UN SECOLO FA
Il quadro storico-politico (1900-1905) in cui avvenne la lotta di Lenin contro l'economicismo e l'opportunismo
di Galarico "il barbaro"
1900: NASCE L’ISKRA
A cavallo tra il XIX e il XX secolo il capitalismo entrò nella
sua fase estrema e conclusiva, quella imperialistica. I monopoli divennero
il fattore decisivo nella vita economica delle maggiori potenze capitalistiche
e nella politica mondiale. Appena portata a termine la suddivisione del
mondo in sfere d’influenza tra le nazioni colonialistiche, cominciarono
a scoppiare le guerre imperialistiche (ispano-americana, anglo-boera e
russo-giapponese) per la redistribuzione delle colonie e la modificazione
delle sfere d’influenza. Nel corso del primo decennio del Novecento si
formarono i blocchi imperialistici che in seguito avrebbero scatenato la
Ia guerra mondiale.
In Russia il capitalismo, utilizzando l’esperienza tecnica e le ultime
forme organizzative del progresso industriale degli altri paesi capitalistici,
si sviluppava impetuosamente. Anzi, per i ritmi e la concentrazione della
produzione la Russia già superava i paesi occidentali più
avanzati, dei quali comunque continuava a restare l’anello più debole,
poiché, accanto alle grandi fabbriche e officine, sopravvivevano
imprese di dimensioni piccole e medie, dove i rapporti di lavoro erano
caratterizzati da forme di sfruttamento pre- o paleo-capitalistiche. Inoltre
nelle campagne predominavano le grandi aziende a conduzione di tipo semifeudale,
che impoverivano enormemente i contadini (rappresentanti i 5/6 della popolazione
attiva); e nell’eterogenea struttura economica russa conservava ancora
una notevole importanza la produzione artigianale.
Allo sviluppo industriale degli anni ‘90 fece seguito la grave crisi
europea del triennio 1900-1903, che coinvolse in breve tempo anche la Russia,
dove si verificarono la rovina di un gran numero di piccoli e medi imprenditori,
la conseguente formazione di grandi monopoli, una forte disoccupazione
di massa, la carestia e la fame per milioni di persone. Questa situazione
determinò la nascita del movimento rivoluzionario di emancipazione,
di cui il proletariato urbano e industriale, di orientamento marxista,
divenne l’elemento portante. La forza di quest’ultimo stava soprattutto
nell’elevato livello della sua coscienza di classe, derivante dall’asprezza
delle contraddizioni esistenti nel paese; e anche dai suoi stretti legami
con gli strati proletari e semiproletari delle campagne.
«Liquidare il terzo periodo!»
Lenin cominciò a svolgere la propria attività propagandistica
nella cintura industriale di Pietroburgo, dove già operavano una
ventina di circoli marxisti, che nel 1895 si unificheranno nell’Unione
di lotta per l’emancipazione della classe operaia, da lui stesso fondata.
L’Unione non si limitava a continuare l’indirizzo ideologico del gruppo
plechanoviano Emancipazione del lavoro, del 1893, ma mirava anche
a fondere il socialismo scientifico col movimento operaio, passando dalla
propaganda del marxismo fra pochi operai d’avanguardia, all’agitazione
politica sulle questioni di attualità fra le grandi masse della
classe operaia.
In tal modo l’Unione preparava la formazione di un partito operaio
rivoluzionario marxista. Sennonché, quand’essa riuscì a estendersi
in tutti i principali centri industriali, organizzando gli operai che volevano
scioperare, Lenin venne immediatamente arrestato e deportato in Siberia,
dove resterà dal 1897 al 1900.
Nel 1898 si cercò ugualmente di costituire a Minsk il Partito
operaio socialdemocratico russo (Posdr) (1), raccogliendo l’eredità
dell’Unione, ma il Manifesto, lanciato a nome del congresso, non
parlava di rivoluzione socialista guidata dall’alleanza operaio-contadina.
Inoltre mancavano il programma e lo statuto, e i membri del comitato centrale
furono ben presto arrestati.
Lenin, intanto, nel suo esilio proseguiva l’opera demolitrice delle
idee populiste, dimostrando con lo studio scientifico, Lo
sviluppo del capitalismo in Russia, che il capitalismo andava sviluppandosi
non solo nell’industria ma anche nell’agricoltura.
Purtroppo una serie di fattori e circostanze di tipo sociale, politico
e ideologico provocarono in quegli anni un arretramento della socialdemocrazia
russa verso posizioni opportunistiche. Probabilmente ciò dipese
anche dal fatto che nella polemica con i populisti i marxisti fecero valere
soprattutto le ragioni ideologiche, tralasciando di considerare le possibili
alleanze politiche in funzione anticapitalistica e antifeudale.
