
transitoria
nel panorama politico nazionale e internazionale? Per quanto mi riguarda
non ho dubbi sulla sua necessità storica. Questa però è
una convinzione, non una prova della sua necessità.
(..)Per questo Rifondazione Comunista deve saper trasformare, in tempi
politici, l’inerzia di un insieme di militanti, spesso orfani del PCI,
in quadri consapevolmente lucidi dei loro compiti. Non è più
sull’identità comunista – o non più solo su questa – che
un’area di consenso politico ed elettorale, legata alla nostalgia del PCI,
si attiva alla lotta. E’ necessario la formazione di un gruppo dirigente
portatore, per dirla con Gramsci, di “una riforma intellettuale e morale”
(Note sul Machiavelli). Ma per poter svolgere questa funzione esso deve
acquisire, nel vivo della lotta e nella dura costruzione di una organizzazione
comunista adeguata, quell’esigenza materiale e intellettuale che è
alla base dell’antagonismo di classe.
(..)
Si torna così a Lenin: “Senza teoria rivoluzionaria non vi è
partito rivoluzionario”. (..) Questa è la vera fragilità
del Partito della Rifondazione Comunista, che ha definito nel suo IV Congresso
nazionale la prospettiva della alternativa di società ma
non ancora una linea politica adeguata per realizzarla.
Stralci dal testo di Alessandro Valentini: La vecchia talpa
e l’araba fenice, La città del Sole, 2000, pp. 154-159.
scrivete a linearossa@virgilio.it
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