Anche in questo senso si può affermare che tra i fattori, diretti
e indiretti, che generarono l’opportunismo, si possono segnalare: 1) lo
sfascio dell’Unione di lotta e la mancata realizzazione di un partito operaio
rivoluzionario, unitamente alla disorganizzazione dei vari comitati marxisti,
circoli e gruppi locali, slegati tra loro e persino divergenti a livello
ideologico; 2) la definitiva vittoria ideologica sul populismo e il successo
di certi scioperi, tumulti e manifestazioni del movimento operaio, che
resero il marxismo un fenomeno di «moda» fra la gioventù
rivoluzionaria, spesso caratterizzata da idee confuse e inesperienza nelle
questioni pratiche; 3) l’influenza negativa che sul piano teorico esercitava
ancora la cosiddetta corrente del «marxismo legale» (cioè
il marxismo di quegli intellettuali marxisti solo a parole che, scrivendo
i loro articoli sulla stampa permessa dal regime, evitavano di riferirsi
alla rivoluzione socialista); 4) l’imperversare delle feroci persecuzioni
della zarismo, il quale sosteneva la moderna organizzazione della borghesia
e la grande proprietà fondiaria.
Tutto ciò produsse tra le file della socialdemocrazia, disordine
ideologico, oscillazioni politiche e confusione organizzativa, al punto
che si decise di abbandonare l’agitazione politica a favore di una pura
e semplice lotta per le rivendicazioni economiche (aumenti salariali, riduzione
dell’orario di lavoro ecc.). Proprio mentre l’ascesa sempre più
vigorosa del movimento operaio e l’evidente approssimarsi della rivoluzione
esigevano, oggettivamente, la fondazione di un partito unico e centralizzato,
capace di dirigere il movimento, s’imponeva invece, sul piano soggettivo,
una tendenza radicalmente opposta, che dava al frazionamento organizzativo
e allo sbandamento ideologico una giustificazione teorica.
La corrente che meglio incarnò questo atteggiamento opportunista
-simile al revisionismo di Bernstein- fu quella del cosiddetto «economicismo»
(l’economia agli operai e la politica alla borghesia liberale). Il suo
«manifesto» venne scritto dalla Kuskova e da Prokopovic, e
le due riviste che meglio la rappresentavano erano in Russia «Rabociaia
Mysl» (Il pensiero operaio) e all’estero «Raboceie Dielo»
(La causa operaia).
Il primo documento contro l’opportunismo economicista, cioè
la Protesta dei socialdemocratici russi, Lenin, con altri 17 deportati
marxisti, lo scrisse in Siberia nel 1899. Qui appare netta l’esigenza di
creare un partito operaio indipendente che agisca nella più rigorosa
clandestinità e che -come Lenin dirà qualche anno dopo nel
Che fare?- si ponga come compito la liquidazione
del «terzo periodo» della storia della socialdemocrazia russa,
quello che, iniziato nel 1898, procedeva contemporaneamente alla prigionia
siberiana di Lenin.
«Bisogna sognare!»
Scontata la pena, Lenin cercò di riprendere i contatti con i
circoli marxisti di Pietrogrado, ma le intenzioni «omicide»
della polizia zarista lo costrinsero nuovamente all’esilio. Convinto che
«nell’Europa moderna, senza un organo di stampa politico, è
inconcepibile un movimento che meriti d’essere chiamato politico»,
cioè che è «assolutamente impossibile concentrare tutti
gli elementi di malcontento e di protesta politica», egli pensò
di realizzare questa idea (2) a fianco di Plechanov, che allora
viveva in Svizzera.
Il problema, in effetti, non era solo quello di ricostruire il disciolto
Posdr, ma anche e soprattutto quello di ripristinare l’unità ideologica
che gli economicisti avevano spezzato. E per poter fare questo occorreva
un giornale che contribuisse a evidenziare i contrasti presenti all’interno
della socialdemocrazia russa e a sviluppare, mediante l’attività
politica, la linea che si riteneva più aderente all’ortodossia marxista.
Esso insomma avrebbe dovuto svolgere un compito di propaganda ideologica,
di agitazione politica e di coordinamento delle forze del partito.
Consapevole che senza «teoria rivoluzionaria» non avrebbe
potuto esserci alcun «movimento rivoluzionario» e che questa
teoria andava fatta acquisire agli operai «dall’esterno», attraverso
i «rivoluzionari di professione», portando la protesta spontanea
degli operai a un livello di chiara consapevolezza politica e scientifica
- Lenin era giunto ad affermare che anzitutto ci si doveva «delimitare»
risolutamente e con precisione dagli opportunisti.
Non intendendo fare del giornale «un semplice ricettacolo di
concezioni diverse», ma, al contrario, lo strumento direttivo di
una «tendenza rigorosamente definita», Lenin pensava di non
precludere affatto le colonne del giornale alla polemica fra compagni,
anzi, sperava che proprio in virtù di questa polemica si sarebbe
potuto mettere in chiaro «la portata delle divergenze esistenti»,
permettendo in tal modo alle organizzazioni locali di scegliere con cognizione
di causa fra le due correnti dominanti: marxismo (o, se si vuole, leninismo)
ed economicismo.
E così, dopo aver contattato numerose organizzazioni socialdemocratiche
della Russia ed essersi accordato per un loro appoggio al giornale e aver
designato i futuri collaboratori e corrispondenti, Lenin, con l’appoggio
di Plechanov -il quale comunque si assicurò la maggioranza della
propria linea nella redazione (3) - e con l’assistenza della sua
infaticabile moglie, fece dell’Iskra (la scintilla)
il centro illegale di unificazione delle forze del partito,
di reclutamento e di formazione dei quadri.
Sperando di passare inosservati, essi scelsero come sede della redazione
una città brulicante di studenti, Monaco, ma la corrispondenza passava
per Praga, affinché le spie zariste non scoprissero il luogo dove
veniva edito il giornale. Il primo numero apparve a Lipsia nel dicembre
1900; quelli successivi vennero pubblicati a Stoccarda, Monaco, Londra
e Ginevra.
Dopo che Lenin e gli altri della redazione furono costretti a trasferirsi
a Londra perché, riconosciuti dagli studenti che simpatizzavano
per loro, temevano di essere espulsi dal paese, Plechanov (4) e
Axelrod, tornati in Svizzera, si limitarono a collaborare in modo discontinuo,
non avvertendo con l’urgenza dovuta il compito di legare il socialismo
scientifico al movimento operaio. Un compito che l’Iskra bene assolveva
pubblicando cronache, corrispondenze inviate da tutta la Russia, resoconti
di scioperi, tumulti, dimostrazioni, battaglie polemiche sulle questioni
teorico-pratiche più importanti.
Proprio in quegli anni infatti iniziarono le prime manifestazioni veramente
di massa degli operai. Dal 1o maggio del 1900 fino allo sciopero politico
generale dell’ottobre 1905, che bloccò la produzione industriale
di tutta la Russia, inaugurando l’insurrezione armata degli operai di Mosca
contro l’autocrazia, fu tutto un susseguirsi di manifestazioni operaie
sempre più combattive e politicamente consapevoli.
A Rostov sul Don (1902) gli scioperi partirono direttamente dalla lotta
rivendicativa degli operai, invece di svilupparsi per adesione all’iniziativa
politica degli intellettuali e degli studenti, come quasi sempre era avvenuto
in precedenza. Lo sciopero nella Russia meridionale del 1903 fu caratterizzato
da un’intera catena di agitazioni operaie -come mai prima era accaduto-
all’interno delle quali svolsero un ruolo organizzativo di primo piano
le associazioni socialdemocratiche collegate all’Iskra. La redazione infatti
non si limitava a chiedere un’ampia diffusione del giornale in tutta la
Russia, ovvero una collaborazione semplicemente «letteraria»,
ma pretendeva anche una collaborazione più propriamente «rivoluzionaria»
(p.es. attuando il trasferimento da un punto all’altro del paese, nei momenti
critici, delle forze aggregate mediante il giornale, onde costituire un
legame effettivo fra tutte le città della Russia).
I corrispondenti dell’Iskra -o, come venivano chiamati, i suoi «agenti»-
svolgevano in Russia un lavoro molto difficile e pericoloso. Soggetti a
costanti repressioni poliziesche, i vari Babushkin, Bauman, Sverdlov, Kalinin,
Zelikson, Petrovskij, Stasova e molti altri ancora diffondevano le copie
del giornale, le ristampavano con tipografie in loco, inviavano alla redazione
lettere, articoli, materiali, organizzavano le raccolte dei fondi.
Lenin non si stancava di ripetere che «la forza di un’organizzazione
rivoluzionaria sta nel numero dei suoi collegamenti». E’
proprio in virtù di questi collegamenti che l’Iskra potrà
percorrere clandestinamente le maggiori arterie europee: da Londra a Kiev
per Vienna e Leopoli, da Londra a Varna (porto bulgaro sul Mar Nero) da
dove raggiungeva Odessa, e poi ancora da Londra al Mar Nero via Alessandria
d’Egitto, da Tabriz (estremo nord della Norvegia) ad Arcangelo, da Stoccolma
a Riga e Pietroburgo e così via.
Nella primavera del 1903 Lenin è costretto a lasciare Londra
per Ginevra, dove comincerà a elaborare, insieme alla redazione,
un progetto di programma del partito. Resosi conto che la linea dell’Iskra
aveva già conquistato la maggioranza fra i comitati marxisti russi,
pensò fosse giunto il momento per preparare la convocazione del
IIo congresso del Posdr. Il compito più importante dell’Iskra era
stato infatti questo: porsi come strumento capace di educare alla lotta
politica cosciente le masse e soprattutto i dirigenti socialdemocratici
(operai colti e intellettuali), attraverso i quali -coinvolti in forti
organizzazioni politiche di base- si sarebbe poi dovuto costituire un partito
di tipo nuovo. Ecco perché gli articoli del giornale erano scritti
da quegli stessi militanti che, a livello locale e nazionale, stavano preparando
concretamente la rivoluzione.
Il sogno di Lenin, espresso nel libro Che
fare?, era appunto quello di far nascere un partito forte,
omogeneo, centralizzato, marxista, rivoluzionario, prevalentemente operaio,
reparto avanzato della classe operaia (al cui interno dovevano maturare
i rivoluzionari di professione), dotato di una vasta rete di organismi
locali, che lottasse per realizzare un programma minimo (l’instaurazione
di una repubblica democratico-borghese) e un programma massimo (la rivoluzione
socialista).
Il congresso, che aprì i suoi lavori nell’estate del 1903 a
Bruxelles e che li concluse a Londra, fu teatro di una grande lotta sulle
questioni tattiche, programmatiche e soprattutto organizzative. Gli appartenenti
al gruppo dell’Iskra si batterono efficacemente contro gli economicisti,
i bundisti (5) e altri elementi opportunisti spalleggiati da Trotski.
Si approvò un programma coerentemente marxista, quale non possedeva
a quell’epoca nessun altro partito operaio al mondo, un programma che i
militanti dovevano accettare integralmente, impegnandosi di persona in
una delle organizzazioni del partito. «Bisogna preparare uomini che
consacrino alla rivoluzione non solo le sere libere, ma tutta la loro vita»,
aveva scritto Lenin nel no 1 dell’Iskra.
Purtroppo però la vittoria del giornale -divenuto organo centrale
del «nuovo partito»- fu di breve durata. I profondi dissensi
venuti alla luce nel corso del congresso fra la maggioranza iskrista (bolscevichi)
e la minoranza economicista (menscevichi) determinarono ben presto gravi
conseguenze. Approfittando della posizione conciliante assunta da Plechanov,
i menscevichi s’impadronirono dell’Iskra e, successivamente, anche del
comitato centrale del partito. A capo di questa campagna antibolscevica
si posero Martov, Axelrod e Trotski. Ciò poté avvenire anche
perché il congresso non era riuscito a smascherare sino in fondo
l’opportunismo dei menscevichi nelle questioni organizzative.
Il riflusso venne documentato da Lenin nello scritto Un
passo avanti e due indietro (1904), nel quale sono delineati i principi
fondamentali dell’organizzazione del partito, validi ancora oggi: stretta
osservanza dello statuto; salda, unica e cosciente disciplina di partito;
elettività di tutti gli organi dirigenti dal basso in alto; resoconto
periodico di tali organi a quelli superiori; subordinazione della minoranza
alla maggioranza; sviluppo della critica e dell’autocritica.
A partire dal no 52 l’Iskra,
divenuta organo dei menscevichi, prese il nome di Nuova Iskra: era
il 1° novembre 1903. La svolta non colse alla sprovvista Lenin e i
suoi seguaci. Da tempo essi avevano compreso che un’organizzazione combattiva
può essere creata anche in una situazione di declino dello spirito
rivoluzionario. Ed è con questa organizzazione ch’essi potevano
affrontare, sicuri di vincere, la linea scissionista dei menscevichi.
Nell’agosto del 1904 già erano impegnati per la convocazione
del III congresso del partito; e il 4 gennaio 1905 uscì il primo
numero del loro nuovo giornale: Vperiod (Avanti).
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NOTE
(1) La parola «socialdemocratico» va ovviamente
considerata in un’accezione diversa da quella odierna.
(2) Già il Io congresso del Posdr l’aveva nominato caporedattore
del futuro organo centrale del partito.
(3) Al suo fianco erano Martov, Axelrod, Zasulic e Potresov.
Plechanov tendeva a sopravvalutare il ruolo della borghesia liberale e
a sottovalutare quelle delle masse contadine rivoluzionarie. Questi errori
furono il germe delle sue future concezioni mensceviche.
(4) Plechanov dirigeva anche la rivista scientifico-politica
Zarià (Aurora), con la quale appoggiava il lavoro dell’Iskra.
(5) L’Unione operaio-ebraica generale raggruppava in prevalenza
gli elementi semiproletari degli artigiani ebraici della Russia occidentale.
Essi erano di mentalità piccolo-borghese e politicamente nazionalisti.
scrivete a linearossa@virgilio.it
ritorna al sommario del nr.15 (aprile-maggio 2000)